Chiesto un riscatto: «Non pagheremo»

Abbiamo incontrato il Dr. Ahmed Youssef, consigliere politico del premier palestinese Ismail Haniyeh domenica pomeriggio a Gaza City. A pochi minuti dal termine dell’intervista è giunta la rivendicazione dell’uccisione di Alan Johnston, a cui non sono seguite conferme. Il Dr. Yousef, moderato (Hamas) ha trascorso circa 20 anni negli Usa ed ha scritto, racconta, 24 libri sul conflitto israelo-palestinese, sul movimento islamici palestinese, esperto della crisi islamica in Algeria (3 libri) e dell’islam in occidente.

Dr. Yousef, Come reagirà la rappresentanza governativa di Hamas se continuerà l’isolamento internazionale?
Prima potevamo capire l’embargo dell’occidente per il significato attribuito al movimento Hamas al governo. Ma dopo la formazione del governo di unità nazionale non ci aspettavamo il proseguimento delle sanzioni. Noi ora siamo dunque la voce del popolo palestinese. E chiediamo all’occidente che sempre parla di democrazia di rispettare la scelta dei palestinesi.

Quali saranno le conseguenze?
Se l’occidente insite a continuare con stessa politica di pressione, sanzioni, isolamento, i palestinesi finiranno per pensarla diversamente. E se anche gli arabi, i paesi musulmani, falliranno nel rompere l’embargo e l’isolamento ed il governo la gente si chiederà, come anche i politici, a che serva avere un governo di unità nazionale, che cosa significa avere un autorità palestinese. Questo porterà al collasso dell’Autorità palestinese, porterà al caos totale, senza sicurezza per noi o per gli israeliani. Se gli europei hanno a cuore veramente la stabilità nella regione dovrebbero aprire la porta ai palestinesi. Ora Abbas ha pieno mandato di negoziare con Olmert. Se riesce in questo mandato in due anni, bene. Altrimenti avremo le elezioni presidenziali che potrebbe vincere qualcun altro. La palla ora è nel campo della comunità internazionale.Se i palestinesi giungeranno alla conclusione che gli israeliani stanno solo facendo giochi la sola alternativa sarà il ritorno alla resistenza.

Ma uno dei presupposti del governo di unità nazionale, per ammissione stessa del presidente Abbas non era evitare una guerra civile tra palestinesi? C’è questa prospettiva?
Abbas ha detto che ci sarebbe stata la guerra civile se avessimo fallito nell’accordo di governo. Se il fallimento sarà da attribuire alla comunità internazionale, a Israele, allora i palestinesi e anche il presidente Abbas stesso, dirà che non c’è futuro e la sola via che rimasta è la resistenza. Questo significa che lotteremo fino alla fine della occupazione. Ora abbiamo teso la mano per la pace e chiediamo con insistenza alla comunità internazionale di fare qualcosa. L’alternativa unica altrimenti è la resistenza.

Oltre alle milizie caratterizzate dall’appartenenza politica a Gaza ci sono i clan. Famiglie fuori controllo, tipo quella che, secondo voci che circolano a Gaza, tiene sotto sequestro Alan Johnston. Parliamo di un clan di 11mila persone.
La reputazione di un intero gruppo familiare non può essere rovinata da alcuni individui che vi appartengono. Se solo alcuni commettono illeciti non è giusto criminalizzare l’intera famiglia. Ad ogni modo con l’unità riusciremo anche ad ottenere una migliore collaborazione tra le fazioni e i gruppi.

Come vi farete ascoltare? E come mai il sequestro Johnston continua?
Abbiamo piani su come liberarlo, ma siccome c’è pericolo che qualcuno possa restare ferito o ucciso il governo britannico preferisce che non si intraprenda un azione (di forza, n.d.r.) e nemmeno pagare un riscatto. Questa volta il governo (palestinese) farà pressione per il rilascio e non permetterà che i responsabili restino impuniti.

Allora il riscatto è stato chiesto.
In passato tutti questi casi di rapimenti erano per screditare il governo di Hamas, ma questa volta abbiamo un governo di unità e tutti gli apparati di sicurezza sostengono il presidente ed il primo Ministro così lavoreremo tutti insieme per liberare Alan e fare pressione sui rapitori, non si pagherà il riscatto. Devono rilasciarlo senza condizioni.

Ma è stato chiesto un riscatto?
Ne ho sentito parlare. Non sono sicuro, ma ho sentito di alcune cifre.

Qui si dice che tra la famiglia si rivendano l’ostaggio e così il prezzo sale.
Forse, ma questa volta il governo gli vuole (ai rapitori, n.d.r.) anche insegnare una lezione perché questa vicenda sta danneggiando la causa palestinese ed il popolo palestinese.Non ci arrenderemo a richieste di riscatto.

Ma avete ricevuto richiesta di riscatto, è chiaro.
Si ma non ci arrenderemo al pagamento di un riscatto. Inoltre queste persone dovranno essere punite.

C’è una parte in Hamas contraria al nuovo governo? Mi riferisco all’ala che fa capo agli ex ministri Zahar e Siam.
No, non c’è spaccatura, ma è come in ogni movimento ci sono opinioni diverse su come opporsi all’occupazione e sulla percezione del governo di unità nazionale, sul significato del governo di unità nazionale. Hamas è una di quelle organizzazioni che ha un gabinetto di consultazione in cui si discute delle decisioni da prendere. Non è un movimento one man Show come Fatah dei tempi di Abu Ammar (Yasser Arafat, n.d.r.). Siamo un istituzione in cui esiste un consiglio della Sura in cui si decide in che direzione andare.

Ma si delineano correnti diverse?
L’ingresso nell’esecutivo da parte di Hamas. Significa seguire la piattaforma di governo. Se io parlo per il governo devo seguire l’agenda di governo.

Ma la piattaforma è accettata in Hamas?
Credo che la maggioranza segua i suoi leader e nel momento in cui si è accettata partecipazione si accetta un cambio di strategia, un cambiamento drastico in Hamas che comincia a credere nella spartizione di poteri. Occorrerà un po’ di tempo affinché tutti si adattino a questa transizione, affinché tutti possano accettare o capire. Ma tutti sono convinti che sia la cosa giusta da fare. Non c’è disapprovazione tra la gente, ma c’è chi la pensa diversamente. Noi come movimento lasciamo che ognuno decida e cerchi di capire perché siamo andati in questa direzione.

Per voi quali sono i confini su cui Abbas ha mandato di negoziare con Olmert?
West Bank, Gaza e Gerusalemme capitale.

Dunque accettate l’esistenza di Israele
Se si ritirano sui confini del ’67 allora c’è possibilità di accettare la pace con gli israeliani. Ma devono dimostrare di volere davvero la pace.