CONFERENZA NAZIONALE DI ORGANIZZAZIONE
Ordine del giorno finale proposto dalla Commissione politica
La conferenza nazionale di organizzazione assume la relazione e le conclusioni svolte dal segretario e prende atto del percorso partecipativo che si è svolto in oltre 2000 conferenze di circolo e 117 conferenze delle federazione a cui hanno partecipato oltre 7000 compagne e compagni. Questo dibattito ha visto un consenso largo al documento sottoposto alla consultazione, l’approvazione in diverse federazioni di emendamenti che erano stati proposti e respinti al comitato politico nazionale e di altri documenti politici che nazionalmente sono stati sottoposti alla discussione delle compagne e dei compagni. Il documento si intende arricchito dei contributi giunti da questo percorso partecipativo riguardanti la lotta contro la guerra, le grandi questioni sociali, l’ambiente, la laicità, la differenza di genere, i diritti delle migranti e dei migranti.
La Conferenza di Organizzazione ha temi specifici di discussione e dibattito. In particolare, questi riguardano il rafforzamento del partito, la democrazia di genere, il pluralismo interno, la relazione tra la libertà del dibattito e dell’autonomia degli eletti e l’espressione di voto del partito nelle istituzioni, le modifiche anche nelle forme di organizzazione a partire dai circoli in Italia e all’estero, la centralità dell’inchiesta, l’autofinanziamento, i contributi provenienti dagli eletti, norme per regolare le campagne elettorali, le forme di comunicazione e Liberazione, disposizioni per una circolarità negli incarichi di partito e nei ruoli istituzionali e per evitare cumuli di incarichi, interventi per sperimentare forme partecipative più coinvolgenti le strutture di base, le iscritte e gli iscritti in Italia e all’estero, regole nuove per l’elezione degli organismi dirigenti. Si assumono, altresì, i contenuti emersi nella sessione plenaria sulla democrazia nei rapporti tra donne e uomini.
Su tutto questo, fermo restando l’impianto proposto nel documento sottoposto alla consultazione del partito, la Conferenza di Organizzazione fa propri i report prodotti dai gruppi di lavoro che sono stati costituiti (“Le città invisibili”; “Dire, fare, innovare”; “autofinanziamento e innovazione”).
Entro un mese, una apposita sessione del CPN istruirà i percorsi decisionali per rendere operative le indicazioni emerse.
La Conferenza di Organizzazione Nazionale impegna il partito in una grande campagna di ascolto e di mobilitazione territoriale e nazionale sui temi di fondo che riguardano la svolta di cui il Paese ha bisogno nella direzione del risarcimento sociale necessario: salario, lavoro, pensioni, rinnovi contrattuali, diritto alla casa, scuola, sanità, inclusione sociale, diritti per i migranti, anche a partire dalla proposta di legge che il governo sta per presentare. Una campagna che connetta, non come una aggiunta, ma come elementi costitutivi di una riforma sociale, economica, politica, culturale, civile, del ruolo internazionale del Paese, questioni cruciali come la laicità, attaccata da una campagna delle gerarchie vaticane che si fa insopportabile interferenza, cultura dei diritti collettive e delle persone, riconoscimento anche giuridico delle differenze delle forme di relazione e degli orientamenti sessuali, rilancio di una politica per la pace: la critica radicale alla strategia della guerra preventiva dell’Amministrazione USA, uscita dell’Italia dai teatri di guerra, nuovo ruolo nella direzione dell’implementazione dei processi di pace, dialogo con i Paesi del Sud del mondo.
Una campagna che abbia anche il carattere di una offensiva culturale per contrastare le ideologie e le pratiche del razzismo, dell’antisemitismo, del fascismo; che contrasti le culture patriarcali, omofobiche, le culture fondamentaliste e oscurantiste che vengono riproposte anche da noi, le culture che incitano all’odio verso le differenze e le diversità e alla guerra di civiltà, il riproporsi di culture della sopraffazione, della violenza. Una campagna che rilanci, anche cogliendo l’occasione del 25 aprile, i valori della Resistenza e il contrasto al riproporsi in varie forme del revisionismo storico.
Sui temi di questa riforma del Paese, si gioca la credibilità del governo e dell’Unione. Noi siamo per condurre fino in fondo una vera offensiva, un dibattito di massa che coinvolga l’Unione materiale e il popolo dell’Unione, come una grande inchiesta sulla condizione reale del Paese, i suoi bisogni, le sue richieste, a partire dalla questione di come utilizzare le risorse derivanti da una lotta all’evasione e alla elusione che rivendichiamo come un punto fondamentale e positivo del governo dell’Unione e che va proseguita e intensificata.
Non ci sono scorciatoie o compromessi di basso profilo. Non è solo questione del rapporto tra Rifondazione o la sinistra radicale e la restante parte dell’Unione, è in gioco qualcosa di ancora più profondo: il rapporto tra l’azione di governo, l’Unione politica, l’Unione materiale (i sindacati, le forze sociali, le associazioni, i movimenti) e il popolo dell’Unione.
Alcuni temi sono decisivi per dare il segno di una azione di governo indirizzata al risarcimento sociale.
Primo quello delle pensioni su cui intendiamo impegnarci, a partire dalle nostre posizioni e in relazione a quelle dei lavoratori e delle loro organizzazioni: non aumentare l’età pensionabile, abolire lo scalone, aumentare le pensioni minime e quelle basse, impedire la modifica dei coefficienti su cui si calcola la pensione, introdurre meccanismi che garantiscano la possibilità per i giovani di poter avere una pensione adeguata. Sono queste le nostre priorità, in sintonia con il programma dell’Unione che è impegnativo per tutti.
Le retribuzioni in Italia sono tra le più basse d’Europa. C’è una irrisolta questione salariale che va affrontata con i contratti di lavoro ma anche con misure specifiche, per esempio fiscali.
Il tema degli incapienti va affrontato decisamente, così come l’abolizione dei ticket ed una nuova politica sociale della casa.
Va riaffermata la centralità dello stato sociale universalista, che non rappresenta un costo da contenere ma è fattore di crescita nella direzione dell’uguaglianza e di una nuova qualità.
Riproponiamo il tema del lavoro, la sua estensione, la sua sicurezza, la lotta alla precarietà, alle nuove forme di lavoro servile, la dimensione sessuata femminile dello sfruttamento e della precarietà, le forme inedite e generali con le quali vengono investite intere generazioni giovanili. Riproponiamo la necessità di una lotta ai poteri criminali, alle mafie e alle culture che producono.
Poniamo la questione del Mezzogiorno come grande questione del Mediterraneo e contrastiamo i processi innescati in alcune arre importanti nel nord del Paese nel nome di modelli istituzionali che rompono l’unitarietà delle prestazioni sociali e le forme di solidarietà.
Vogliamo rilanciare la mobilitazione, sull’ispirazione della manifestazione del 4 novembre, anche sulla base delle proposte che abbiamo avanzato unitariamente per una ricomposizione del mondo del lavoro e delle tipologie contrattuali che superino radicalmente la legge 30 nella direzione della stabilità e della generalizzazione di diritti e tutele. Va difeso l’istituto del contratto nazionale di lavoro e dato pieno sostegno alle vertenze contrattuali in corso.
Una iniziativa che si connetta con una analisi di fondo dello stato e delle tendenze in atto anche nell’insieme del apparato industriale ed economico del Paese, delle contraddizioni del capitalismo italiano e di un nuovo ruolo pubblico di indirizzo, programmazione e controllo. Insieme di questioni che affronteremo in un convegno nazionale entro questa primavera.
Una iniziativa diffusa e capillare su cui investire significativamente. In questo contesto, sono importanti alcune esperienza che si possono porre come pilota: la marcia sul lavoro che parte l’11 aprile in Sardegna e la mobilitazione proposta presso le fabbriche torinesi e che proponiamo di estendere sull’intero territorio nazionale.
La questione ambientale è un paradigma su cui si misura la svolta necessaria, dentro una crisi ecologica di carattere globale. I cambiamenti climatici ne rappresentano un aspetto che ormai conquista una consapevolezza diffusa e che porta con sé questioni cruciali come quella dell’acqua. Sono maturi i tempi della promozione di iniziative di massa su questi temi decisivi per il futuro. E’ di grande rilievo il successo della raccolta di firme sulla legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua.
Ribadiamo la necessità di contrastare i processi di privatizzazione e liberalizzazione dei servizi pubblici locali e le modifiche indispensabili al disegno di legge del governo attualmente in discussione.
E’ pieno il nostro sostegno alle vertenze territoriali, le lotte ambientaliste, il movimento NO TAV, NO Ponte, No Mose, le cui ragioni vogliamo raccogliere e rilanciare, la questione urbana e delle città, le nuove e vecchie contraddizioni che in essa si manifestano.
Abbiamo realizzato una mediazione sulla questione delle missioni militari. In essa c’è esplicitata la contestazione della guerra preventiva e unilaterale. Riteniamo questo un atto importante e che determina di per sé una discontinuità nella politica estera del Paese. C’è la denuncia del fallimento della strategia militare in Afghanistan attraverso la proposta di una conferenza internazionale di pace, l’intensificazione della cooperazione con la società civile e la legalizzazione di una parte della produzione dell’oppio e il suo utilizzo a fini terapeutici. Tutto ciò non è sufficiente per farci superare in alcun modo il giudizio negativo sulla presenza militare italiana nella missione ISAF a comando NATO. Basta, però, per farci giudicare positivo il compromesso che ha motivato il voto favorevole dei nostri gruppi parlamentari sulla proroga delle missioni. Ciò in quanto in tale compromesso sono contenuti decisivi elementi di svolta sulla politica estera del Paese rispetto al governo delle destre e a tutti gli anni 90. Questi sono: la priorità, nella politica estera, ai processi di pace, rispetto ad ogni missione militare, separazione del civile dal militare nelle operazioni di ricostruzione, rilancio del ruolo della Nazioni Unite attraverso il comando diretto di missioni veramente di pace come quella in Libano, la proposizione del monopolio dell’ONU nel campo della polizia internazionale, la decisione di non appoggiare nessuna decisione unilaterale nel Kosovo e in tutti i Balcani. Tutti questi risultati e altri ancora, costituiscono una possibilità in nome della quale abbiamo deciso di praticare la mediazione che contiene il voto sulla missione in Afghanistan che per noi è e resta contraddittoria con il nostro giudizio sulla guerra. Il ritiro da quel conflitto è e resta la nostra scelta e l’oggetto della nostra iniziativa.
Ci riconoscimento nell’individuazione delle priorità e nella piattaforma individuata dalle associazioni pacifiste e di movimento che si sono riunite recentemente a Roma.
Vogliamo rilanciare la lotta contro l’ampliamento della base di Vicenza per cambiare quella decisione e riporre il tema del riutilizzo del territorio occupato dalle servitù militari e la conferenza nazionale su questo tema che è nel programma dell’Unione e il governo si è impegnato a promuovere.
Parteciperemo agli appuntamenti del movimento altermondialista, a partire dal controvertice del G 8 di Rostok.
Vogliamo rilanciare la centralità della questione palestinese a partire dal riconoscimento del governo di unità nazionale palestinese, la necessità di interrompere ogni forma di embargo economico con la Palestina, di incrementare aiuti internazionali, l’impegno al fianco della società civile e democratica. Il percorso di pace sulla base del riconoscimento dei due stati per due popoli che passa, come primo passo, dalla nascita dello stato che non c’è, quello palestinese. Dentro questa prospettiva, affermiamo la necessità dell’abbattimento del muro dell’apartheid e riteniamo vadano rimessi in discussione, anche dentro il tema generale del rispetto di tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani e della legge 185 sul commercio delle armi, gli accordi militari con lo Stato di Israele Va affermato il diritto alla sicurezza, alla coesistenza, al progresso civile, democratico ed economico dei due popoli e dei due stati della necessità di un nuovo ruolo dell’Europa e della presenza internazionale, anche con un ruolo diretto delle Nazioni Unite.
Rifondazione Comunista è, con altre forze politiche comuniste e della sinistra di alternativa europee, tra i fondatori del Partito della Sinistra Europea. Vogliamo rilanciare la sua iniziativa a partire dalle prossime scadenze e dalle campagne decise: il contrasto a una ripresa del processo di discussione della Costituzione Europea dall’alto, che non tenga conto dei pronunciamenti popolari e per invertire i processi: si parta non dai governi ma dai popoli; il contrasto al libro verde che interviene in maniera assolutamente negativa sui diritti e le regole del lavoro; la campagna contro la precarietà con l’indizione di una grande manifestazione europea.
Pensiamo anche allo sviluppo di una iniziativa di relazione e di incontro con la rinascita di nuove culture ed esperienze delle sinistre nel mondo, in particolare in America Latina.
Il progetto della Sinistra Europea è per noi la costruzione della sinistra di alternativa dentro un progetto e una ispirazione che guarda alla costruzione di una Europa alternativa dentro l’onda lunga del nuovo mondo possibile.
La sinistra europea non è il superamento o l’affievolimento di Rifondazione Comunista o della sua prospettiva. In altre parole, non è in discussione l’autonomia politica e organizzativa o il simbolo del PRC. Non per un mero orgoglio di partito. Per due ragioni: riteniamo il percorso della rifondazione comunista utile nella definizione di idee, valori, prospettive, programmi di un nuovo socialismo per il XXI secolo e per riattualizzare il tema arduo della trasformazione della società e del superamento del capitalismo; con altrettanta autonomia consideriamo le culture politiche, associative, i movimenti che con noi si approcciano in un cammino comune.
La territorialità è caratteristica costitutiva della sinistra europea e della sua capacità di espansione, punto fondamentale è determinare, a partire dai territori, percorsi di condivisione tra i diversi soggetti che si dispongono nel percorso della costruzione della sinistra europea. A giugno svolgeremo la prima assemblea nazionale dei soggetti politici, delle reti nazionali e dei nodi tematici che aderiscono alla sinistra europea. Rivolgiamo un appello a quanti sono interessati per camminare assieme in questa direzione. Ma questo è solo il primo passo. L’altro decisivo è la costituzione delle case della sinistra e dei nodi territoriali della sinistra europea. Solo dopo quel percorso orizzontale potremo dire di aver concluso una prima fase di costruzione.
Si apre una nuova possibilità di confronto unitario.
La discussione interna ai ds e, in particolare, nella sinistra ds, è importantissima. Non abbiamo nessuna interferenza in un dibattito che è autonomo. Siamo interessati a relazioni unitarie con tutti coloro che si rivolgono domande analoghe alle nostre anche se danno risposte differenti o ancora non conclusive.
Rifuggiamo da scorciatoie organizzativistiche.
Occorre praticare da subito una unità di azione sui grandi temi che riguardano lo scontro sociale e politico (i nodi della riforma del Paese che proponiamo); sperimentare, anche in maniera articolata e originale forme di relazione nelle sedi istituzionali e nelle realtà territoriali; avviare un confronto sui temi di fondo delle culture politiche, dei suoi orizzonti, del quadro internazionale, delle prospettive. Un dibattito a tutto campo, aperto, che parta dal riconoscimento delle differenze e dell’autonomia.
Con questo spirito e questa apertura, ci rivolgiamo a tutte le soggettività politiche, sociali, di movimento: cantieri per la sinistra, come luoghi aperti di discussione e sperimentazione.
Carrara, 1 aprile 2007