Cosa Rossa, lite sul simbolo Diliberto ai Verdi: così salta tutto

PRAGA — Sbarcano a Praga per l’ultimo congresso con Bertinotti presidente della Sinistra europea. Domani si dimette, «incompatibile questo ruolo con i compiti di presidente della Camera», e il suo posto sarà del tedesco Bisky, il capo della Linke. Però per Franco Giordano e la delegazione di Rifondazione comunista, ormai il laboratorio vero del post-comunismo si chiama Cosa rossa. Solo che ai compagni della trentina di partiti fratelli a conclave, del nuovo simbolo ancora non possono sussurrare indiscrezioni. L’operazione balla; non arrivano notizie rassicuranti. L’ultima idea è venuta ai Verdi. «Ma perché dobbiamo buttare via il logo dell’Unione che agli elettori piace — ha spiegato agli altri “sherpa” Angelo Bonelli, capogruppo del Sole che ride —. Usiamolo noi, non facciamo come Veltroni che nel Pd ha oscurato l’Ulivo». Ma a furia di bozzetti, proposte, veti e controveti, bandierine, stelline rosse e arcobaleni, il “concorso di idee” per la Cosa rossa si sta trasformando, più che in una scrematura fra le 4-5 ipotesi presentate da ciascuno dei quattro partiti, in una telenovela. Con un rischio, che incombe via via che si avvicina l’orax, gli stati generali convocati del 9-10 dicembre: arrivare all’appuntamento per la federazione senza il biglietto da visita unitario, rinviando la presentazione del marchio. Perché dietro la guerra dei bozzetti se ne nasconde un’altra, più insidiosa: lo scontro sulla legge elettorale. A Rifondazione piace il tedesco. La Sinistra democratica di Mussi e Salvi viaggia sulla stessa lunghezza d’onda. Non così Pecoraro (niente proporzionale, meglio il Tatarellum e i comunisti italiani (il Porcellum in fondo si potrebbe anche migliorare). Finisce così che anche i due “punti fermi” per il nuovo logo, raggiunti dopo lunga trattativa, vengono rimessi in discussione. A impuntarsi sul nome scelto, La Sinistra, è stato il ministro dell’Ambiente. «Non basta, ci vuole accanto un aggettivo: ecologista. Noi—ha ricordato Pecoraro Scanio— non siamo di sinistra, e dobbiamo chiudere con questo tormentone della Cosa rossa». A riaprire il capitolo della falce e martello dato per archiviato, è stato invece Marco Pozzo, eurodeputato pdci, che in polemica con il suo stesso segretario ha fatto presente che «il congresso del nostro partito aveva deciso di non archiviare i simboli del comunismo». E Oliviero Diliberto non l’ha presa bene: «Ma come? Noi siamo pronti anche a non inserire falce e martello, e Pecoraro rilancia? Non è un problema di aggettivi: qui qualcuno punta a far saltare il progetto». Il Pdci—che insiste comunque su un richiamo al mondo del lavoro — dietro le schermaglie grafiche vede la tentazione dei Verdi di scendere dal treno della Cosa rossa. Un rischio del resto avvistato anche da altri. «Dentro i Verdi — si ragiona all’interno di Sd—c’è la linea Cento che spinge per l’operazione ma un altro fronte accarezza l’idea di agganciarsi al Pd di Veltroni, e Pecoraro Scanio è costretto a mediare fra le due posizioni».
E neanche a Giordano, che oggi a Praga incontra tutti gli altri segretari della Sinistra europea, sfugge il travaglio che in questi ultimi giorni si è aperto nel Sole che ride. E media. Anche per tenere ben stretti i Verdi all’operazione, il Prc punta perciò su un simbolo essenziale: La Sinistra sfondo rosso ma con un arcobaleno in bella evidenza.