Cimoli non convince più

Epifani critica l’esclusione del Sult. E le banche: il piano industriale va cambiato
La farsa legale In una lettera ai dipendenti, Alitalia cita il parere giuridico di un «esperto al di sopra delle parti»: ma si tratta solo dell’avvocato dell’azienda

Sempre a mezza strada tra la tragedia e la farsa. Sembra il destino del trasporto pubblico italiano dopo la «liberalizzazione» e l’inizio della «privatizzazione». Eppure non mancano i soggetti seri; solo che non stanno mai nella stanza dei bottoni. Un esempio di serietà si è avuto ieri, quando il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha sciolto ogni dubbio sulla posizione della sua organizzazione nello scontro che oppone l’ad Cimoli al sindacato di base Sult, disconosciuto come controparte sindacale nonostante sia maggioritario tra gli assistenti di volo: «Togliere l’agibilità a un sindacato il giorno prima che scatti la franchigia è un’operazione insensata». La Cgil, naturalmente, non condivide affatto le posizioni del Sult («che non si è impegnato nell’operazione di provare a risanare l’azienda»), ma ad Epifani non sfugge la gravità della mossa di Cimoli, che rischia di fissare un precedente devastante nelle relazioni industriali italiane. «Cosa sarebbe successo – si chiede – se Federmeccanica, di fronte al fatto che la Fiom non aveva firmato il contratto dei metalmeccanici, avesse fatto la stessa cosa?». Una domanda che evidentemente Nicoletta Rocchi, della segreteria nazionale, con delega ai trasporti, non si era posta con la stessa chiarezza, arrivando a dar ragione all’ad di Alitalia.

Pesa probabilmente anche il dibattito interno alla Cgil, impegnata nella preparazione di un congresso in cui il tema della democrazia sindacale è centrale. Le dichiarazioni di Cremaschi, Nerozzi e molti altri avevano dato bene il senso del disagio generale dell’organizzazione nei confronti di una presa di posizione «sdraiata» su quelle dell’azienda. Il Sult accoglie come «certamente positiva in linea di principio» la puntualizzazione di Epifani. E tramite Fabrizio Tomaselli, auspica anche un «diverso atteggiamento da parte della Filt (la federazione Cgil del trasporto, ndr), che fin qui è stato molto negativo».

Ma il baricentro delle discussioni intorno ad Alitalia sembra essersi in questi giorni definitivamente spostato: dai difficili rapporti sindacali (con l’eliminazione del sindacato «che non ci sta») alle falle di un piano industriale che va ormai corretto in molti punti. Fatto importante, perché proprio la mancata firma di un accordo applicativo di questo piano industriale è stata la ragione del disconoscimento del Sult. Che ora chiede polemicamente: «è un reato non sottoscrivere un piano industriale – prerogativa dell’azienda e non del sindacato – che deve essere corretto e rivisto, come chiesto da più parti in causa?». Tra queste, addirittura, ci sono le banche che dovrebbero garantire l’aumento di capitale previsto per ottobre.

La tragedia della compagnia di bandiera – da anni sempre sull’orlo del fallimento, nonostante tagli sanguinosi all’occupazione e al costo del lavoro e megafinanziamenti statali – non sarebbe però completa senza un tocco farsesco. Il 25 agosto, stesso giorno della convocazione da parte del ministro Maroni, Alitalia inviava a tutti gli assistenti di volo una lettera «chiarificatrice» sul disconoscimento del Sult. Già la data chiarisce in effetti che Cimoli aveva già deciso cosa fare, qualsiasi cosa il ministro potesse dire. Soprattutto, però, ribadiva il pretesto posto a fondamento giuridico di quella decisione: una sentenza del tribunale di Roma che non riconosceva al Sult il titolo per partecipare alle elezioni per le Rsu. Sentenza ovviamente impugnato e nient’affatto definitiva.

Non contento, però, Antonio Migliardi (direttore operativo e firmatario della lettera), citava il parere giuridico di «Marco Marazza, ordinario di diritto del lavoro all’università di Teramo», confessato al quotidiano L’Indipendente, che riconosceva all’Alitalia di aver agito «nel pieno rispetto delle regole». Sentenza e dottrina, insomma, stavano dalla parte dell’azienda. Ma chi è il prof. Marazza? Insieme al padre Maurizio, Raffaele Trodella e Domenico De Feo (anche lui docente a Teramo) rappresenta lo studio legale «Marazza e associati» specializzato nei settori «emergenti»: dinamiche retributive, mercato del lavoro, organizzazione del lavoro, processi di riorganizzazione. Tra i propri clienti può vantare aziende che sono spesso al centro di furiose vertenze di lavoro, come Autostrade, Telecom, Gruppo Cos, Rai, Rete Ferroviaria Italiana, Generali, Tirrenia Navigazione, Vitrociset, Fiorucci, Finsiel, Sogei, Eurofly. Ma la prima della lista è naturalmente Alitalia.

C’è qualcuno in Italia che non si sia sentito sicuro di stare nel giusto perché «me l’ha detto il mio avvocato»?