IL CASO
Il segretario avrà il voto critico dell’Ernesto. Il voto svogliato dell’area Erre. E per i trotzkisti c’è libertà di coscienza
Alla vigilia dell’apertura della Festa nazionale di Liberazione a Roma, s’infiamma nel Prc la polemica sulle primarie e sulla candidatura del proprio segretario. Aspre critiche giungono, infatti, dai gruppi di minoranza interna. Uniti nel giudizio profondamente negativo nei confronti di uno strumento «che porta all’americanizzazione della politica italiana». Divisi sull’opportunità di recarsi alle urne il 16 ottobre per votare Bertinotti.
«Le primarie, invece di allargare la democrazia, alimentano il presidenzialismo, il leaderismo e la personalizzazione della politica» attacca Claudio Grassi, coordinatore dell’area de “L’Ernesto” (27% all’ultimo congresso). «In questi giorni – spiega Grassi – sento gli stessi discorsi che si facevano al momento dell’introduzione del sistema maggioritario: oggi come allora si dice che i cittadini potranno scegliere direttamente i candidati. In realtà è avvenuto l’opposto. Si confonde il populismo con la reale partecipazione democratica».
La principale forza di opposizione interna ritiene che altre dovrebbero essere le preoccupazioni del partito. A partire dal nodo del programma, vero terreno di confronto (e di scontro) con il centro della coalizione. «Quale sarà la politica estera dell’Unione? – si chiede con preoccupazione Grassi – E la politica economica? Quali saranno i contenuti: quelli di Rutelli o quelli della sinistra alternativa? Ed è possibile trovare un compromesso?».
Detto questo, ribadiscono da L’Ernesto, «non c’è dubbio che voteremo Bertinotti e lavoreremo perché abbia il risultato migliore possibile. Più voti prende lui, più sarà agevole introdurre nel programma quegli elementi che noi riteniamo essenziali».
«Bertinotti vuole spostare a sinistra l’Unione. Ma, oggi, questo vuol dire spostare a sinistra Montezemolo e Unipol. È questo il progetto originario di Rifondazione?», commenta ironico Salvatore Cannavò, del gruppo di “Sinistra critica”, che, comunque, non pare intenzionato a far mancare i propri voti al leader Prc il 16 ottobre. «Votare Bertinotti è l’ultimo dei problemi – spiega – È il segretario del mio partito e quindi lo sosterrò». Ma netta rimane la critica alle primarie e alla strategia portata avanti dalla maggioranza del partito. Due i motivi di scontro: non aver coinvolto la direzione nazionale sulla discussione delle primarie e aver accettato di candidarsi ancor prima di parlare di programma: «In questo modo – sottolinea – Fausto è entrato in una logica di governo, ha portato Rifondazione nell’Unione senza mai aver affrontato la questione dei contenuti».
È un attacco a tutto campo quello che arriva, invece, da Marco Ferrando, leader dell’area trozkista di Rifondazione. Un affondo a 360 gradi contro l’Unione («abbiamo un’ostilità aperta contro il centrosinistra»), contro Prodi («vuole un’investitura di tipo plebiscitario»), contro Bertinotti («candidandosi, sancisce una mutazione profonda del Prc, definitivamente trasformato in ala sinistra della coalizione»). E non risparmia neanche i movimenti («lavorando per una propria candidatura alle primarie fanno una cosa innaturale rispetto alle ragioni sociali che vogliono difendere») e le altre minoranze interne al partito («tranne noi, nessun’altra pone la questione della rottura con il centro»). Radicalmente alternativa la sua proposta: «L’asse della nostra politica è l’unita delle sinistre e la rottura con il centro». In questo scenario, è logico pensare che difficilmente Bertinotti riceverà alle primarie il sostegno della minoranza trozkista. Anche se, sul tema Ferrando non si sbilancia: «Votare o non votare? Sarà una decisione sofferta per molti compagni. Ognuno sceglierà in libera coscienza».
Resta a questo punto da vedere quanti decideranno di esprimere il proprio consenso, magari turandosi il naso, in favore di Bertinotti (accreditato, secondo l’Swg, del 16% dei consensi). Lo scenario è al momento imprevedibile. Per il Prc, le consultazioni di ottobre potrebbero trasformarsi in una vera resa dei conti.