Contro ogni revisionismo, per una netta discriminante antifascista

Essere comunisti è il titolo della nostra mozione e, scanso di fraintendimenti, credo sia utile precisare che non è inteso come l’affermazione di una identità circoscritta, ma vuole affermare la volontà di essere comunisti di questo secolo per fare del PRC il Partito Comunista che questa aspra e confusa fase storica esige.
Certo, è difficile essere comunisti oggi.
Quasi come nel 1926 al Congresso di Lione, quando Gramsci e Togliatti dovettero affrontare la novità epocale del fascismo con un partito appena nato e già appesantito da un duro dibattito interno e isolato dalle forze politiche e sindacali della sinistra, indugianti fra le tentazioni dell’Avventino e della “pacificazione”.Anche allora bisognava innovare la teoria e la prassi, facendo i conti con le masse spaventate e confuse e con l’avanguardia operaia sconfitta e fu fatto considerando il proprio passato non un peso oscuro da dimenticare e far dimenticare, ma una preziosa lezione dalla quale ripartire. Oggi, in una situazione tanto diversa ma con inquietanti richiami agli anni ‘20, mi sembra ancora più necessaria la memoria del passato per capire “lo stato di cose presente” e attrezzarci ad abolirlo. Ecco perché mentre trovo normale che la destra lavori per cancellare l’antifascismo e la Resistenza, mi indigna la falsa obbiettività di chi, a sinistra, cede alla lusinga del vecchio espediente poliziesco di trasformare l’aggressione in rissa, mettendo sullo stesso piano aggrediti e aggressori. Come si può parlare di “angelizzazione” della Resistenza di fronte a 700 massacri nazifascisti sottratti alla giustizia e alla pubblica opinione da uomini che pure quella Resistenza avevano vissuto ma ritennero più importante obbedire al diktat degli Usa che volevano l’esercito tedesco nella Nato?(ricordate l’armadio della vergogna).Come si può definire con la stessa parola lo sterminio scientificamente programmato di interi popoli, colpevoli di rifiutare la schiavitù, l’esecuzione di massa di inermi per spingere i superstiti alla delazione e la vendetta di chi ha visto torturare e uccidere i suoi compagni o i suoi famigliari o cancellare la propria cultura e perfino la propria lingua? Quest’anno ricorre il 60° della Liberazione: i comuni italiani intitolano strade a uomini che ci dettero dittatura e guerra, l’esercito italiano combatte contro la resistenza di un paese che ha contribuito ad invadere, il Parlamento italiano lacera la Costituzione, conquistata – si, con le armi- dai partigiani. Questa offensiva “ideologica” non è separata dalla distruzione dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori ma ad essa si somma e si intreccia: due aspetti dell’offensiva che il capitalismo muove al proletariato, non a caso rispolverando l’immagine del comunista sanguinario terrorista. Il famoso “spettro” che si aggira per l’Europa. Non è perciò giusto né utile collocare diversamente in una scala di priorità le rivendicazioni sociali e la riproposizione dei valori dell’antifascismo e della Resistenza, ma è necessario invece assumere, senza se e senza ma e anche senza inutili distinguo, tutti e due gli aspetti dello scontro in atto. Spetta ai comunisti portare al grande popolo dei movimenti la consapevolezza che “un altro mondo possibile” non potrà realizzarsi senza una netta discriminate antifascista, contro ogni revisionismo e ogni tentativo di ridurre la guerra di Liberazione a una banale contesa fra fazioni rivali. Oltre a ricordare a chi l’ha dimenticato che anche la democrazia ancora vigente nel nostro paese è stata conquistata e costruita da quanti, nella Resistenza e nel dopoguerra, hanno lavorato, e lottato per affermare e difendere i suoi principi contro ogni tentativo di tornare indietro, primi fra tutti, ancora una volta, i militanti e i dirigenti del PCI. Per questo sono convinta che sia nostro compito mantenere viva la memoria di chi sconfisse il fascismo e dette nuova forza ai lavoratori, non per un’antistorica nostalgia ma come elemento fondamentale della nostra lotta per il superamento del capitalismo, e per il socialismo.