Con Blair o contro Blair ?

Senza l’appoggio di Tony Blair, l’amministrazione Bush non avrebbe potuto violare il diritto internazionale.

Le piazze del mondo, comprese quelle degli Stati Uniti, continuano a riempirsi degli accorati appelli alla pace di milioni di uomini, donne e giovani, convinti che non si possa cedere, oggi ancor meno di ieri, alla logica delle armi e della sopraffazione. Ma tutti sentiamo come quelle straordinarie manifestazioni- giudicate da papa Woytjla “irreversibile condanna della guerra come strumento della politica”- non possano più bastare. Occorrono nuovi obiettivi da porre al movimento, il primo dei quali non può che essere la richiesta dell’immediata cessazione del conflitto, con i suoi insopportabili costi di vite umane e di beni materiali. Sappiamo che una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, in tal senso, non è possibile, stante le divisioni e, soprattutto, con l’incombente minaccia del veto da parte di Usa e Inghilterra. Ma l’amara constatazione della temporanea impotenza dell’ONU non può autorizzare alcun tipo di rassegnazione. Anzi. Alla sinistra democratica europea, in particolare, spetta un ruolo di primo piano nella nuova strategia da adottare, cui quella italiana non può certo sottrarsi con i consueti “se” e ma”. E’ ormai assodato che senza l’avallo, l’appoggio e la solidarietà di Tony Blair, l’amministrazione Bush non avrebbe potuto violare il diritto internazionale, far strame delle Nazioni Unite, spaccare l’Europa, e invadere l’Iraq col chiaro obiettivo, ormai apertamente rivendicato dallo stesso Colin Powell, di trasformarlo in un protettorato americano.

E’ giunto quindi il momento di chiedere conto al leader laburista delle sue azioni: ne deve rispondere in primo luogo all’Internazionale socialista, stranamente muta e priva di peso, di cui pure fa parte. Che cosa ancora si attende prima di chiamarlo al redde rationem in quella sede?. Vogliamo che si ripeta ciò che accadde nell’agosto del 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, quando all’infuori dell’eroico Jean Jaurès, non a caso subito assassinato, i partiti socialisti finirono per votare i crediti di guerra, sancendo così l’ingloriosa fine della Seconda Internazionale, e, soprattutto, consegnando la causa della pace all’ala estremista del bolscevismo leninista?

Ci rendiamo conto come non possa essere facile per i leader riformisti italiani prender di petto Tony Blair, dopo averlo indicato per anni come l’esponente vittorioso della “new left”: ma un ulteriore loro silenzio finirebbe per assumere contorni di tragica complicità. Ormai, al dodicesimo giorno di guerra, è ben chiaro a tutti che non ci troviamo di fronte alla liberazione da una ripugnante dittatura, ma alla totale distruzione di una nazione e di un popolo. Le bombe d’ogni tempo son sempre state così: stupide e crudeli. Con loro nulla si risolve, tutto s’aggrava e si complica. Blair potrà continuare a guerreggiare, finchè il parlamento e gli elettori del suo paese glielo consentiranno, ma deve sapere sin d’ora che l’Europa socialista non può più accoglierlo nelle sue file. E non ci si venga a dire, ancora una volta, che chi non è d’accordo con ” i guerrafondai preventivi”, si trasforma automaticamente in alleato di Saddam Hussein. E’ un ricatto che ormai non regge più, di fronte alle migliaia di vittime innocenti.

* Gianni Rocca, giornalista appassionato di storia contemporanea, è stato caporedattore al Giorno, vicedirettore e poi condirettore della Repubblica. Ha collaborato con l’Unità. Ha scritto numerosi saggi di argomento storico tra cui Caro revisionista ti scrivo (Editori Riuniti, 1998); L’Italia invasa. 1943-1945 (Mondadori, 1998), Il piccolo caporale. Napoleone alla conquista dell’Italia(Mondadori, 1996), Stalin (Mondadori 1991).