Il Cnr simbolo del precariato negli enti di ricerca. Ieri un’affollata assemblea di ricercatori – oltre 500 riuniti a Roma – ha denunciato l’insostenibile condizione lavorativa di migliaia di persone in uno dei settori più delicati del nostro paese, quello che dovrebbe fare la differenza e che invece è schiacciato dalla mancanza di risorse e dall’esplosione dei contrattini usa e getta. La ricerca scientifica italiana, quella delle università e degli enti, è ormai al collasso, e il governo dell’Unione deve intervenire urgentemente. Non a caso, una delegazione di ricercatori ha incontrato nel pomeriggio il ministro dell’università e della ricerca Fabio Mussi, chiedendo rapidi interventi.
La mobilitazione «Emergenza Cnr» è stata messa in piedi dalla Flc Cgil. Salvatore Merlo, responsabile sindacale del Cnr e ricercatore dello stesso istituto, scorre i dati ufficiali sul personale, contenuti nel piano triennale Cnr: i tempi indeterminati sono 6640, a fronte di 1108 ricercatori a tempo determinato. Ma non è finita qui. Perché se consideriamo anche i lavoratori con assegno di ricerca, cococò, partita Iva, prestazione d’opera occasionale (etc.), i rapporti precari arrivano a circa 5 mila, portando quasi al raddoppio la mole di persone che operano per l’ente.
Il sindacato ha anche calcolato le «uscite» degli ultimi anni, considerando cioè il personale a tempo indeterminato che soprattutto per pensionamenti ha lasciato l’istituto dal 2002: si tratta di circa mille dipendenti, mai rimpiazzati a causa del blocco delle assunzioni deciso dalle varie finanziarie del governo Berlusconi. Ma in realtà non è che al Cnr non sia entrato personale nuovo da 4 anni a questa parte, solo che è stato assunto tutto con contrattini precari. Ingressi «atipici» che comunque vanno ben più indietro del passato governo, con precari che raggiungono anzianità di rapporto di 10-12 anni. «C’è il caso di un ingegnere – spiega il responsabile Flc Cgil – che si è avvicinato al sindacato perché ormai da 12 anni aveva una prestazione d’opera occasionale. Per tutti questi anni ha lavorato costantemente per il Cnr e non ha messo da parte alcun contributo».
Non è facile, comunque, ricostruire un identikit del precario Cnr, per il semplice fatto che solo una parte dei 5 mila «atipici» sono retribuiti con i fondi dell’istituto; molti ricercatori si appoggiano su convenzioni con l’Unione europea, le regioni, le università, le aziende private. E se un ricercatore a tempo determinato guadagna dai 1600 euro in su, diversa è la condizione degli assegnisti di ricerca (che si muovono variabilmente tra un minimo e un massimo fissato per legge) e soprattutto quella di cococò e prestatori d’opera: lì si tratta di una vera e propria «giungla», con compensi fissati ad personam, legati molto spesso alle disponibilità di budget del ricercatore anziano a cui sei legato, e alla «cresta» che quest’ultimo riesce a fare per amore della tua busta paga, rispetto alle varie spese che tutta la sua equipe deve affrontare.
Al ministro Mussi i ricercatori hanno dunque chiesto un piano straordinario di assunzioni, da attivare già da questa finanziaria, per l’ingresso immediato di 1000 ricercatori che coprano i posti persi dal 2002 a oggi. La fine del blocco delle assunzioni e del congelamento dei piani organici, e un piano pluriennale di assunzioni per i prossimi anni. Si calcola infatti che da qui ai prossimi 5-10 anni dovrebbero uscire dal complesso degli enti di ricerca italiani circa la metà dei dipendenti per raggiunta età da pensionamento: si parla di circa 10 mila persone, riferite ai 20 mila dipendenti a tempo indeterminato operanti nel comparto. Dietro, ci sono almeno altrettanti precari che pressano per entrare con contratti finalmente stabili.
Il ministro Mussi – racconta chi è uscito dall’incontro – ha espresso l’intenzione del governo a intervenire, conciliando le comprensibili rivendicazioni dei ricercatori con la politica di rigore chiesta dal dicastero dell’economia. Il governo sarebbe anche intenzionato a intervenire sugli organi direttivi dell’ente, abbastanza «disastrati» dopo l’epoca Berlusconi. Infine, il sindacato ha chiesto un maggiore investimento di fondi pubblici, dato che questi si sono ridotti da 584 milioni di euro nel 2002 a 479 nel 2005.
I precari Flc del Cnr si sono dati appuntamento a una nuova assemblea nazionale in settembre: lì verrà definita la piattaforma e le mobilitazioni fino a dicembre. Per Enrico Panini, segretario generale Flc Cgil, «ora occorre una netta e irreversibile discontinuità su ognuno dei punti che hanno caratterizzato l’avvio del presente governo ed è inderogabile assumere il sostegno alla Ricerca, e in particolare la Ricerca di base, e la valorizzazione della nostra comunità scientifica: il nostro paese non può non investire sulla conoscenza e sullo sviluppo di qualità e sostenibile».