Corteo migrante e antifascista entra in via Corelli

Chiusi in una stanza minuscola, sorvegliati da carabinieri e militari della Croce Rossa, quattro sudamericani possono raccontare le loro ordinarie storie di soprusi subiti. Si tratta di un privilegio. Perché nel centro di detenzione di via Corelli non entra nessuno e migliaia di storie simili non hanno alcuna possibilità di uscire da quelle mura recintate da filo spinato. E’ questo il risultato ottenuto dalla manifestazione organizzata dei centri sociali e delle realtà del movimento milanese nella giornata contro la guerra, che ieri ha sfilato lentamente verso il cpt. Un corteo per i migranti di cinquemila persone che ha chiuso la settimana di iniziative contro il razzismo e antifasciste per il secondo anniversario dell’assassinio di Dax, Davide Cesare, ucciso da estremisti di destra il 16 marzo 2003. E’ stata una sfilata di comunità straniere in festa con la mamma di Dax, Rosa Piro, e con ospite d’eccezione Naomi Klein, a Milano con Avi Lewis per presentare il suo documentario The Take. E’ stata la risposta al clima di tensione che si respira in Lombardia dove da troppo tempo si susseguono preoccupanti episodi di aggressione di matrice fascista, dagli accoltellamenti dell’estate scorsa davanti al centro sociale Conchetta, all’incursione di solo due settimana fa nel centro sociale Vittoria. Il movimento milanese ha scelto di tenere saldi i principi antifascisti e nello stesso tempo di allargare gli orizzonti a temi sociali, a partire dai migranti come esempio emblematico di repressione e sospensione dei diritti.

Una scelta che ha funzionato. Nessun incidente, date le premesse una buona partecipazione con facce vecchie ma anche nuove, tante parole d’ordine, forse troppe, ma tutti determinati ad andare in via Corelli. Poi tornare a casa, senza quel senso di insoddisfazione con cui ultimamente troppo spesso si chiudevano le manifestazioni milanesi. Ieri è stata un sfilata tutt’altro che triste. Davanti a tutti i compagni di Dax, subito dietro lo striscione per «Non dimenticare» lo portano due africani a ritmo di salsa che esce dalle casse di Action Milano. I latinoamericani che occupano le Case di Plastica di Sesto San Giovanni ballano in costume tradizionale sotto gli occhi dei curdi con la bandiera di Ocalan, di un anziano migrante siciliano che incappa nella manifestazione per caso, e sotto la protezione di san Precario portato in processione dal centro sociale Cantiere. Per Dax, ieri sono giunti anche i centri del nordest. Ci sono sempre stati i compagni dell’Orso che sfilano davanti al centro sociale Vittoria. Stop. Via Corelli. Da qui in avanti, si sa, non passa più nessuno.

A parte una piccola delegazione, dopo un’ora di trattative. Solo in tredici possono entrare scortati dai carabinieri ad ascoltare quattro stranieri che raccontano di essere stati picchiati quando già erano ammanettati e imbavagliati con nastro isolante sull’aereo per il reimpatrio forzato. Ad ascoltare che uno di loro aveva il permesso di soggiorno turistico ma gli è stato sequestrato, che i giudici che vengono in Corelli dicono senza pudore di essere pagati per fare espulsioni e che gli avvocati che devono difendere gli stranieri spesso sono consigliati dalla Croce Rossa. Storie di ordinaria violenza di cui quasi là dentro non ci si vergogna più e su cui da troppo tempo era sceso un totale silenzio. Ieri no.