Così com’è, il Prc voterà no

A meno di una settimana dal voto sul Protocollo è scontro ad alzo zero tra Cgil e Rifondazione. Epifani prova a blindare l’accordo e la Cosa rossa ribadisce il suo no (per ora) sia nel Consiglio dei ministri che in Parlamento, a meno che non venga separata la parte della previdenza da quella del lavoro. L’oggetto della contesa, però, in questa fase, parte sì dal merito ma riguarda soprattutto un altro aspetto: chi otterrà la leadership (Cosa rossa o sindacati) nel dettare l’agenda sul welfare. «La partita è aperta», aveva detto il presidente della Camera Fausto Bertinotti, e lo ha ribadito ancora ieri dopo l’assemblea di Mirafiori, a proposito del Protocollo. Ma la giornata di ieri è stata soprattutto quella in cui ha provato a mettere i suoi paletti il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. Il quale, in un’intervista a Repubblica, ha drammatizzato lo scontro sul piano politico, ma, soprattutto, ha lanciato un avvertimento: «Il governo in nessun caso potrà modificare il testo senza l’accordo con il sindacato». E a Bertinotti ha risposto: «La sinistra non deve essere la carta assorbente del sindacato ma non deve nemmeno essere un sindacato che fa trattative di merito su altri tavoli». Tradotto: la partita è aperta ma le modalità di gioco le stabiliamo noi. Dopo il «giù le mani dalla Cgil» e il monito «la manifestazione del 20 ottobre è contro di noi» si tratta di un altro duro affondo verso quella parte della sinistra politica (Rifondazione&Co) e sindacale (Fiom) che ha mostrato la sua contrarietà verso l’accordo. Il leader della Cgil ha ben presente che il Protocollo, così com’è, necessita di modifiche e di approfondimenti di merito. Nei prossimi giorni arriverà un testo meno grezzo alla cui stesura sono impegnati gli uffici del ministero del Lavoro; solo a quel punto sarà possibile capire meglio i margini d’azione parlamentare. Nel frattempo è all’opera pure l’intellighenzia cigiellina: esperti, sindacalisti, giuslavoristì di area hanno già messo a punto una serie di emendamenti che troverebbero il consenso della Cgil e anche di Rifondazione (o almeno di buona parte di essa) su singoli capitoli dell’accordo. Tra gli altri quelli che riguardano il concetto di temporaneità (ovvero il nesso tra mansioni e durata del lavoro) e la regolamentazione del diritto di precedenza (ovvero il diritto di chi è assunto a tempo determinato a essere assunto a tempo indeterminato prima di altri) troverebbero ampie convergenze a sinistra. E anche sponde parlamentari. Dopo il referendum. dunque, si tratterà. Ma per ora ci si conta (eccome) in fabbrica. E la Cgil non può permettersi di portare sui luoghi di lavoro quello “spezzatino” parlamentare cui mira la sinistra radicale: il 12 ottobre la previdenza, poi il mercato del lavoro.
E Rifondazione? Il partito di Bertinotti continua a giocare al “più uno”, trovando sponda in tutta la Cosa rossa, con l’obiettivo di cambiare l’accordo evitando, al contempo, di rompere col governo. Nessuno mette in discussione l’esito finale della consultazione ma, dalle parti della sinistra-sinistra, già circolano i primi schemi interpretativi da dopo-partita: «Il Protocollo verrà approvato con i voti dei pensionati e del pubblico impiego»; oppure: «I risultati vanno innanzitutto interpretati». Spiega Maurizio Zipponi, responsabile del settore economia e lavoro di Rifondazione: «Se il Protocollo rimane così com’è non è votabile». E aggiunge: «Sulle pensioni vanno resi esigibili i diritti conclamati in tema di lavori usuranti. Sul mercato del lavoro vorremmo invece che il Parlamento si confrontasse sia con la proposta del governo sia con la proposta di legge Alleva per il superamento della precarietà firmata da oltre cento parlamentari». E il capogruppo di Rifondazione al Senato Russo Spena aggiunge: «Se l’accordo resta così com’è diciamo no. Ma continueremo a trattare sui punti critici per arrivare a una mediazione. D’altronde anche Epifani ha riconosciuto l’autonomia del Parlamento».
Sul piede di guerra sta invece il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi. Il quale prima ha denunciato presunte anomalie della consultazione in una lettera inviata alla commissione nazionale per il referendum e alle segreterie di Cgil, Cisl e UiL e poi ha attaccato duramente Epifani: «La sua intervista è il punto più basso che abbia mai raggiunto la cultura politica della Cgil. Colpisce la totale assenza di argomentazioni sindacali. Purtroppo ci dà ragione. L’unico motivo per firmare l’accordo era quello di sostenere il governo. È evidente che siamo al gioco delle parti. Se al governo ci fosse stato Berlusconi, Epifani non avrebbe firmato».