Colletta per salvare le carte del processo su Piazza Fontana

Stragi al macero. A Brescia ce l’hanno fatta. Ci hanno messo due anni per digitalizzare le 700mila pagine di carte processuali che costituivano gli archivi del-
l’interminabile inchiesta per la strage di piazza della Loggia, ma alla fine quella documentazione è stata salvata, trasferita su supporti informatici, facilmente consultabili. Il Ministero di Grazia e Giustizia non ci ha messo un soldo, ma l’impresa è stata ugualmente possibile grazie ai 50 mila euro stanziati da Provincia e Comune di Brescia e Regione Lombardia. Gli archivi della strage gemella, quella di piazza Fontana, conservati presso il tribunale di Catanzaro, rischiano invece di andare perduti per sempre, come ha denunciato il «Corriere della Sera» che si fa promotore di una sottoscrizione per reperire i fondi necessari per salvare la memoria di un pezzo della storia più nera d’Italia: sedici morti e ottantotto feriti, 12 dicembre 1969.
Ieri il ministro Clemente Mastella ha assicurato che sono disponibili 50 mila euro, ma questa cifra, che a Brescia è stata sufficiente, a Catanzaro non basta, malgrado il lavoro sia inferiore: si tratta infatti di digitalizzare circa 400 mila pagine contro le 700mila bresciane. La cifra più bassa che il tribunale di Catanzaro è riuscito a spuntare per affidare i lavori a una ditta privata è di 87mila euro. Il guardasigilli promette di trovare i soldi che mancano, ma forse – suggerisce l’avvocato Federico Sinicato, parte civile all’ultimo processo per la strage, quello di Milano, sarebbe opportuno verificare se ci sono offerte migliori, dato che è singolare che lo stesso lavoro costi quasi il doppio. E ricorda che gli atti relativi alla strage di piazza Fontana non giacciono solo a Catanzaro: «Anche a Milano ci sono gli atti relativi all’ultima inchiesta, quella condotta dal giudice Guido Salvini, di cui sono digitalizzate solo le sentenze».
Per Salvini è ovviamente un’ottima iniziativa quella di recuperare gli atti di Catanzaro «che sono una fotografia della nostra storia, a cavallo tra gli anni 60 e 70. Ma per ragionare in termini storici, sarebbe utile raccogliere in un’unica banca dati, anche gli atti dell’indagine milanese, che è la naturale prosecuzione di quell’inchiesta». Si tratta di carte custodite in 250 faldoni, che, pur non essendo a rischio di consunzione, sono ugualmente di difficile accesso. «Sono custoditi presso depositi periferici e non sono consultabili, malgrado accada spesso che studiosi o laureandi ci chiedano di poterli utilizzare. Gli atti giudiziari, a inchieste concluse, sono una fonte preziosa per la ricerca storica, si dovrebbe prevedere un lavoro sistematico per restituirli alla memoria collettiva».