Cipro ha un presidente comunista – Si torna a sperare nell’unificazione

L’elezione del comunista Dimitris Christofias a presidente della repubblica cipriota accende le speranze per una risoluzione della questione cipriota, rimasta in stallo diplomatico per 35 anni.
Nel ballottaggio di domenica il segretario del Partito progressista dei lavoratori (Akel), grazie anche all’appoggio delle forze di centro, è riuscito a raccogliere il 53,36% dei voti, contro il 46,64% che ha preso il suo avversario di destra, Jannis Kasoulidis.

«La salvezza e la riunificazione di Cipro in una società più giusta è la nostra ideologia», ha dichiarato Christofias, appena è stato reso noto il risultato della consultazione. A due passi dalla divisione definitiva dell’isola, una ripresa delle trattative – grazie alla mediazione dell’Onu – sarebbe nell’interesse di tutti i ciprioti, rafforzerebbe l’Ue e aumenterebbe le probabilità di convergenza con la Turchia.

È la prima volta nella storia della repubblica cipriota, fondata nel 1960, che un comunista ha conquistato la presidenza, anche se parecchie volte nel passato dirigenti del partito, che tiene la maggioranza nel parlamento, avevano partecipato in governi di coalizione.
Nel momento in cui domenica sera tutti i leaders, compresi quelli della destra, si congratulavano con il nuovo presidente, una parte della gente aveva paura per «l’arrivo dei rossi al potere». Una fobia che ha contagiato gli stessi dirigenti comunisti, che hanno preferito non sventolare bandiere rosse durante i festeggiamenti per le strade.

D’altra parte, ed era la prima volta che succedeva, oltre ai grecociprioti, hanno manifestato, arrivando dai territori occupati, anche turcociprioti che al nuovo presidente chiedono, se non la risoluzione della questione cipriota, almeno una riconciliazione delle due comunità, separate dall’invasione turca nel 1974, e soprattutto la loro uscita dall’isolamento.
Immediata è stata anche la reazione della leadership turcocipriota. Durante una comunicazione telefonica tra il nuovo presidente e il leader turcocipriota, Mechmet Talat, i due uomini hanno stabilito un incontro nei prossimi giorni per riallacciare il dialogo tra le due comunità, con la mediazione dell’Onu.
Per il momento non ci sono state reazioni ufficiali, ma, a sentire fonti diplomatiche, Washighton e Londra preferirebbero Christofias piuttosto che Kasoulidis, un comunista a un conservatore, perché «è meglio averlo al tavolo delle trattative che contro di noi, alla testa di manifestazioni di protesta». Christofias sarà il primo capo di stato comunista nell’Europa dei «27», ma è forse l’unico leader capace d’imprimere un cambiamento di rotta verso la riunificazione delle due comunità cipriote, grazie anche ai suoi buoni rapporti con le forze moderate turcocipriote. La domanda che ci si pone ora è «quale soluzione?».
Se da una parte Christofias è favorevole a un’apertura e un dialogo più intenso con i turcociprioti, dall’altra deve ottenere consensi tra le forze grecocipriote per abbattere l´intrasigenza di Ankara e soprattutto deve fare i conti con il Partito Democratico (Diko), grazie al quale è stato eletto.
Il presidente uscente, Tassos Papadopoulos, uomo forte del Diko e considerato un falco, si era opposto e tuttora continua a osteggiare non solo il contenuto del piano di pace presentato quattro anni fa dal segretario dell’Onu, Kofi Annan, (contrari erano allora anche i comunisti), bensì tutta la sua filosofia.

Gli equilibri, insomma, nel nuovo governo di coalizione saranno difficili e non è da escludere una rottura dell’alleanza tra comunisti e Democratici. Già nelle elezioni europee del 2004, l’Akel aveva fatto registrare una perdita di 7 punti percentuali. Un calo dovuto ai malumori che si erano creati in seno al partito, a causa del «no», ma anche al malcontento dovuto alle eccessive aspettative nei confronti della partecipazione dei comunisti al governo.

La cosa certa è che Christofias, di fronte al pericolo di una divisione de jure dell’Isola, farà di tutto per riconciliare i greco e i turco-ciprioti. L’Akel, come ha detto il nuovo presidente cipriota, resta favorevole a una soluzione che preveda una federazione bizonale e bicomunale che «salvaguarda il fatto che i padroni di questo paese siano i grecociprioti e i turcociprioti».
I grecociprioti, in altri termini, devono dimostrare che ai turcociprioti sarà garantito in ogni caso il mantenimento dell’autonomia amministrativa, iniziando a permettere loro di commerciare con l’Ue e di ricevere direttamente gli aiuti da Bruxelles.

Una soluzione delle controversie, dall’altra parte, che presuppone l’allontanamento dell’esercito turco dall’isola, permetterebbe ai grecociprioti di recuperare i territori occupati dai coloni turchi e di aprire nuovi mercati, come anche al resto degli europei. Per la Turchia, inoltre, la soluzione della questione avrebbe tolto dal mezzo uno dei punti più controversi nei suoi rapporti con l’Ue.
Finora però, né il governo di Ankara ha realizzato l’impegno preso nel 2005 di aprire il proprio spazio aereo ed i propri porti ai grecociprioti, né i comunisti grecociprioti e i turcociprioti moderati hanno proposto l’apertura della via Lidra, cioè di quella strada principale di Nicosia, e punto commerciale della città, chiusa dall’invasione turca del 1974, che da allora separa ancora le due comunità.