«Contro la guerra, alla Knesset siamo dieci deputati su 120»

La prospettiva di un appoggio incondizionato della Knesset, il parlamento israeliano, al conflitto in Libano, si è debolmente incrinata lunedì scorso, quando una prima richiesta di interrogazione parlamentare è stata avanzata e poi bocciata. Dov Khenin, parlamentare e rappresentante del partito Khadash, ne era stato il promotore. «E’stata una mozione estremamente minoritaria. A presentarla eravamo noi di Khadash, insieme a Tajammu e ad una coalizione formata da islamisti e minoranze etniche. Chiedevamo l’apertura di una inchiesta governativa su tre aspetti del conflitto in Libano. il primo di questi era il massacro del villaggio di Qana: vogliamo averne spiegazione. il secondo punto riguardava il come ed il perchè si era deciso – a livello politico – di aprire un fronte in Libano ed entrare in guerra. Il terzo punto del quale chiedevamo conto era l’effettivo coinvolgimento americano nelle decisoni israeliane per quanto riguarda il conflitto in corso.»
Nell’interrogazione parlamentare erano menzionate le accuse provenute da più parti sulla supposta sperimentazione di nuovi tipi di armi contro alla popolazione sia libanese che palestinese?
No. So che i Medici per i diritti umani hanno chiesto un’inchiesta sul massacro di Qana, ma per quanto riguarda l’uso di armi non convenzionali, non essendo per ora in possesso di dati concreti, non sapremmo neanche in che termini formulare l’interrogazione parlamentare.
Qual è stata la replica del governo alla vostra interrogazione parlamentare?
Non è arrivata al governo: era una bozza presentata da un gruppo minoritario di parlamentari. Il resto della Knesset l’ha immediatamente bocciata, sia maggioranza che opposizione.
Vuol dire che il parlamento è compatto ed a favore del conflitto?
Si può dire che almeno 110 dei membri della Knesset (il totale dei parlamentari è 120, ndr) appoggiano in pieno la guerra in Libano. Siamo soltanto in 10 ad opporci.
Oggi Olmert ha affermato che le infrastrutture di Hezbollah sono state distrutte dall’esercito israeliano. Quale è la posizione del suo schieramento riguardo alla guerra in corso?
Non c’è bisogno di essere un esperto per rendersi conto che sono le infrastrutture libanesi ad essere distrutte, non certo quelle di hezbollah, che oltretutto ha visto crescere la propria popolarità a livelli senza precedenti da quando sono cominciatri i bombardamenti. La nostra posizione è che finchè non si aprirà un autentico processo politico, l’escalation militare sarà l’unica disastrosa strada. Ne usciremo tutti sconfitti. Il primo grande sconfitto è il processo di pace, e poi tutti i civili che ne subiscono e ne subiranno le conseguenze.
La percezione è che a guidare il governo israeliano ci siano due leaders deboli, che finiscono col seguire l’agenda dettata dall’esercito, particolarmente nella figura di Dan Halutz. Stupisce soprattutto il cambio di immagine di Peretz.
Peretz ha raccolto voti promettendo un cambiamento sociale, ma ci ha portato soltanto guerra. Quando ha deciso di affiancarsi ad Olmert, sapeva benissimo il genere di scelte che andava ad assecondare: sostanzialmente, spazzar via gli interlocutori palestinesi ed arabi, portando avanti scelte unilaterali. Peretz alla lunga non può pretendere di competere con i leaders della destra nazionalista. In definitiva, può darsi che l’esercito suggerisca le scelte del governo, e che l’America prema per portare avanti il conflitto ed estenderlo magari alla Siria; ma alla fine, la responsabilità ricade su chi decide a Gerusalemme. Sono loro che accettano le pressioni.
Entrambi rivendicano un vantaggio, in questa guerra. Ma gli israeliani sono convinti di vincere?
Sono convinti di non avere scelta. Pensano che la guerra distruggerà Hezbollah, e che altrimenti Hezbollah distruggerà loro. Per questo appoggiano la guerra. Ma allo stesso modo, l’opposizione contro la guerra cresce di giorno in giorno. Sabato erano in 5000 a Tel Aviv contro le operazioni in Libano; dopotutto, fu così che, negli anni ’80, riuscimmo a spingere per il ritiro dal Libano. Speriamo di farcela anche stavolta.