“Credo davvero che sia venuto il momento di andare al di là di ogni egoismo, di ogni piccola chiesa, di ogni piccola area autoreferenziale. Tutti facciano un passo indietro per farne due avanti. E cioè, sono d’accordo con l’appello per l’unità dei comunisti in questo paese». Fosco Giannini, dell’area dell’Ernesto, è convinto che si possa e si debba «ripartire da una riunificazione Prc- Pdci perché essa può essere l’elemento catalizzatore per riaggregare la vasta diaspora comunista italiana». E quando dice «di rimettere in campo un partito comunista», non pensa con la testa rivolta all’indietro, in una consolatoria logica di nicchia, ma guarda «al recupero della tradizione migliore del Pci, ad un partito con vocazione di massa, fortemente unitario e, soprattutto di lotta».
Il Cpn ha visto il ribaltamento della maggioranza bertinortiana e la vittoria dell’asse Ferrero-Grassi. Ma l’impressione è che sulle ragioni profonde che hanno portato alla sconfìtta non vi sia stata chiarezza fino in fondo.
La relazione di Giordano è stata surreale. Non c’è stata nessuna autocritica, non sono state rintracciate le cause materiali della catastrofe elettorale. E la base materiale della sconfitta per noi dell’Ernesto è in un combinato disposto micidiale: da una parte è figlia della delusione delle fasce popolari verso il governo Prodi e, dall’altra, della trasformazione violenta del partito in un soggetto politico come l’Arcobaleno, di natura essenzialmente socialdemocratica. E’ dentro questa discussione che noi avevamo posto il tema della cancellazione della falce e martello e del suo impatto nefasto.
In altri tempi si sarebbe detto, “mutazione genetica”…
No, qui c’è qualcosa di più e di più grave. La mutazione genetica era un processo. Qui è stato attuato un colpo di mano, tutto è avvenuto senza lo straccio di una discussione interna. Si è asserito che la Sinistra arcobaleno non era soltanto un impegno elettorale ma era propedeutica alla costruzione di un nuovo partito. Se dici, come Bertinotti ha fatto, che i comunisti saranno solo una «tendenza culturale» come pensi di mobilitare i compagni dei circoli per andare nei quartieri, nelle piazze a fare campagna elettorale? Questi non ci hanno nemmeno votato.
Ora i bertinottiani non parlano più di scioglimento del partito.
Alla domanda su quale sarà il nostro sbocco Giordano ha detto testualmente che «non può essere un nuovo partito perché la forma partito è di tipo novecentesco», quindi vecchia. Secondo, ha dichiarato che «non può essere una federazione perché le federazioni sono tutte fallite», da Izquierda unida all’Arcobaleno. E qui ha ragione. Però la toppa che propone è peggio del buco. Ha parlato della costruzione di un “movimento per lo spazio pubblico”. Ma che vuol dire? Hanno ragione quei compagni che hanno chiesto se a dirigere questo movimento debbano essere i vigili urbani. La realtà è che i bertinottiani quando parlano di una nuova costituente di sinistra pensano a qualcosa che somiglia molto a Izquierda unida. Insomma una minestra riscaldata.
Questo, Giordano. Che valutazione dai della nuova maggioranza che si è formata sull’asse Ferrero-Grassi?
Lo strano cartello Ferrero-Grassi-Mantovani? Se non è zuppa e pan bagnato. Ripropone, di fatto, una sorta di costituente di sinistra che però trovi la sua struttura portante nella Sinistra europea e cioè, traduco, in un rilancio della Rifondazione bertinottiana. Ferrero e Grassi hanno preso 98 voti contro i 70 del documento di Giordano, ma non credo che il voto del Cpn abbia azzerato l’ala bertinottiana. Quando partirà il congresso e metteranno in campo Vendola, secondo me, vinceranno ancora loro. C’è poi una debolezza di fondo nel documento di Ferrero: dice che il rapporto con gli altri soggetti dell’arcobaleno rimane centrale. Ma quei soggetti non ci sono più! I Verdi sono in gran parte attratti dal Pd, Sd è alla ricerca di un rapporto con i socialisti. Allora con chi la fai la federazione?
Conclusione: l’unico documento alternativo è quello vostro, dell’Ernesto?
Sì, perché è il solo che pone al centro della sua analisi il rilancio di un partito comunista, forte, autonomo ed organizzato. Credo che un partito comunista non avrebbe salvezza se si riducesse a piccola cosa rinsecchita dentro le istituzioni. Può ripartire solo se si mette alla testa delle grandi lotte per la pace, antimperialiste, contro la guerra, contro le spese militari e se sta al fianco e alla testa del movimento operaio italiano. Ti faccio un esempio: a Sigonella stanno costruendo una base radar. E’ provato che quei radar sono causa di leucemia. Un partito comunista deve andare a Sigonella, mettere le tende, mobilitare le persone. Immagino un dipartimento Esteri che si interessa sì della costruzione delle relazioni internazionali, ma che soprattutto porta avanti le lotte contro la Nato e le basi militari in Italia. L’Europa è oggi spazzata dal vento forte del pensiero reazionario, non possiamo opporre ad un pensiero forte reazionario un pensierino fragile. La sinistra ha bisogno di uri pensiero forte, opposto e contrario, e l’unico pensiero robusto, capace di mobilitare e di essere perno del cambiamento, ce lo dice la manifestazione del 20 ottobre a Roma sul welfare, è quello comunista. E’per questo che mi sento di dire che non solo il bertinottismo ha distrutto Rifondazione ma tende a distruggere l’unità della sinistra.
Tu parli di un partito comunista di massa. Bene, ma quale rapporto deve avere questo soggetto con le altre forze democratiche, e mi riferisco al Pd?
Prima ancora di porsi il problema dei rapporti con il Pd, che è oggi l’altra faccia del liberismo, un partito comunista che tenta di rinnovarsi bisogna che pensi di mettersi alla testa di un lungo ciclo di lotte sociali. Non demonizzo il parlamentarismo, tutt’altro, ma sono convinto che se tu hai rapporti di forza sociali così sfacciatamente a favore dei padroni e della classe dominante è difficile poi cambiare le cose solo all’interno delle istituzioni. E i due anni che abbiamo alle spalle sono lì a dimostrarcelo.