Così volevano smontare la Diaz

Vertici della polizia contro la procura di Genova. Obiettivo: smontare il processo sui fatti della Diaz, «sbranare», come avrebbe detto De Gennaro, i pm che hanno messo i vertici del Viminale sulla graticola. Il racconto di come, quanto e da chi sia stata cambiata la deposizione dell’ex questore Francesco Colucci, che la procura di Genova considera falsa, narra una storia di imputati e testimoni uniti dietro una bandiera comune. Che scelgono cosa dire e cosa non dire, cosa smentire e cosa confermare. Sempre, par di capire, sotto le indicazioni dell’ex capo della polizia, accusato di istigazione alla falsa testimonianza. Ma anche – si scopre leggendo l’intero fascicolo, com’è capitato al manifesto – con l’interessamento dell’attuale direttore, Antonio Manganelli, di Francesco Gratteri, questore a Bari, e Gianni Luperi, appena nominato capo del Dipartimento analisi dell’ex Sisde (gli ultimi due, imputati al processo Diaz). La storia comincia alla fine dello scorso aprile quando Francesco Colucci, questore di Genova all’epoca del G8, sta per essere chiamato a testimoniare al processo Diaz e telefona all’ex capo della Digos Spartaco Mortola, imputato in quel processo: «Sono stato a Roma, sono tornato ora da Roma e praticamente io il giorno 3 devo venire a Genova – gli dice – Il capo m’ha dato le sue dichiarazioni. […] Mi Ira fatto leggere, poi dice… tu devi, bisogna che tu un po’ aggiusti il tiro sulla stampa». Colucci dovrà dire di aver avvertito personalmente il responsabile dell’ufficio stampa del Viminale, senza avvertire De Gennaro. E’ un dettaglio che cambia poco nel racconto del processo Diaz, da cui il «capo» non è mai steito sfiorato, ma De Gennaro pare voler cancellare dalla propria immagine ogni ombra di sospetto, «e vediamo poi Zucca (pm al processo Diaz e autore dell’attuale indagine ndr) come cazzo reagisce, non lo so».
Il 3 maggio Colucci si presenta al processo Diaz. Cambia il racconto su Sgalla e butta lì che a dirigere l’intera operazione sarebbe stato il vice questore di Bologna Lorenzo Murgolo, l’unico funzionario presente la cui posizione sia stata archiviata perché, hanno sostenuto i pm, non ebbe alcun ruolo decisivo. E’ soddisfatto e, il 4 maggio, richiama Mortola: «Ieri sera ho chiamato Manganelli. Dico: Guarda Anto… sei stato bravo, è andato tutto molto bene, ce l’hanno detto gli avvocati», Mortola è soddisfatto: «Sì, no, perché poi c’è lì… tu lo sai che c’è sempre la dottoressa De Meo, una funzionaria dello Sco che va a sentirsi tutte le udienze. La mandano su, registra tutto al computer e fa ogni volta…»; Colucci prosegue: «Se il capo vuole maggiori ragguagli, gli ho detto… se vuole sapere qualcosa io sono qua, che devo fare, vengo a Roma?. Poi stamattina m’ha chiamato il capo. Dice li hai, li hai maltrattati una cosa del genere. Li hai.., li hai… gli hai fatto la…, come ha detto, li hai… e no sbranati, li hai… va be insomma, una frase ha detto. In senso positivo, chiaramente. Che era contento eccetera. Ho saputo da Ferri…che anche Caldarozzi e Gratteri sono stati contenti, diciamo, di questa… Luperi è rimasto contento. D’altra parte è uno scenario nuovo si è aperto per colpa mia diciamo».
Il 7 maggio a telefonare è Francesco Gratteri: «E’ che volevamo farti un saluto con Gilberto (Caldarozzi, all’epoca vicecapo dello Sco, indagato ndf). Quando si dicono le cose e si dicono come giustamente e correttamente le hai dette tu allora è doveroso, diciamo, da parte nostra insomma rendere omaggio, come posso dire, alle persone per bene.[…] Ti siamo… vicini e riconoscenti…» Colucci ringrazia e aggiunge: «Lui (il pm ndr) secondo me c’ha preso uno schiaffone da Manganelli. Ce n’ha preso un altro da me». E Gratteri soddisfatto: «Ma diciamo anche due».
Gianni Luperi, invece, chiama Mortola. E gli assicura, che a questo punto, verrà anche il capo a testimoniare. «Luperi dice che si riferisce al Capo (Gianni De Gennaro ndf}- dice il riassunto della pg – in merito aggiunge di aver appena finito di parlarci e che questi gli ha consigliato di adottare una linea comune in modo che lui venga interrogato da tutti i difensori. Diversamente potrebbe apparire che la sua deposizione serva solo per alcuni». Il passo successivo sarebbe toccare la posizione di Murgolo. «Quello andrebbe inculato», promette in un’altra intercettazione, Alessandro Perugini, l’ex vicecapo della Digos.
L’allegria di Colucci, che si vanta di aver «scardinato» il processo in più intercettazioni, dura per giorni. E il suo contìnuo parlare della soddisfazione del capo sembra tanto più credibile, perché l’ex questore di Genova non è uomo che abbia bisogno di accreditarsi. E’ già in lista per la nomina a prefetto, tra qualche anno andrà in pensione ed è «tra i nove più alti dirigenti della Ps», come ha confermato a verbale De Gennaro. L’11 maggio, lo chiama Achille Serra, ex prefetto di Roma e oggi commissario anticorruzione: «Hai salvato quel maiale schifoso, dice che De Gennaro ti ha ringraziato», ma la sua protesta si perde in un mare di felicitazioni.
Il cielo si fa improvvisamente scuro solo il 22 maggio, quando Coluccci riceve un avviso di garanzia di cui nessuno aveva avuto sentore. Il Viminale, il manifesto l’ha spiegato martedì scorso, la prende malissimo. Il 23 è Gianni Luperi a chiamare Colucci, «dice di essere dispiaciuto per Colucci e che appena rientra lo chiama poi dice che comunque è una battaglia in cui alla fine si vedrà chi ha ragione». E il 24, dice Colucci, Manganelli lo incita: «Dobbiamo dargli una bella botta a sto magistrato, dice». Non sembra essere una frase di solidarietà detta a caldo, come ha commentato martedì sera il direttore della Ps. Il 25, dopo un nuovo incontro, infatti Co-lucci sembra essere certo degli appoggi garantiti: «C’erano il Capo con Manganelli, dice guarda non ti preoccupare perché qui dobbiamo fa un’azione comune… e rompere il cazzo a sto cazzo di magistrato».
Che il castello costruito potrebbe non reggere, Colucci inizia a sospettarlo solo il 28 maggio: «Va a finì che tutto il resto passa in prescrizione, alla fine io rimango col carciofo in mano insomma (ndr. nel senso che teme di essere condannato per la falsa testimonianza)». E pensa di giocarsi il tutto per tutto. Come andrà a finire, se ci sarà un rinvio a giudizio oppure no, lo sapremo solo entro la fine del 2007. Quel che sappiamo già oggi è che difficilmente vedremo cambiare strategia ai protagonisti di questa vicenda: «Io ho scoperto una cosa […] che i processi non si vincono o si perdono in tribunale, ma si vincono e si perdono fuori dal tribunale…».