Il presidente cubano Fidel Castro, che si sta riprendendo bene – a quanto sembra – dai postumi del delicato intervento all’intestino del luglio scorso, ha accusato ieri Bush e il governo degli Stati uniti di aver deciso a priori la liberazione del super- terrorista cubano-venezuelano Luis Posada Carriles.
Nelle sue «riflessioni» settimanali sul Granma Fidel ha scritto che «il più genuino rappresentante di un sistema di terrore imposto al mondo dalla superiorità tecnologica, economica e politica della potenza più poderosa mai conosciuta sul nostro pianeta, è senza dubbio George W. Bush. Perciò partecipiamo alla tragedia del popolo americano e dei suoi valori etici. Solo dalla Casa bianca potevano venire le istruzioni per la sentenza dettata da Katleen Cardone, giudice della Corte federale di El Paso, Texas, venerdì scorso, che ha concesso la libertà sotto cauzione a Luis Posada Carriles. E’ stato lo stesso presidente Bush che ha eluso sempre il carattere criminale e terrorista dell’imputato. Lo ha protetto accusandolo solo di una violazione delle pratiche migratorie. La risposta è brutale. Il governo Usa e le sue istituzioni più rappresentative hanno deciso in anticipo la libertà del mostro».
A parte il termine «mostro», parole sante. Posada Carriles, che ha 79 anni, da una vita complotta contro Fidel e qualsiasi cosa sappia di Cuba. Lavorava con la Cia e partecipò all’attacco alla Baia dei Porci nel ’61; organizzò l’attentato contro un volo della Cubana de Aviacion che provocò la morte di 76 persone alle Barbados nel ’76; organizzò le bombe contro gli hotel dell’Avana in cui morì l’italiano Fabio di Celmo nel ’97; nel 2000 cercò un’altra volta di assassinare Fidel in occasione di un vertice a Panama; cessata la sua collaborazione con la Cia passò in Venezuela dove ne fece di tutti i colori con la Disip, la polizia politica prima di scappare una volta arrestato.
Nel 2000 era stato arrestato appunto in occasione del vertice di Panama su denuncia precisa dello stesso Fidel ma nel 2004 la presidenta Mireya Moscoso per fare un piacere agli americani lo liberò. Entrò allora clandestinamente negli Usa, per ricongiungersi a Miami con la moglie e i suoi amici anti-castristi. Fu arrestato e da allora è detenuto. Ma mai per terrororismo, solo per l’entrata illegale negli Usa.
L’amministrazione Bush ha fatto di tutto per tenerlo a bagno maria e aspettare il momento opportuno per liberarlo e ringraziarlo per i servigi resi alla causa della libertà. Un giudice federale ha respinto nel 2005 la richiesta di estradizione del Venezuela (perché poteva essere «torturato»: le torture le possono praticare, a fin di bene, solo loro, gli americani, vedi alla voce Guantanamo). L’amministrazione ha cercato altri paesi «sicuri» a cui poterlo sbolognare in silenzio. Ma pare non li abbia trovati. Così venerdì è arrivata l’attesa sentenza della giudice di El Paso. Il dipartimento della giustizia per salvare la faccia ha presentato appello, in vista del giudizio fissato per l’11 maggio (sempre e solo per immigrazione illegale) ma ieri un’altra giudice federale del Texas ha respinto il ricorso e confermato la libertà sotto cauzione di 250 mila dollari (che pagherà l’esultante comunità cubana di Miami, non c’è problema).
Non male per il presidente e il paese della guerra globale al terrorismo. Che si ostina, con procedimenti giuridici cavernicoli, a tenere nelle galere Usa i 5 agenti cubani infiltrati fra i cubani anti-castristi proprio per prevenire e sventare eventuali attentati.
Infine una domanda: come mai il governo Prodi-D’Alema che mostra tanto attivismo con l’America latina, non ha mai chiesto l’estradizione di un assassino non pentito che ha provocato la morte di un cittadino italiano?