Contro la NEWCO Italia

15/12/2010

Liberazione, 14 dicembre 2010 – Mi è venuto spontaneo accostare l’entusiasmo per la brutalità di Marchionne espresso da una certa intellettualità italiana, vedi Paolo Mieli su “Il Foglio”, con il linguaggio dei futuristi italiani. Non quelli di Fini, ma coloro che all’inizio del Novecento fondarono un movimento culturale che confluì in gran parte nello squadrismo e nel fascismo. Secondo Mieli ed altri Marchionne disbosca i vecchi corporativismi e privilegi, distrugge l’Italia degli vincoli sindacali e dei contratti nazionali, crea finalmente il popolo adatto alla guerra di competitività. Cosa c’è di diverso, rispetto al linguaggio immaginifico di cento anni fa, che proclamava la guerra come sola igiene del mondo? (…)

Né è meno reazionario l’intento di Marchionne. L’uscita di Mirafiori e probabilmente di tutta Fiat Auto dalla Confindustria, imposta da Marchionne umiliando la povera Emma Marcegaglia, è il segno di una svolta autoritaria nel mondo del lavoro senza precedenti dal ‘45 ad oggi.

Marchionne istituisce una nuova azienda, la famigerata “newco”, solo per poter selezionare i lavoratori ai quali imporre condizioni di lavoro e diritti al di fuori dei contratti e delle stesse norme costituzionali. Ed esce dalla Confindustria solo e unicamente per ridurre ulteriormente le libertà democratiche in fabbrica e in particolare per non applicare le regole sulle elezioni delle Rappresentanze aziendali, al fine di escludere la Fiom da esse. Se Marchionne fosse un Presidente del Consiglio che chiede di mettere fuorilegge le opposizioni per ridurre il debito pubblico, il suo sarebbe considerato, anche tecnicamente, un progetto di colpo di stato fascista. Lo è limitatamente alla Fiat, per ora, ma l’entusiasmo con cui viene accolto fa pensare che il modello autoritario che propone parli purtroppo a tutti. L’ipocrisia di Raffaele Bonanni, che considera un problema di relazioni sindacali la messa al bando del primo sindacato italiano dei metalmeccanici dagli stabilimenti Fiat, non è solo una macchia vergognosa che rimarrà per sempre su tutta la Cisl e sul suo segretario, è anche il segno di una caduta dei livelli di guardia nei confronti dell’aggressione alla democrazia costituzionale.

La ministra Gelmini sta procedendo sulla stessa via nella scuola pubblica e nell’università. Si dà avvio allo smantellamento progressivo dell’istruzione pubblica, per selezionare una “newco” scolastica in mano ai privati e al mercato. Tutto questo è accompagnato da nuove norme autoritarie che colpiscono anche il diritto al dissenso degli insegnanti, che potranno essere sanzionati solo per quello che dicono ed esprimono. Per gli studenti che scioperano c’è la minaccia della bocciatura e le elezioni delle Rsu vengono cancellate. Fascismo chiama fascismo.