«Con gli occhi degli Usa»

L’Ue guarda ancora una volta i palestinesi con gli occhi della politica Usa, col cinismo della legge e degli interessi del più forte. Il congelamento dei fondi destinati all’Autorità palestinese colpisce un’ economia e una società già distrutte dal muro che ha sottratto ulteriori terre, dall’ impossibilità per i lavoratori palestinesi di raggiungere i loro posti di lavoro in Israele. La decisione, pur con la promessa di mantenere aiuti umanitari (ma come si salverà dalla bancarotta l’Anp?) è un ricatto politico nei confronti di un governo, uscito da elezioni la cui trasparenza e democraticità gli osservatori internazionali hanno registrato. Questa decisione colpisce direttamente la popolazione palestinese: ci si aspetta forse che reagisca rovesciando il governo appena eletto? E’ una strategia europea di democrazia?
L’Ue sceglie di nuovo di agire sulla leva economica e della dipendenza della popolazione, anziché considerare anche la propria responsabilità nell’esito elettorale, per aver solo erogato fondi, senza sostenere con una vera politica di pace, del diritto e dei diritti, l’Anp guidata da Fatah, agendo ora per lo scontro con Hamas. E l’iscrizione di Hamas nella lista Ue dei gruppi terroristi, di nessuna utilità derivando la popolarità di Hamas dall’aver agito tra la popolazione palestinese come attore sociale fustigatore di corruzione, è usata per bloccare colloqui politici coi rappresentanti dell’Anp nel momento in cui intendono percorrere la via della politica. La strada della sicurezza per la popolazione israeliana era ed è nel far valere le armi proprie della convivenza: negoziati e rispetto del diritto internazionale. Hamas, che con il suo integralismo religioso non rappresenta probabilmente un popolazione in maggioranza laica, ne esprime sicuramente la frustrazione e la protesta contro la continua umiliazione dei suoi diritti, operata dall’ occupazione militare e dalla scelta dell’unilateralismo che non vuol riconoscere i suoi rappresentanti politici.
Ma la realtà rischia di essere ben altra da quella ipotizzata dalla scelta Ue: di fronte a una politica israeliana, mai messa sotto pressione per le sue violazioni del diritto internazionale né sconsigliata dall’agire unilateralmente, il ricatto politico e la punizione della popolazione palestinese incentivano la violenza militare, radicalizzano l’opinione pubblica palestinese, favoriscono l’ inasprimento dei rapporti tra mondo arabo e islamico e Israele e l’occidente, già deteriorati per la guerra in Iraq e le minacce di attacchi all’Iran. Una politica europea che davvero si fondi su democrazia e pace, esprima vicinanza alle popolazioni civili e distanza dalla violenza, di Stato o di gruppi, parli al Governo palestinese, come a quello di Israele, chieda un riconoscimento reciproco dello Stato di Israele e del diritto all’esistenza dello Stato Palestinese, operi per la fine degli assassinii mirati e degli attacchi ai civili palestinesi e israeliani: per le famiglie delle vittime, il dolore è lo stesso, che avvenga per bombardamenti dal cielo o bombe-suicide in strada. Se la politica è anche forza della ragione, deve mostrarlo subito.

*Responsabile internazionale Fiom