La democrazia interna al partito: questione centrale
La conferenza di organizzazione ha inteso affrontare questioni nodali della nostra modalità di essere e fare partito.
Il documento in discussione alla conferenza è un documento che mette a nudo, crudamente, i nostri punti critici.
Eppure in alcuni passaggi si fa la fotografia dello stato attuale ma non si indagano fino in fondo le cause che lo hanno determinato.
Una delle questioni cardine della discussione che andiamo svolgendo riguarda la democrazia interna, che ha pesanti ricadute anche sulla democrazia di genere.
Il nostro partito ha subito in questi ultimi anni processi pesanti di personalizzazione della politica, verticismo, separatezza fra il corpo del partito e i luoghi delle decisioni.
Ciò ha comportato l’assumere la pratica decisionista come processo soggettivo e non collettivo, ed ha determinato, come elemento degenerativo, l’assunzione della pratica delle decisioni maggioritarie, e non della ricerca della sintesi, che comporta un processo faticoso di confronto e maturazione delle scelte da operare.
L’ultimo congresso, con la scelta di un congresso a mozioni contrapposte, ha prodotto elementi deleteri:
1. Il ritenere la gestione del partito appannaggio solo della mozione maggioritaria;
2. Ha introdotto pesanti elementi di separatezza, marginalizzazione, contrapposizione all’ interno del partito.
Il partito non è vissuto piu’, quindi,
• come casa comune;
• luogo dell’emancipazione di tutte e di tutti;
• non ci si sente più parte dell’intellettuale collettivo di gramsciana memoria;
• si avverte l’inutilità del proprio essere militante del partito: se il tuo pensiero non è in sintonia al pensiero maggioritario sarà inutile anche esprimerlo, perché quella diversità che dovrebbe essere vissuta come ricchezza è invece colta come differenza da marginalizzare.
Da qui il processo degenerativo della pratica correntizia; riconoscersi in un’area programmatica ha significato poter esprimere il proprio pensiero senza essere ritenuto corpo estraneo, diventa il luogo dove si sviluppa il senso di appartenenza altresì svilito all’interno del partito.
Tante compagne e tanti compagni, sconfortati, non hanno retto questa internità/estraneità al partito, e hanno deciso di non rinnovare la tessera.
Rilanciare il partito oggi dovrà fare i conti con una pratica interna che si ponga in netta discontinuità con ciò che è avvenuto fino ad oggi:
• bisognerà promuovere a tutti i livelli del partito la partecipazione e la valorizzazione di tutte e tutti fra compagne e compagni a prescindere l’appartenenza a questa o a quella area di pensiero;
Si ricostruira’ cosi’ il senso di appartenenza ad un partito unico;
E si promuovera’ il protagonismo politico di ognuno.
Ritengo che anche la questione di genere nel partito abbia risentito dello stato generale del partito stesso e delle pratiche di separatezza.
Ogni compagna ha vissuto e vive sulla propria pelle le contraddizioni di una società maschia e maschilista, vive le difficoltà di autodeterminarsi, di assumere consapevolezza piena di sé e proporsi come soggetto alternativo al pensiero dominante; per molte di noi c’è voluto un percorso di riscatto di anni, a partire dalle battaglie del movimento femminista degli anni ’70, i percorsi di autocoscienza, la ricerca dell’autonomia economica come elemento primario per l’affrancamento dal condizionamento più avvilente:
Essere mantenute prima dal padre, poi dal marito.
Quali sono i punti di criticità della modalità con la quale viene affrontata la questione di genere nel partito?
1. La battaglia non deve essere assunta solo all’interno del partito;
2. Bisogna creare una modalità di incontro-confronto-sintesi antitetica a quella assunta dal partito, modificando le pratiche sedimentate nel partito stesso;
3. La rappresentanza delle compagne deve essere strettamente legata ad una approfondita indagine sulla possibilità di un terreno comune a tutte di intervento politico;
4. Proporre una modalità che sviluppi iniziativa politica, crei un habitat accogliente ed includente delle donne, che non crei meccanismi che possano respingerle.
Quali battaglie allora mettere in campo perché le donne siano soggetti protagonisti della vita politica e sociale?
Non mi bastano le quote.
Dobbiamo indagare gli elementi che impediscono alle donne la partecipazione alla vita politica.
La crisi della politica è molto più evidente al sud e riguarda il mancato coinvolgimento delle donne alla vita politica.
Perché?
Perché esporsi pubblicamente facendo attività politica per una donna significa correre il rischio di pagare un prezzo molto caro, in termini personali ed affettivi.
Quante donne sono disposte a rischiare?
Meglio il quieto vivere, meglio ritrarsi in una sfera protetta.
E comunque, per quelle donne che vorranno farlo, fondamentale sarà avere l’indipendenza economica.
Al sud la disoccupazione femminile è di gran lunga superiore rispetto a quella maschile, alle donne vengono affidati i lavori peggio pagati e il più delle volte sono assunzioni a nero.
Molte donne subiscono sopraffazioni, violenze, angherie da parte del partner ma non si liberano perché manca loro il sostentamento economico. Può capitare che donne lasciate dal marito abbiano dovuto rinunciare anche all’affidamento dei figli perché incapaci di sostentarli.
Come può una donna autodeterminarsi se il problema principale che deve affrontare è quello della sopravvivenza?
Ritengo sia questo l’elemento centrale di una politica tesa a risolvere o a migliorare la questione di genere.
• bisognerà proporre quindi misure che diano la possibilità di assunzione paritaria dei due generi;
• per intenderci una norma che stabilisca le quote nelle assunzioni, assunzioni dirette;
• non quelle misure comunitarie per l’imprenditoria femminile che hanno visto proliferare imprese nominalmente al femminile, di fatto gestite dai mariti.
E’ questo il terreno di azione politica che più mi appassiona, altrimenti ci si limiterà a sostituire in alcune postazioni dirigenziali del partito ai compagni delle compagne.
Non sarà migliorato di molto il nostro essere partito, il nostro essere collettività, la nostra accettazione reciproca.
La tolleranza, l’ascolto, lo sforzo di mettersi in discussione e cercare il luogo dell’incontro con l’altro, la pratica della contaminazione, ancor prima di enunciarli nella pratica esterna al partito deve diventare patrimonio di tutte e di tutti, pratica quotidiana credibile che parli di donne e di uomini capaci di proporre e proporsi come alternativa di società, da comunisti.