Comunismo e libertà nella Repubblica Ceca

“Accordare la libertà di espressione e di associazione alle sole persone e associazioni che sostengono l’ordine stabilito, alle sole associazioni e persone che non mettono in dubbio i fondamenti economici e politici del sistema vigente, questa si chiama dittatura. Quanto ad appelli alla rivoluzione, è possibile trovarli in tutte le biblioteche degne di questo nome, in un libro con più di 150 anni di età e ancora attuale: il manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels”.
Lo ha detto Benjamin Pestieau, responsabile studenti del settore giovanile del Partito del lavoro del Belgio durante la manifestazione organizzata il 27 Febbraio a Bruxelles in sostegno ai giovani comunisti del KSM, organizzazione giovanile del Partito Comunista di Boemia e Moravia, che il ministero degli interni del paese vorrebbe mettere fuorilegge.
Ridiamo un senso alle parole, dunque. Se la parola democrazia ha ancora un senso, essa è in totale contrasto con quanto accade oggi nella Repubblica Ceca, dove un’associazione giovanile è messa al bando per un reato d’opinione. Certo non è questa la libertà che il popolo ceco chiedeva quaranta anni fa, nelle tragiche giornate della Primavera di Praga. Non è questa, ancora, la ritrovata libertà dell’Europa orientale, che si vorrebbe raggiunta dopo il crollo del muro. Il mondo unificato nella libertà capitalistica si rivela nella sua realtà di specchietto per le allodole. Ed emerge la nuda verità: quella di un mondo nel quale si restringono libertà in passato inviolabili, dove il dissenso politico è sociale è regolato dalla violenza di Stato. Il mondo del post muro di Berlino è quello di Guantanamo ed Abu Ghraib, quello delle leggi antiterrorismo che dagli Usa si diffondono in Europa, il mondo della guerra permanente, in cui la guerra non è solo nei campi di battaglia, ma viene condotta ogni giorno nella repressione del dissenso interno, nel controllo dei media, nelle prigioni. Pensate, ad esempio, al reato di “apologia del terrorismo”, introdotto anche in Italia dalla legge Pisanu, col plauso (e il voto favorevole) di gran parte del centrosinistra italiano. Un reato d’opinione che, in barba alla Costituzione, è punibile con la reclusione da 1 a 7 anni.
Attendiamo in queste ore una soluzione definitiva della vicenda. Ma sulla decisione del governo della Repubblica Ceca pesa una forte resistenza, che ha investito anche le ambasciate sparse nelle capitali europee. La risposta all’appello del Ksm è stata rilanciata dal WFDY (Federazione Mondiale della Gioventù Democratica), organizzazione che unisce centinaia di movimenti giovanili di sinistra in tutto il mondo. In Europa la mobilitazione contro il “nuovo maccartismo” ha investito in particolare Roma, Atene, Bruxelles, Liegi, Lisbona.
Ad Atene il KKE ha consegnato all’ambasciatore della Repubblica Ceca 3024 firme, tra cui quella del premio nobel Dario Fo e di Bono degli U2, mentre una folta manifestazione studentesca bloccava le vie del centro della capitale greca. A Bruxelles e Liegi una delegazione del Partito del Lavoro del Belgio ha consegnato 3000 firme all’ambasciatore della repubblica ceca. A Lisbona i deputati del Partito Comunista Portoghese hanno presentato un’interrogazione parlamentare a sostegno dei giovani comunisti cechi e ha organizzato un sit-in a Lisbona, dove è stato distribuito materiale informativo. In Italia, per concludere, gran parte del mondo della sinistra, esponenti di partiti e sindacati, giornalisti e intellettuali, hanno aderito all’appello del WFDY consegnato all’ambasciatore della Repubblica Ceca il 27 febbraio. Solo per fare alcuni nomi: Gino Strada, Giulietto Chiesa, Rossana Rossanda, Fausto Bertinotti, Giuliana Sgrena e ancora Diliberto, Cremaschi, Rinaldini, Bocca, Parlato, Cento… Si tratta, ormai, di una mobilitazione che investe l’intero arco della sinistra d’alternativa italiana. Una lotta che di certo peserà nella decisione definitiva del ministro degli interni della Repubblica Ceca.