Chiamata internazionale

Povero Bersani: tutto preso dagli scampoli di liberalizzazione – orari dei barbieri e ricariche telefoniche – non si è accorto che pezzi importanti d’Italia finiscono all’estero privando l’economia di settori tecnologicamente avanzati. Il riferimento è a Fastweb che sta per prendere la cittadinanza svizzera e a Telecom destinata (da Tronchetti Provera) a emigrare in Spagna, nella scuderia Telefonica, ma che forse sarà «salvata» dalle banche. Ieri il ministro dello sviluppo economico, messo da parte il tradizionale aplomb, ha detto agli industriali che fanno un po’ schifo: «non raccolgono le sfide della liberalizzazione e dell’innovazione».
Bersani ha ragione: l’Italia non brilla nei settori tecnologicamente avanzati soprattutto perché la ricerca è nulla. Gli imprenditori preferiscono spendere soldi per investire nei settori protetti: non è casuale la campagna contro le multiutility municipali nate – nessuno lo ricorda mai – oltre un secolo fa, nel 1903, grazie a Giolitti che in questo modo volle estendere una pluralità di servizi a popolazioni che ne erano prive perché anche un secolo fa i padroni investivano solo in quello che garantiva profitti immediati.
L’Iri è stata smantellata, tutte le sue imprese privatizzate. E molte – soprattuto le industriali e quelle della distribuzione – sono finite in mani estere. Poche, purtroppo, sono state valorizzate; la maggior parte (soprattutto nell’alimentare) sono divenute aziende anonime riconoscibili solo per il marchio glorioso, dietro il quale spesso non c’è valorizzazione dei prodotti di base italiani. Gli imprenditori italiani hanno preferito investire nelle banche e nei monopoli naturali. E’ così che i Benetton si sono trasformati in casellanti d’autostrada, perdendo parte della vocazione industriale. E così, un po’ per volta, sono finite in mani estere l’elettronica, l’informatica, la chimica fine e in particolare l’industria farmaceutica.
L’Italia è diventata grande consumatrice di prodotti fisicamente costruiti nel nostro paese, ma progettati all’estero. Insomma, salvo rare eccezioni, i centri decisionali delle multinazionali non sono domiciliati in Italia. Nel settore delle telecomunicazioni è accaduto la stessa cosa. All’inizio era tutto italiano (Telecom e Tim) e pubblico. Poi è arrivata Omnitel (prima De Benedetti, poi Colaninno) e poco dopo Wind. Poi è scoppiato il caos: Telecom è stata privatizzata malamente – allora le banche fecero le schizzinose – è divenuta terra di conquista e strada facendo si è caricata di debiti visto che i vari padroni che la conquistavano le scaricavano addosso i debiti fatti per la scalata.
Intanto però Omnitel è finita in mani inglesi (buone); Wind in mani egiziane (misteriose) e ora Fastweb (la più tecnologica del gruppo) rischia di finire in mani svizzere. Pubbliche, visto che la Confederazione gli affari li sa fare. Nel settore tlc a difendere l’italianità sono rimaste Tiscali (idea geniale) e Telecom, la cui rete è un monopolio naturale che sarebbe pericoloso privatizzare. Per questo il governo oggi benedice le banche che vogliono conquistarla.