Cliniche, giornali, amicizie politiche La saga (e i segreti) degli Angelucci

Ogni mattina Antonio Angelucci si alza prestissimo e passa in rassegna le sue truppe. Un giro alla clinica di turno. Oppure una visita al San Raffaele. Magari una sosta in cantiere. Ovviamente, dopo aver dato un’occhiata ai quotidiani, prima a Libero e al Riformista , che sono i suoi. Anche questo è un modo per far capire a tutti che chi comanda è sempre lui, il vecchio. E su che cosa, comanda: 5 mila posti letto, 5 mila dipendenti, 2 mila medici, quasi il 2% di Capitalia, un paio di giornali e interessi pure nell?edilizia. Quanti soldi, nessuno davvero lo sa. Anche se «vecchio» è un modo di dire. L’ex portantino del San Camillo che in trent?anni ha messo in piedi il più grande impero nella sanità privata, ha 62 anni, tre figli avuti dalla prima moglie (prematuramente scomparsa e da molti considerata il vero pilastro della sua
fortuna) e un quarto, giovanissimo, da una seconda compagna con la quale i primogeniti avrebbero rapporti ordinari. Chi lo conosce bene dice che Giampaolo, classe 1971, il più giovane della prima nidiata, è stato caricato di molte responsabilità. Forse troppe. Perché Antonio abbia scelto di puntare su di lui anziché sui gemelli Alessandro e Andrea, di un anno più anziani, non è chiaro. Forse semplicemente ha colto in lui una predisposizione maggiore rispetto ai fratelli. Anche Alessandro è in azienda, ma in posizione più defilata. Come Andrea, che ha una passione per le auto d?epoca: ha pure fatto una società, Dreams cars, le auto dei sogni. Fatto sta che le spalle di Giampaolo sono state caricate con pesi enormi. Il consiglio e il patto di sindacato di Capitalia, la banca guidata da Cesare Geronzi, banchiere con cui gli Angelucci hanno un rapporto speciale. La Fondazione San Raffaele. La Tosinvest, cuore di un impero dai contorni talvolta impercettibili,
anche perché gelosamente custoditi nei forzieri che stanno al 17 di Boulevard Royal, a Lussemburgo. E le edizioni Riformiste, cooperativa che edita il quotidiano organo del Movimento per le ragioni del socialismo. Pare che quando a Emanuele Macaluso, che attraverso il suo movimento finanzia il Riformista, fu ventilato l’arrivo di Tosinvest, avesse storto il naso. Forse per il precedente dell’Unità , dove gli Angelucci entrarono come azionisti, per poi gettare la spugna, ma facendo comunque sentire la voce del padrone, come quando, appena arrivati, sollecitarono al giornale fondato da Antonio Gramsci un intervento verso la Regione Lazio, colpevole di ritardare troppo i pagamenti alle cliniche convenzionate. O forse perché già allora era evidente che i futuri proprietari giocavano su due tavoli: il secondo, quello del quotidiano Libero fondato da Vittorio Feltri, di segno politico opposto al Riformista. Ma le perplessità, che non erano soltanto di Macaluso, sarebbero state fugate dal nome del factotum di Angelucci: Carlo Trivelli, figlio di Renzo Trivelli, che con Paolo Bufalini guidava a Roma la destra del Pci. Se l’erede designato alla guida del gruppo è quindi Giampaolo Angelucci, 35 anni compiuti il 24 maggio scorso, è il padre Antonio che si muove sempre dietro le quinte. Punto di riferimento per i politici, a destra come a sinistra. Nelle grandi operazioni, per esempio l?intervento in soccorso dei Ds, con l’acquisizione del patrimonio immobiliare della Quercia da parte della Tosinvest, ma anche nel disbrigo degli affari correnti. È stato con il padre Antonio, e non con Giampaolo, che il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo avrebbe perorato la causa di Rosa Russo Jervolino, che per la sua campagna elettorale a Napoli chiedeva la collaborazione di un redattore del Riformista per i rapporti con la stampa. Ed è sempre con Antonio che l?attuale opposizione intrattiene rapporti più che cordiali. Conoscenze dirette, facilità di relazioni. Anche semplici coincidenze. Massimo Fini, fratello di Gianfranco Fini, ex vicepremier, è uno dei direttori sanitari del San Raffaele. Ma sua moglie Patrizia Pescatori ha anche investito circa 500 mila euro nella Panigea Poliambulatorio Cave, di cui Tosinvest è tuttora azionista, e dove avrebbero interessi pure la moglie del leader di Alleanza nazionale, Daniela Di Sotto, nonché la famiglia del parlamentare di An Francesco Proietti Cosimi, ex segretario particolare di Gianfranco Fini. Perché se a sinistra il punto di riferimento è la Quercia (memorabile fu lo scontro con Rosy Bindi, esponente della Margherita e allora ministro della Sanità, che contrastò agli Angelucci l?acquisizione del San Raffaele), a destra è certamente An. E non potrebbe essere diversamente, visto che per cinque lunghi anni il presidente della Regione Lazio, cioè quello che doveva pagare le convenzioni, era Francesco Storace, poi anche ministro della Salute. In Puglia, invece, dove la Tosinvest aveva da sviluppare altri grossi affari, c’era Raffaele Fitto. Astro nascente di Forza Italia, stimatissimo da Silvio Berlusconi. Per di più, quasi coetaneo di Giampaolo Angelucci, con il quale il feeling è stato subito ottimo. Al punto che in occasione della campagna elettorale per le regionali contro il candidato del centrosinistra, Nichi Vendola, a Fitto non è mancato un sostegno concreto. Dalla Giada srl, società di cui Giampaolo Angelucci era azionista prima di passare le quote alla Brown international (ancora una volta in Lussemburgo), sono arrivati, regolarmente denunciati, 50 mila euro per Forza Italia e altri 40 mila per Fitto. Soldi che si sono aggiunti al contributo da 75 mila euro versato al candidato della Casa delle libertà dalla Cooperativa editoriale Libero.