Claudio Grassi: «Rifondazione? E’ pronta per una nuova sfida. Si apre un’altra fase»

Si apre una nuova fase per Rifondazione. E l’ultima conferenza organizzativa dimostra come questa abbia tutto il sapore politico di una vera nuova sfida per un partito in cambiamento. Ad esserne pienamente convinto è lo stesso Claudio Grassi, esponente dell’area dell'”Ernesto” del Prc. «E’ stato – spiega – un momento davvero positivo per il partito e ha mostrato una prima importante inversione di tendenza rispetto alle rigide contrapposizioni che si sono prodotte dopo Venezia».

Un giudizio positivo dunque quello sull’ultima conferenza del Prc?
Sì, come ho detto, è stato un momento positivo per il partito e credo che rappresenti una vera importante inversione di tendenza rispetto alle rigide contrapposizioni che si sono prodotte dopo Venezia. Abbiamo provato a confrontarci più liberamente al di là delle appartenenze, e ciò ha portato a una fluidificazione che considero positiva sia nella maggioranza sia nella minoranza. Ciò non significa che le divergenze sono superate, ma che non le affrontiamo più con la logica del muro contro muro.

Al via il cantiere aperto alle sinistre. Si apre una nuova fase?
Credo che sia proprio la costruzione avviata del partito democratico ad aprire questa nuova fase perché libera delle forze, oggi nei Ds, che le pone su una posizione di collocazione all’interno della sinistra d’alternativa. Ciò conferma che avevamo ragione noi quando abbiamo puntato su Rifondazione. La bolognina non era che una prima tappa di una deriva, e questo si vede proprio nella costruzione del partito democratico. Detto questo, il cantiere è una proposta utile se Rifondazione comunque conserva la propria autonomia organizzativa per l’oggi e per il domani. All’interno di questo contesto si cercheranno le iniziative comuni che tutte queste forze possono realizzare costruttivamente insieme, anche nell’approfondimento culturale del dibattito politico.

Torniamo all’interno del dibattito italiano. Sono tanti i temi che si sono discussi. Cominciamo dall’ultima presa di posizione di Rifondazione contro la Confindustria…
Anche questo lo considero un altro punto positivo della conferenza. E anche, se posso sottolinearlo, un risultato della nostra iniziativa politica e delle nostre sollecitazioni per avere una posizione più combattiva nei confronti di questo governo. Il fatto che, oggi, dopo aver dovuto subìre una finanziaria affatto positiva per noi, il partito si impegni per chiedere un forte risarcimento sociale è positivo. Per cui è necessario promuovere investimenti per i pensionati al minimo, per il rinnovo dei contratti e per l’abolizione dell’Ici sulla prima casa.

Legge elettorale, ieri un primo accordo sulla “bozza Chiti” e un no deciso al referendum, subito dopo lo stop di Amato…
E’ chiaro che la discussione sulla legge elettorale è fondamentale. La proposta di Chiti è accettabile perché è contemporaneamente attenta alle esigenze di governabilità e di rappresentatività. Ciò che è negativo è proprio il fatto che il giorno dopo Amato la metta in discussione.

Non pensi che vi sia comunque una crisi nell’elettorato di fronte a una coalizione che si è imposta grazie a un programma che viene regolarmente disatteso?
E’ proprio così. Credo che sia abbastanza spiegabile questa crisi nell’elettorato che ha fatto vincere l’Unione. Oggi percepisce il fatto che quelle promesse non vengono concretizzate, è un po’ come sentirsi presi in giro. Prima si dice “non ci sarà più la politica dei due tempi”, poi cosa si fa? Così, su un altro versante si dice: “è prioritaria” la politica della pace e il movimento è decisivo, poi, nel primo anno di governo, dai il via libera ad una nuova base americana, penso proprio che questi fatti anche simbolicamente creino quel senso di frustrazione nell’elettorato.

Cosa fare allora?
Credo che sia chiaro che occorre determinare un’inversione di tendenza.

Resta un ultimo punto di forte sofferenza per il partito: la guerra e il rapporto con i movimenti…
Per noi questo è il punto più complesso di tutta la vicenda politica. Proprio su questo punto ritengo che abbiamo sbagliato a non discutere in fase di costruzione del governo questo aspetto. La partita sull’Afghanistan andava chiarita prima delle elezioni e non dopo. Detto questo, dobbiamo riuscire con la nostra iniziativa sia nella società sia all’interno della coalizione, come ho detto, ad invertire una tendenza.