Cittadini migranti, in Italia sono più di tre milioni

Le anticipazioni del Dossier statistico sull’immigrazione Caritas / Migrantes, per il 2006, presentate ieri nella sala stampa di Radio Vaticana, sono state una occasione utile per approcciarsi ad un vero e proprio cambio di fase. Sono le nude cifre ad imporlo: nel 2005 c’è stato il giro di boa, la presenza regolare di cittadini migranti ha superato i 3 milioni di unità. Franco Pittau, coordinatore del dossier ha fornito dati precisi utilizzando una semplice metafora: «E’ come se ogni anno si ingranasse una marcia in più». Nel solo 2005 sono raddoppiati i permessi di soggiorno per una cifra che supera in totale le 200 mila persone. Un incremento progressivo: nel 2006 entreranno almeno altre 300 mila persone, nel 2015 si dovrebbe giungere ad una presenza di 6 milioni di migranti a fronte di una popolazione data in costante calo. Si tratta di una modifica demografica che coinvolge tutte le società europee, che le sta rimodellando, malgrado ci si scontri con i ritardi e le inefficienze della politica. E la politica è stata il filo conduttore della presentazione.
La Caritas ha lanciato il segnale che può lanciare chi da tanti anni opera nel campo. Evidente la frattura fra il mercato formale e quello reale, nei rapporti di lavoro. A fronte di quote di ingresso previste per il 2005 di 99500 “contratti di soggiorno” a vario titolo, sono state presentate il doppio delle domande. » noto – sono vicende di questi giorni – che per l’anno in corso a fronte di 170 mila posti disponibili sono state presentate finora 485 mila domande. Lavoratrici e lavoratori della cui sorte – secondo Pittau – è necessario farsi carico.

Alla presentazione sono intervenuti oltre a Franco Pittau, monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas Diocesana di Roma, Fabio Sturani, Vicepresidente dell’Anci con delega all’immigrazione, Jean Leonard Touadi, giornalista e docente all’Università di Milano e padre Bruno Mioli. Della “Fondazione Migrantes”.

Tutti hanno avvertito la speranza di avere ora un interlocutore in grado di dare risposte più ambiziose e di prospettiva, l’apertura di un processo di partecipazione in grado di coinvolgere i diversi soggetti in campo. Con i diversi linguaggi propri delle singole competenze, si è ribadita con nettezza una idea di società aperta, pronta a rinnovare le proprie regole: dall’adeguamento del concetto di cittadinanza, su cui si può incidere sin da subito con chi è nato in Italia da genitori stranieri, alla garanzia di poter esercitare il diritto di voto. Ma più che sulle singole cose da fare gli interventi hanno espresso una forte criticità in merito a quanto avvenuto negli ultimi anni: «Non basta abrogare l’impianto repressivo della precedente legislazione – ha ribadito Padre Mieli – non si può neanche pensare di tornare alla Turco Napolitano». Si è evidenziato come tutte le politiche escludenti siano foriere di conflitti e di discriminazioni. Per chi opera su questi temi non esistono infatti “regolari” e irregolari” esistono persone, e chi è più debole, meno garantito, ha ancora più bisogno di essere tutelato. Jean Leonard Touadi ha voluto parlare da cittadino africano: «Non è l’Europa ad essere sotto assedio, è il mio continente, con le sue povertà, le sue guerre, le sue politiche di sfruttamento. Non si può chiedere a chi vive in Africa di non emigrare e poi imporre le proprie scelte economiche e politiche». Touadi è stato impietoso parlando delle tante nefandezze viste e conosciute: dalle espulsioni illegali verso la Libia alla vergogna dei Cpt, Sturani ha dato voce agli stessi punti nodali del programma dell’Unione e ha insistito sulla necessità che si arrivi al diritto di voto utilizzando una proposta di legge già elaborata dall’Anci, che prevede una modifica alla legge ordinaria, ma ha anche ribadito che va invertito in tempi brevi il rapporto fra le spese che il governo utilizza per contrastare l’immigrazione clandestina e quelle utilizzate per includere, un rapporto che per ora è di 4 a 1. Il tema della fuoriuscita dalle condizioni dell’irregolarità è stato uno dei fili conduttori degli interventi, sempre Padre Mioli ha ricordato che nel documento programmatico triennale sull’immigrazione, realizzato sotto il precedente governo, alla prima pagina si ripeteva in continuazione il tema del contrasto alla clandestinità ed ha chiesto al nuovo governo la realizzazione di un nuovo documento che ragioni in termini di integrazione e di accoglienza. Gli interventi si sono spinti anche più in avanti, si è addirittura ipotizzata l’idea che la gestione dei flussi divenga competenza di una agenzia delle Nazioni Unite, un passo in avanti verso la libertà di circolazione. All’appello della Caritas sono giunte immediatamente risposte dal governo, presente con la sottosegretaria alla Solidarietà Sociale, Cristina De Luca. Il ministro di tale dicastero, Paolo Ferrero ha rapidamente inviato una nota in cui plaude l’intervento della Caritas che, insieme ad un vasto schieramento sociale, chiede così al governo di intervenire con un nuovo decreto: «Quei dati e quelle richieste rappresentano la base per definire i prossimi provvedimenti, stupisce invece la sordità della destra». Dello stesso tenore le dichiarazioni della sottosegretaria agli interni Marcella Lucidi, che sottolinea l’importanza di abbandonare qualsiasi logica emergenziale di fronte ad un fenomeno strutturale. Per Roberta Fantozzi, responsabile immigrazione Prc: «La conoscenza e la consapevolezza della Caritas demistificano luoghi comuni e impongono un cambiamento netto delle scelte politiche finora realizzate, mettendo all’ordine del giorno la centralità dei diritti della persona, dei nuovi cittadini». Quando ad ottobre il dossier sarà pronto, si vedrà già se ci sono i segnali di una forte discontinuità con il passato.