Cipputi alza la voce: contratto subito

In lotta. Arrabbiati e decisi. I metalmeccanici sono tornati ieri a scioperare in diverse zone d’Italia per chiedere il rinnovo del contratto di lavoro. E per ricordare a imprenditori e opinione pubblica che le loro buste paga, spesso falcidiate dalla cassa integra-
zione, rischiano ormai di diventare invisibili. «Una partecipazione quasi totale» che ha paralizzato l’attività produttiva negli stabilimenti interessiti – dicono Fiom, Fim e Uilm. Mentre presidi e blocchi stradali hanno portato la protesta a Torino e a Pomigliano d’Arco.
Nel capoluogo piemontese lo scioperoi ha interessato 300 fabbriche e decine sono stati i presidi dei lavoratori nei punti nevralgici per la circolazione. Blocchi hanno rallentato il traffico lungo la superstrada per Caselle, all’imbocco della tangenziale, al casello di Chivasso sull’autostrada Torino-Milano, lungo la statale per la val di Susa, in corso Francia. Altri operai – della Bertone, della Pininfarina, della Lear – hanno lavorato di fantasia e in corso Allamano, nella zona ovest di Torino, si sono improvvisati lavavetri ai semafori, «Dobbiamo arrotondare lo stipendio» – hanno spiegato agli automobilisti. Mentre all’Iveco, all’Alenia di Caselle, davanti alle aziende di Grugliasco, di Venaria, della valle di Susa, ci sono allestiti presidi, blocchi dei cancelli e delle merci. Gli unici a mancare all’appello i lavoratori di Mirafiori. Ma per un motivo preciso. Nello stabilimento Fiat è in corso la cassa integrazione: lì si sciopererà il 9 novembre, quando tutti saranno di nuovo in fabbrica.
A Torino, ieri mattina, erano in corso le esercitazioni per far fronte all’emergenza terrorismo. «Ma la vera prova d’emergenza – ha sottolineato il segretario generale della Fiom provinciale, Giorgio Airaudo – l’hanno fatta i metalmeccanici. L’emergenza è il salario dei lavoratori, bloccato dall’ottusità di Federmeccanica e falcidiato da una crisi che vede il torinese capitale della cassa integrazione in Italia». Con un avvertimento. Se Federmeccanica non muterà atteggiamento dimostrando una reale volontà di raggiungere un accordo per il contratto, la protesta proseguirà «in modo sempre più visibile e deciso». Anche perché la condizione di 170mila metalmeccanici torinesi, il 10 per cento del milione e 700mila tute blu italiane, «non può diventare invisibile». Nonostante finora i mezzi di comunicazione abbiano fatto di tutto per tenere la vertenza nascosta. A Torino – dove tra l’altro il blocco della contrattazione aziendale in Fiat ha fatto dei metalmeccanici locali i più poveri del paese – come nel resto d’Italia. «Possiamo durare – sottolinea Airaudo -, la riuscita degli scioperi di oggi (ieri per chi legge, ndr) in pieno orario di lavoro lo dice chiaro».
Per chiedere il rinnovo del contratto, le tute blu non hanno incrociato le braccia solo a Torino. Circa 2mila lavoratori della Fiat Auto di Pomigliano d’Arco, in servizio al primo turno, ieri mattina hanno occupato per un paio d’ore i binari della stazione della Circumvesuviana. «Abbiamo arrecato un disagio ai cittadini e ce ne scusiamo – dice Giovanni Sgambati, segretario della Uilm-Campania – ma la protesta si è resa indispensabile per dare visibilità ad una categoria che da dieci mesi non riesce a modificare la posizione di Federmeccanica». E non è finita. Gli scioperi continuano, articolati per territorio, in tutto il paese fino all’11 novembre, quando a Milano si riunirà l’assemblea nazionale dei delegati di Fiom, Fim e Uilm per decidere nuove iniziative di lotta.