Condoleezza Rice avverte l’Europa: noi rispettiamo la legge. Noi siamo la legge

L’intelligence ha pienamente rispettato la sovranità dei paesi che cooperano con gli Stati Uniti e ha agito conformemente al diritto internazionale”. Dalla base aerea di Andrews, nel Maryland, con un piede sulla scaletta del volo per l’Europa – un tour di cinque giorni per Berlino, Bucarest, Kiev e i quartieri generali Ue a Bruxelles – il segretario di Stato statunitense Condoleezza Rice ha voluto mandare un messaggio chiaro agli alleati europei. Gli Usa, ha aggiunto, “non permettono né tollerano la tortura in nessun caso” e “non usano lo spazio aereo o gli aeroporti di alcun Paese per trasportare detenuti dove crediamo che saranno torturati”, ha dichiarato la Rice evidentemente dimentica di Guantanamo, Abu Ghraib e dei casi afghani.
E per quanto riguarda l’esistenza di prigioni segrete della Cia sul territorio europeo? Né conferme, né smentite: “Non possiamo divulgare informazioni che comprometterebbero il successo delle operazioni”. Comunque, ha ammesso la segretaria di Stato, “alcuni governi hanno scelto di cooperare con gli Usa nelle operazioni di intelligence”. E che nessuno si scandalizzi, ci permettiamo di chiosare, perché grazie al lavoro (sporco) della Cia, gli Usa hanno potuto avere informazioni preziose che “hanno fermato attacchi terroristici e salvato vite innocenti, in Europa come negli Stati Uniti”. E se per ottenere questo risultato si rende necessaria la pratica delle renditions, i rapimenti dei sospetti di terrorismo, non ci sarebbe alcun problema: “le renditions – ha detto ieri Condoleezza Rice – sono riconosciute dal diritto internazionale e sono state usate da molti paesi, ancor prima dell’attacco dell’undici settembre”. Secondo la Rice, il diritto internazionale permette di detenere un sospetto per “l’intera durata delle ostilità”, il che, misurato sulle dichiarazioni di guerra al terrorismo di Bush, si avvicina molto al concetto d’infinito.
Atttenti governanti europei: “Io so cosa vuol dire fronteggiare un’inchiesta che verifichi se è stato fatto tutto quel che si poteva fare”, ha avvertito infine ricordando la commissione Usa sull’undici settembre. Chi ha orecchie per intendere, a Bruxelles e nelle capitali europee, chiuda gli occhi e si turi il naso.
In ogni caso, ha anche assicurato la Rice ieri, “gli Usa non detengono nessuno più del tempo necessario a valutare le prove contro di lui”. La Cia ha impiegato cinque mesi, dunque, per accorgersi che con la rendition di Khaled Masri, cittadino tedesco di origine libanese residente a Ulm, era stato commesso uno sbaglio di persona. Secondo quanto pubblicato dal Washington Post domenica, Masri, padre di cinque figli, è stato fermato in Macedonia nel dicembre 2003, per poi essere trasferito in una prigione afgana della Cia, dove ha subito torture. Dopo cinque mesi è stato riportato in patria, a Francoforte. Gli agenti del servizio segreto americano avevano scambiato Masri per un suo omonimo, che in passato aveva frequentato Mohammed Atta, uno dei piloti dell’undici settembre. Nel maggio del 2004, la Casa Bianca su pressione della Rice, allora consigliera per la sicurezza nazionale, incaricò l’ambasciatore a Berlino, Daniel R. Coats, di una missione estremamente delicata. Coats doveva portare l’ambasciata del rapimento Masri al ministro degli interni, il socialdemocratico Otto Schily, con una richiesta: che il governo tedesco non rivelasse la notizia. Altrimenti il piano di rapimenti segreti sarebbe stato scoperto, pregiudicando la guerra al terrorismo di Bush.
Secondo il quotidiano di Washington, il caso Masri offre un raro esempio tangibile di come le pressioni operate sull’agenzia d’intelligence dopo l’undici settembre abbiano portato, in alcuni casi, alla “detenzione basata su prove esili o su speculazioni. Il caso mostra anche come sia difficile correggere gli errori in un sistema costruito e che opera in segreto”. La Cia starebbe investigando su una quarantina di casi simili a quello di Masri. Le “erroneus rendition” in alcuni casi deriverebbero da nomi estorti a membri di al Quaeda durante gli interrogatori.
Il “Washington Post”, prima di pubblicare l’articolo sul caso Masri, avrebbe chiesto una presa di posizione da pare dell’ex-ministro Schily, senza ottenere risposta. A Berlino l’aria si è fatta pesante per l’ex-ministro degli interni. Ma anche l’attuale ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier non naviga in acque chete. L’allora ministro alla cancelleria, il braccio destro dell’ex-cancelliere Schröder, secondo informazioni non smentite sarebbe stato informato da Schily del rapimento Masri. Tutto ciò lascia supporre un ulteriore passaggio verso l’alto, che nessuno sinora ha osato nominare.
Condoleezza Rice è arrivata ieri sera, a Berlino. Poco prima il portavoce del governo di Angela Merkel, Ulrich Wilhelm, aveva confermato le indiscrezioni del settimanale “der Spiegel”, secondo le quali il governo è in possesso di una lista con 437 voli “sospetti”, transitati o che hanno fatto scalo in Germania. “Speriamo che i fatti saranno chiariti nel contesto dei colloqui”, aveva dichiarato ottimisticamente. L’elenco è ora anche nelle mani di una commissione parlamentare che dovrà accertare cosa era noto al precedente governo Schröder. Tira un vento particolarmente freddo, oggi, nella capitale tedesca.