Cos, sciopero al contrario

«Grazie, davvero, lei è stato gentilissimo: si potesse parlare sempre così a un call center». I clienti della Wind non ci possono credere: chiamate lunghe, dettagliate, operatori cortesissimi. La telefonata ideale. In realtà è uno sciopero. Attenzione: gli operai dei 2000 non lo fanno più abbandonando le «linee di montaggio», ma, al contrario, eseguono il loro lavoro con la massima accuratezza possibile. Fanno un piacere all’utente, ma danneggiano così i profitti aziendali. L’idea è venuta agli operatori Cos di Palermo, dove da una ventina di giorni è in atto la protesta delle «super chiamate»: i 1100 dipendenti locali del colosso dei call center (la Cos Almaviva di Alberto Tripi conta circa 14 mila addetti in Italia, ed è anche proprietaria di Atesia) vogliono che l’azienda tratti finalmente sull’integrativo e trasformi i part time in full time. «Perché si è precari anche con il tempo indeterminato – spiegano i lavoratori – Quando guadagni 550 euro al mese come fai a vivere in una città come Palermo?».
Palermitani super
In effetti i 550 euro previsti dal contratto nazionale sono davvero pochini per vivere in qualsiasi città. Glii operatori vengono spremuti da anni senza essere inquadrati come i colleghi che lavorano alle dirette dipendenze della Wind o del call center Alicos (sempre della Cos e sempre a Palermo): sono al terzo livello anziché al quarto. Chiedono poi una contrattazione integrativa, dei premi di produzione, il passaggio dei part time al full time, una turnistica agevolata per le lavoratrici madri. A fare nascere la protesta, però, è stato un fatto più contingente: l’azienda, improvvisamente, si è messa in testa di cambiare le matrici turni per le vacanze di Natale, quando uno dei pochi accordi sindacali firmati in passato garantiva proprio la previsione dei turni su tempi molto più lunghi, con diversi mesi di anticipo. Allora un’assemblea dei lavoratori ha deciso di rispondere con l’allungamento delle chiamate: trattare con i guanti gialli il cliente, parlare il più possibile ed essere dettagliati, tutto il contrario dello stress che di solito ti mettono addosso i capisala. Il fatto è che la Wind paga circa 1-1,20 euro per ogni chiamata: se dunque gli operatori espletano 45 mila telefonate al giorno (pari a 45 mila euro) parlando circa per un minuto e mezzo, nel caso in cui allunghino la chiamata a 2-3 minuti si riusciranno a sbrigare solo 33 mila telefonate, e la perdita netta sarà così di almeno 12 mila euro. Le cifre sono ovviamente un esempio, ma l’ordine delle perdite realizzate dalla Cos Palermo da quando è in atto la protesta delle «super chiamate» sta proprio su quei numeri. Una cosa che ha fatto imbufalire il management: a fronte di un normale sciopero, infatti, la Cos si accorda con l’azienda committente (Wind e Sky, nel caso di Palermo), annulla le telefonate nel giorno annunciato e paga solo una piccola penale. Ma questo nuovo tipo di protesta è imprevedibile e può continuare per mesi, dunque ti spiazza anche rispetto alle aziende con cui fai business. La Cos si sarebbe già detta pronta a trattare, ma una nuova assemblea svolta qualche giorno fa al call center ha dato mandato alle Rsu di andare in trattativa solo a fronte di un testo scritto da parte della direzione: se sarà aperto un tavolo a gennaio, allora la protesta delle «super chiamate» potrà avere una tregua. Non bisogna dimenticare infine che accanto ai 1100 dipendenti lavorano 1600 cocoprò: hanno contratti di 3 mesi, sono retribuiti a contatto utile come in Atesia, prendono in media 500 euro al mese per 6 ore al giorno e lavorano per Sky e Wind.
Catania e Napoli: precari non rinnovati
Spostandoci nella parte orientale della Sicilia, troviamo una grande massa di cocoprò a Catania: sono circa 800, impegnati su commesse Wind e Sky, a fronte di soli 130 dipendenti. Anche qui ci sono due rivendicazioni parallele: quelle per stabilizzare i precari, e la piattaforma dell’integrativo nazionale, bloccata dal 2005. I dipendenti chiedono di essere inquadrati al quarto livello perché i colleghi che lavorano alle dipendenze delle imprese committenti sono retribuiti meglio, mentre su di loro si risparmia solo per il fatto che sono in outsourcing. Così rivendicano i premi di produzione, i buoni pasto, i passaggi al full time, tutte richieste che abbiamo visto a Palermo. Quanto ai precari, c’è da segnalare il non rinnovo di un delegato del Nidil Cgil, che negli ultimi mesi organizzava insieme alla struttura provinciale gli scioperi, le manifestazioni, le assemblee. Non è tecnicamente un licenziamento, ma i colleghi segnalano l’«anomalia» che proprio a questo lavoratore non sia stato rinnovato il contratto. Lo stesso problema di «non conferma» lo stanno vivendo a Napoli, dove lavorano 330 dipendenti e 240 cocoprò, su commesse principalmente di Vodafone ed Europcar. L’azienda ha annunciato che non confermerà una trentina di apprendisti che lavorano al 190 della Vodafone, e sono solo una parte dei 97 complessivi in scadenza prossimamente.
A Roma resta calda l’Atesia
I dipendenti Cos di Roma rappresentano il nucleo storico dell’azienda, nata a metà dei Novanta e che solo dopo il 2000 ha acquistato Atesia. Nei tempi d’oro, racconta Alessio De Luca della Cgil, erano 1100 e facevano orari di ufficio, lavorando su commesse Inail, Inps e Inpdap. Ma i dipendenti, si sa, sono «costosi» e così tra mobilità, trasferimenti e dimissioni siamo arrivati a 500 persone. Di recente ha chiuso il centro di Torre Spaccata e ora lavorano tutti in Atesia, sulle stesse commesse Tim dei 3200 precari del noto call center. Su di loro l’azienda sta girando molte telefonate prima riservate ai cocoprò: il fine potrebbe essere quello di indurre questi ultimi a lasciare il lavoro, in modo da allontanarli prima che si concretizzi la stabilizzazione imposta dall’ispezione del ministero, richiesta dal Collettivo precari.
Martedì 12 il gruppo Cos incontrerà i sindacati a Roma. Mercoledì scorso la Slc Cgil ha svolto un’assemblea nazionale dei delegati a Napoli, e minaccia lo sciopero: «L’immediata riassunzione dei lavoratori non confermati è la precondizione per cominciare qualsiasi trattativa – spiega Alessandro Genovesi, segretario nazionale Slc Cgil – Occorrerà inoltre richiamare alle proprie responsabilità anche i grandi committenti pubblici e privati, a nome dei quali i lavoratori Cos rispondono al telefono».