Un nuovo contratto mette la Cgil nella bufera: si tratta dell’intesa siglata tra i chimici di Filcem, Femca e Uilcem e le controparti Federchimica e Farmindustria. Un contratto che è piaciuto al presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo – che lo subito ha elogiato pubblicamente – ma che sta creando non poche polemiche dentro la confederazione guidata da Guglielmo Epifani. Ci sono infatti due punti cardine che contrastano con le politiche generali della Cgil e con lo stesso documento conclusivo dell’ultimo congresso di Rimini, chiuso poco più di due mesi fa: il primo, la possibilità di derogare al contratto nazionale, anche se non sui minimi tabellari e sui «diritti indisponibili» dei lavoratori. Ma in tante altre voci chiave, a cominciare da quella dell’orario di lavoro, sì. C’è poi il tema precarietà e legge 30, con l’accettazione di alcuni istituti della cosiddetta «Biagi», oltre a un intervento sulla normativa dei contratti a termine, che andranno a peggiorare le attuali condizioni dei lavoratori. Il timore è che queste scelte – soprattutto la prima, fortemente simbolica – possano scivolare «a valanga» su tutti gli altri contratti, con la possibilità offerta agli imprenditori di chiedere nelle prossime trattative una deroga al contratto nazionale.
Vediamo punto per punto cosa prevede il nuovo contratto. Innanzitutto, come si è detto, il nodo «deroga»: si stabilisce che d’ora in poi le imprese potranno chiedere alle Rsu di derogare in peggio il contratto nazionale su tutto quanto esula dai minimi tabellari e diritti indisponibili. Ovvero, ad esempio: maggiorazioni di turno, gettoni per il lavoro notturno, premi di risultato, erogazione della quattordicesima, e, soprattutto, orari di lavoro. La deroga dovrà essere approvata da una «Commissione nazionale contrattazione», formata da 2 esponenti delle imprese e tre dei sindacati, una per ogni sigla. Approvazione che dovrà avere l’unanimità.
E’ dunque questo uno dei punti più controversi dell’accordo. A parte le critiche di molti delegati e strutture regionali – che stanno pensando di auto-convocare un’assemblea nazionale – dalla Cgil nazionale si è pronunciato pubblicamente solo Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom. Ma nella stessa Fiom ci sarebbero diverse contrarietà, come anche Epifani avrebbe espresso delle perplessità. «Quella conclusione – spiega Cremaschi – contiene un punto negativo particolarmente grave. In un testo contrattuale nazionale si stabilisce per la prima volta il principio della possibile deroga dalle norme contrattuali nelle sedi aziendali. Pur escludendosi il peggioramento delle paghe e dei diritti individuali, tale clausola apre la via al peggioramento dei limiti relativi agli orari e di tutte le condizioni dell’organizzazione del lavoro». «Si apre così – continua – la strada a un ruolo assai diverso del Contratto nazionale che rischia di diventare una cornice che definisce regole e diritti i quali, poi, potranno essere limitati o peggiorati in sede aziendale. La sottoscrizione di questa clausola è in totale contrasto con le scelte della Cgil e, pertanto, deve essere discussa». Controbatte Alberto Morselli, segretario generale Filcem: «Non abbiamo bisogno di sacerdoti che recitino dogmi – ha risposto dalle colonne del Corsera – Invito Cremaschi a leggere il contratto: prevede una commissione nazionale congiunta che deve esprimere un parere all’unanimità su eventuali accordi stipulati in aziende in crisi in deroga temporanea al contratto nazionale. Senza il via libera unanime questi accordi non potranno avere effetti. Si tratta di un compromesso ragionevole».
Tra i delegati e funzionari che hanno espresso critiche, ci sono Giuseppe Stoppini, Rsu Unilever di Casalpusterlengo, e Dario Filippini, segretario della Filcem di Brescia. Spiegano che il contratto pone problemi anche sugli scioperi: «Si prevede una procedura di raffreddamento di 5 giorni più 5, prima di poter proclamare uno sciopero, che va peraltro preannunciato 48 ore prima. E questo per tutti gli impianti, anche fuori dalle produzioni pericolose, ovviamente già previste nel vecchio contratto». Peggiorati i contratti a termine, prorogabili non più fino a 24 mesi ma fino a 48. Normata la somministrazione: il vecchio interinale prevedeva massimo due anni, adesso se ne potranno fare 5 nell’arco di 78 mesi, con aumento della percentuale dal 12% al 18% (in un 25% di atipici complessivi rispetto all’occupazione totale). L’apprendistato migliora nei trattamenti economici e fissa la percentuale di conferma al 70%, ma con una franchigia alle imprese che hanno fino a 4 apprendisti.