COMMENTO DI CLAUDIO GRASSI (SEGRETERIA NAZIONALE P.R.C.) ALL’INTERVISTA DI BERTINOTTI ALL’UNITA’ DEL 10.1.2005:
L’intervista del compagno Bertinotti su L’Unità del 10/1/2005 è molto importante perché conferma molte preoccupazioni che abbiamo posto alla base della nostra mozione, Essere Comunisti.
Per punti:
1) Si continua a sostenere che il centro del congresso non è il governo! Capisco l’imbarazzo, ma è come negare l’evidenza. La stessa intervista in questione ne è una conferma: Bertinotti parla solo del governo! D’altra parte abbiamo alle spalle ormai due mesi di dibattito congressuale, mi è capitato di fare decine di assemblee e non ne ho trovata una dove l’oggetto della discussione – e anche della preoccupazione – non sia stato quello dell’ingresso del nostro partito nel futuro governo.
D’altra parte, non riuscirei a comprendere un atteggiamento diverso da parte dei compagni.
E’ la prima volta dalla sua nascita che Rifondazione Comunista si pone questo problema, poiché abbiamo sempre sostenuto – Bertinotti in primis – non vi fossero le condizioni per una convergenza programmatica con il centrosinistra essendovi divergenze rilevanti con il Prc su molte questioni di fondo: scelte di politica economica, internazionale e istituzionale.
Oggi si propone di entrare nel governo con lo stesso presidente del Consiglio con il quale abbiamo dovuto rompere nel 1998 e con una coalizione che, al contrario di quello che si dice, non solo non si è spostata a sinistra, ma conferma, nella sua componente maggioritaria, scelte in netta continuità con gli anni 90. E non dovremmo parlare di questo? Non dovremmo essere preoccupati? Al contrario. Siamo doppiamente preoccupati perché stiamo parlando di una scelta – l’ingresso di Rifondazione in un governo – che vincolerà il partito per 5 anni, poiché è del tutto evidente che non si potrà ripetere l’esperienza del ’98.
2) Nonostante l’evidenza, Bertinotti dice che il cuore del congresso è la scelta di collocazione nei movimenti e l’uscita da sinistra della crisi del movimento operaio attraverso la rottura con lo stalinismo e la scelta della nonviolenza.
Sulla scelta di collocazione nei movimenti ci sarebbe da discutere, visto che proprio questa scelta di entrare nel governo ha determinato una rottura con la parte del movimento che nel congresso precedente era stata definita la più interessante: i Disobbedienti e le componenti più radicali. Ma a parte questo, sarebbe utile una discussione sulle difficoltà – che tutti riconoscono, a partire dagli stessi protagonisti – che stanno attraversando i movimenti, anziché riproporre la stucchevole litania che: “Noi siamo con i movimenti”.
Quando viene rasa al suolo una città come Fallujia e nessuno dice nulla, cosa si fa? Oppure se approvazione della Legge 30, controriforma delle pensioni e Finanziaria avvengono senza una mobilitazione e una opposizione degne di questo nome, come si risolve il problema?
Per quanto riguarda la lotta allo stalinismo, vorrei ricordare che Rifondazione Comunista nasce nel 1991 con un segretario che si chiamava Sergio Garavini e basterebbe rileggere i documenti congressuali del 1° e del 2° congresso – se si vuole essere seri e non strumentali su vicende di questo tipo – per capire che quel problema era stato risolto in radice; così come fa parte della storia del nostro partito il fatto che la sostituzione di Garavini avviene con un accordo tra Cossutta-Diliberto e Bertinotti; la storia va maneggiata con serietà, coerenza e non utilizzata come una clava a seconda del momento, per calcoli contingenti di lotta interna.
Sul fatto poi che la scelta della nonviolenza sia una uscita da sinistra della crisi del movimento operaio, mi permetto di avere qualche dubbio, visto che è stata apprezzata da tutte le forze politiche moderate del nostro paese e che siamo l’unico partito comunista al mondo ad averla assunta.
La scelta delle forme di lotta non dipende da noi e non è generalizzabile: oggi possiamo e dobbiamo sostenere le nostre idee con metodi democratici perché i partigiani con le armi in pugno, hanno conquistato questa condizione; viceversa il popolo iracheno è costretto ad attuare una Resistenza anche armata poiché il suo paese è stato vittima di una guerra e un’occupazione illegittime.
3) Si sostiene che se non si trova il modo di cacciare Berlusconi una forza di sinistra può anche andare in pensione. Giusto! Ma chi lo nega? Certamente non noi che fin dal 2001 abbiamo contestato le tesi – allora sostenute da Bertinotti – secondo le quali in questo paese vi erano due Destre (Centrodestra e Centrosinistra) e che essendosi esauriti i margini di riformismo non aveva nessun senso una politica frontista (figuriamoci governista!) e quindi la centralità andava spostata sui movimenti che vivendo una fase di crescita impetuosa avrebbero creato le condizioni per una costruzione dell’alternativa.
Il punto è che qui si passa disinvoltamente da un estremo all’altro e oggi – l’intervista lo conferma – abbiamo già deciso di entrare in un governo pur sapendo che non vi è un programma condiviso e che, anzi, questa discussione non è nemmeno iniziata!
Certo, è importante battere le propensioni neocentriste, che non sono, purtroppo, solo di Rutelli, ma allora a queste proposte bisogna rispondere e quando Rutelli avanza 14 punti di proposta programmatica non è sufficiente dire che il metodo è giusto, ma dissentiamo sul merito. Si tratta di fare emergere il nostro merito, i nostri punti programmatici, alcuni dei quali – a partire dal rifiuto assoluto della guerra da chiunque dichiarata – non sono negoziabili, pena la perdita di un tratto identitario fondamentale per Rifondazione Comunista.
Da questo punto di vista il problema non è solo Rutelli: oggi Fassino sul Corriere della Sera non solo rivendica la guerra nella Ex-Jugoslavia e il voto favorevole per l’invio dei militari italiani all’estero, Afghanistan compreso, e non spende una parola per chiedere il ritiro dei militari italiani dall’Iraq, ma sostiene che queste scelte di politica internazionale – quindi anche la guerra – quando ce lo chiederà l’Onu, oppure la Nato (incredibilmente messe sullo stesso piano) verranno sostenute dal centrosinistra!
Sono parole di una gravità inaudita. Dobbiamo dire immediatamente che se nel programma non ci sarà scritto che il governo della GAD nel corso dei 5 anni si impegna a non partecipare a nessuna guerra noi non vi entreremo.
4) Bertinotti dice che il congresso decide con il 51%. Formalmente il ragionamento è ineccepibile, ma un partito non è una società per azioni, e, soprattutto chi ne ha le massime responsabilità dovrebbe proporsi di trovare il consenso più vasto e anche di tenere conto delle varie posizioni interne.
Ma, a parte questo, c’è veramente qualcuno che pensa che sia possibile gestire una presenza in un governo che sarà complicatissima, basta pensare alle leggi Finanziarie rispettose dei vincoli di Maastricht che ci proporranno, con una parte importante del partito che non è convinta?
5) Infine sulle Primarie. Su questo Bertinotti si contraddice poiché prima sostiene che “Se fosse per noi non le avremmo fatte”, poi sostiene che possono diventare una “grande opportunità” perché l’alleanza diventi democratica nelle sue scelte.
Io non riesco proprio a vedere nulla di positivo in questa scelta che rafforza il sistema maggioritario e determina una ulteriore personalizzazione della politica.
Non bisogna mai dimenticare che le Primarie implicano la condivisione di un vincolo di maggioranza e ciò può significare, per chi come Rifondazione è in minoranza in una coalizione, l’accettazione di scelte anche molto gravi.
Roma, 10 gennaio 2005