Confessa Hicks, il talebano australiano

Si è presentato davanti alla corte vestito della divisa carceraria color kaki e con i capelli, lunghi fino alle spalle, che si è fatto crescere per coprirsi il volto e favorire il sonno nelle celle di Camp 6, illuminate 24 ore su 24 dai neon. David Hicks, il «talebano australiano», catturato in Afghanistan alla fine del 2001 e rinchiuso a Guantanamo da cinque anni, si è dichiarato colpevole e spera con questa mossa di risolvere il braccio di ferro diplomatico tra governi alleati (Washington e Canberra) innescatosi dopo che sull’isola – grazie soprattutto alla madre di Hicks, Terry – una campagna per la liberazione del 31enne ha costretto il premier conservatore, John Howard, ad alzare più volte la voce contro l’Amministrazione statunitense. Con la confessione Hicks mira una riduzione della pena (il massimo previsto per il suo caso è il carcere a vita) ma, soprattutto, di poterla scontare in patria, lontano dalle celle di massima sicurezza della nuova sezione di massima sicurezza. Il giovane australiano è stato il primo prigioniero di Guantanamo ad essere stato accusato formalmente di qualche reato: aver combattuto assieme ai taliban ed essersi addestrato in un campo militare degli studenti coranici. E sarà probabilmente il primo ad essere giudicato secondo le nuove regole delle Commissioni militari approvate dal Congresso statunitense. Norme che le organizzazioni per i diritti civili hanno bocciato seccamente, in quanto non attribuiscono alcun ruolo alla difesa nel corso del procedimento. Nelle scorse settimane il Pentagono ha annunciato l’incriminazione anche di Omar Khadr, un canadese che al momento dell’arresto aveva 14 anni, e dello yemenita Salim Ahmed Hamdan, ex autista di Osama bin Laden. Circa 390 prigionieri restano rinchiusi senza capi d’imputazione formali – la maggior parte di loro da oltre cinque anni – nella prigione istituita per rinchiuderci i detenuti della cosiddetta «guerra al terrorismo» iniziata dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e Washington.
Da quando, a 14 anni, fu espulso da scuola per uso d’alcool e droghe, prima di diventare il «talebano australiano», il giovane David le ha provate tutte, o quasi. Scuoiatore di canguri, cacciatore di squali, innamorato di un’aborigena che gli ha dato due figli, allevatore di cavalli in Giappone, combattente dell’Uck contro i serbi, convertito all’islam, membro del gruppo ultra estremista pakistano Lashkar-e-Toiba, Hicks viene infine arrestato in Afghanistan. Secondo l’accusa stava «studiando obiettivi (da colpire) a Kabul, tra cui le ambasciate di Usa e Gb».
Il ministro degli esteri australiano, Alexander Downer, ha dichiarato ieri di essere contento per la conclusione di un procedimento legale che è «durato troppo a lungo». «Spero che tornerà in Australia ragionevolmente presto», ha dichiarato alla Abc. Per un prigioniero che spera di rivedere presto la via di casa, uno in arrivo. Il portavoce del Pentagono, Bryan Whitman, ha annunciato ieri l’arrivo di Abdul Malik: è accusato di aver partecipato all’attentato del 2002 in Kenya contro l’hotel Paradise, in cui rimasero uccise 15 persone.