Chi ferma i fascisti delle curve?

I PM «Terrorismo»: è questa l’aggravante che la Procura di Roma contesta ai quattro teppisti arrestati domenica sera in flagranza di guerriglia nei dintorni di Ponte Milvio, luogo simbolo dei lucchetti dell’amore ma anche terreno dell’assalto ultrà al commissariato
di polizia. Non era mai accaduto prima che la magistratura ipotiz-
zasse il terrorismo per le violenze sul tifo violento. Un’aggravante inedita – prevista dall’articolo 270 sexies del codice penale – che ha annullato i 4 processi per direttissima ai 3 laziali e un romanista, per accertare anche un’eventuale matrice politica che potrebbe esserci dietro agli assalti a caserme, posti di polizia e uffici pubblici, nel corso dei quali sarebbero stati anche urlati slogan inneggianti al fascismo. I pm Saviotti e Caputo, coordinati dal capo del pool antiterrorismo Ionta, procedono tra l’altro per violenza, lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Ai 4 si contesta di aver messo in atto una serie di azioni capaci di «destabilizzare o distruggere strutture politiche fontamentali, costituzionali, economiche e sociali» del Paese. E Antonio Manganelli, il capo della polizia, conferma: «Le curve sono appannaggio delle tifoserie di estrema destra. Tra le tifoserie vi è una conflittualità anche ideologica che ha determinato una sorta di lotta per la conquista del territorio». Non a caso i magistrati della capitale intendono estendere l’accusa di terrorismo soprattutto ai gruppi di teppisti che con le loro incursioni miravano a condizionare le decisioni delle istituzioni che gestiscono il mondo del calcio e lo svolgimento delle partite: Federazione, Lega, ministeri e prefetture. Roma, Milano, Bergamo e Taranto: queste le «piazze» più incandescenti del paese dopo la notiza dell’omicidio di Gabriele Sandri per mano di un poliziotto. Ma mentre a Milano e Bergamo (qui 8 arresti ieri) le indagini si starebbero incentrando sull’individuazione dei reati ordinari – e la Digos sta cercando di dare un nome ai volti dei tifosi protagonisti dei violenti attacchi al commissiariato milanese di via Novara e ai protagonisti della protesta sotto la sede Rai milanese – a Roma ai primi 4 fermi potrebbero aggiungersene presto molti altri. Magari con un «doppio binario» nei criteri di giudizio (processo per direttissima): proprio per distinguere i gruppi che avrebbero agito seguendo una strategia pianificata da quelli che si sono lasciati andare alle devastazioni nei dintorni dell’Olimpico.
Ma cosa è successo domenica a Roma? Per quattro ore, dalle 18 alle 22, gruppi organizzati di teppisti ultra della Roma e della Lazio hanno tenuto sotto scacco le forze dell’ordine. Una saldatura non causale: nuclei dell’estrema destra della Curva Sud (Roma) e quella della Curva Nord (Lazio) si sono da tempo «gemellati» per le identiche «opinioni» politiche. Intonano gli stessi cori contro i poliziotti «nemici» da combattere, entrambi hanno messo in mostra croci celtiche e striscioni antisemiti. Così domenica sera la strategia di questi gruppi si è materializzata in una fetta consistente di Roma Nord, agendo quasi in stile militare: prima l’assalto alla caserma «Giglio», poi quello al Coni. E ancora: l’agguato alle «divise» al Ponte Duca D’Aosta mentre altri teppisti isolavano gli accessi alla zona con delle transenne, dando sempre più la prova sul campo di gueniglia organizzata.
Ecco perchè va avanti senza sosta l’esame delle riprese delle telecamere fuori dalla caserma di via Guido Reni e del commissariato di polizia di Ponte Milvio. Se ci si fermasse ai 4 fermati bloccati per gli assalti e non si scardinasse l’eventuale struttura di questa organizzazione politica, tutti i provvedimenti per il calcio (decreto sugli stadi) sarebbero inutili. Prova ne è la contestazione del reato di terrorismo. Gerardo D’Ambrosio, magistrato dell’ex pool mani pulite ed oggi senatore Ulivo, commenta: «Reato di terrorismo per gli ultra? Eccessivo! Molto meglio una pena esemplare. Una pena data subito vale il doppio». Sullo stessa scia l’avvocato Giuliano Pisapia, Prc: «Dubito l’esistenza di una strategia politica. Il reato di terrorismo sarebbe una scelta che desterebbe forte perplessità di ordine giuridico ma anche di carattere pratico e avrebbe scarsa efficacia detenente».