Contratti a tempo, Damiano annuncia regole più stringenti. E Confindustria s’infuria

La difficile ricerca della «buona flessibilità» va in scena a Venezia, nel convegno “Il futuro del Lavoro” organizzato dai “riformisti” dell’Unione, e presieduto dal ministro del Lavoro Cesare Damiano e da Tiziano Treu, presidente della commissione Lavoro del Senato. «Far convivere le esigenze della competizione e dello sviluppo col riconoscimento di nuovi diritti»: questo, secondo Damiano, l’obiettivo dell’incontro, che precede l’apertura del doppio tavolo di concertazione previsto a gennaio su riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali e sulla previdenza. «Siamo di parte – precisa Damiano – questo convegno è anche uno strumento per riempire di contenuti il Partito Democratico». I riformisti, dunque, mettono le carte in tavola. E lanciano la propria proposta, a partire dalla “Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”, un disegno di legge presentato dall’opposizione nella scorsa legislatura.
Cosa contenga lo spiega Adalberto Perulli, docente all’Università Ca’ Foscari: «Una modulazione delle tutele per cerchi concentrici di diritti, a partire da un nucleo duro che riguarda tutte le tipologie contrattuali». Un “continuum” che va dalle tutele estese del vecchio lavoratore subordinato, alla dipendenza economica del parasubordinato, fino al lavoro autonomo. Poiché una semplice unificazione dei collaboratori all’interno del “vecchio” lavoro subordinato sarebbe una «prospettiva omologante, non selettiva, una riedizione della concezione “salaristica” del lavoro», ormai perduta insieme al fordismo e alla classe operaia. Viene respinta, dunque, la proposta di riunificazione delle tipologie contrattuali nella dipendenza economica, avanzata due anni fa dalla Cgil con una legge di iniziativa popolare e ripresa recentemente dal giuslavorista Giovanni Alleva. La via d’uscita “morbida” dall’ubriacatura di precarietà, dunque, parte dal rifiuto della moltiplicazione delle tipologie contrattuali propria della Legge 30, ma senza abolire le forme più precarizzanti, tra cui l’ibrido della parasubordinazione. Di cui, anche nel convegno veneziano, viene riconosciuto un uso spesso «fallace» e la necessità di «nuove tutele».

Questo il quadro proposto. Il ruolo, per tutti fondamentale, della contrattazione e la concertazione di gennaio faranno il resto, anche se una conclusione positiva non sarà facile. Da un lato, infatti, c’è il fantasma della manifestazione «Stop precarietà» che si terrà oggi a Roma. Dall’altro, Confindustria sembra tutt’altro che docile. Giorgio Usati, responsabile Relazioni Industriali, intervenuto nel pomeriggio, attacca duramente il ministro Damiano, che ieri ha varato le sue linee guida sulla riforma dei contratti a termine, definendole «del tutto sbagliate». Le linee guida, rese pubbliche ieri pomeriggio, partono dal presupposto che «la forma normale di occupazione è il lavoro a tempo indeterminato; le tipologie contrattuali a termine devono essere motivate sulla base di un oggettivo carattere temporaneo e non devono superare una soglia dell’occupazione complessiva dell’impresa». Uno «schiaffo» per l’associazione datoriale, che denuncia «la messa in crisi dell’autonomia della contrattazione collettiva». Questo nonostante la proposta di Damiano conservi per le parti sociali «il compito di individuare ulteriori ipotesi di contratto a termine» e la «definizione delle percentuali di ricorso al contratto in proporzione al numero di lavoratori a tempo indeterminato presenti in azienda». Applausi, invece, provengono da Fulvio Fammoni della Cgil, secondo cui l’ultima iniziativa del ministro «apre una ulteriore fase del confronto per nuove regole del lavoro», finora segnata dalla liberalizzazione della tipologia varata da Berlusconi nel 2001.

La parte più “calda” del convegno la offrono però i Centri Sociali del Nord-Est. Guidati da Luca Casarini, durante la pausa pranzo invadono la sala, aprono uno striscione che chiede la chiusura dei Cpt e gridano ad un innervosito Damiano: «Reddito, Diritti, Dignità». Dopo una serie di interventi e battibecchi, tenta la mediazione il sindaco Cacciari (prendendosi anche una velenosa battuta dal segretario Uil Paolo Pirani: «Prima si mette alla testa dei lavoratori autonomi, ora organizza gli autonomi…»). Alla fine, dopo un inutile quanto violento intervento della polizia (vola anche qualche manganellata) il dibattito si sposta nella sala consiliare del comune di Venezia.