Che succede in Costa d’Avorio?

Traduzione di l’Ernesto online

Sylvain Poosson è professore di Letteratura ispano-americana e direttore degli Studi Internazionali dell’Università di Hampton (Virginia, USA). E’ nato in Costa d’Avorio, dove ha studiato e lavorato come giornalista. E’ considerato un profondo conoscitore della realtà politica del suo paese.

– I media occidentali mostrano un Laurent Gbagbo ormai alle strette e contano le ore in attesa che le truppe di Ouattara, aiutate dalla Francia e dall’ONU, lo rimuovano dal potere. Siamo sicuri che ciò avverrà?

Si vede che la comunità internazionale non lo conosce. Gbagbo è capace di morire. Non credo che si arrenderà così facilmente ai soldati di Ouattara. Il problema è che l’informazione che arriva sul conflitto viene filtrata, soprattutto dalla stampa francese che racconta la storia ufficiale. Ma bisogna stare attenti soprattutto al fatto che, rispetto a temi internazionali in cui sono in gioco gli interessi della Francia, la stampa di questo paese cerca di assecondarli, quasi alla stregua di un suo dipendente.

– Perché la Francia ha interferito in Costa d’Avorio?

Uno dei principali punti della Piattaforma di Gbagbo per le elezioni di novembre riguardava un nuovo disegno della politica economica del paese, che inevitabilmente avrebbe colpito gli interessi della Francia e gli affari che questo paese ha nella nazione africana. L’85% della valuta che sostiene l’economia della Costa d’Avorio è depositato nelle banche francesi. La Francia ha 2.500 imprese in Costa d’Avorio e condivide con l’Inghilterra l’acquisto della produzione di cacao e di petrolio – base dell’economia ivoriana – del mio paese. La Costa d’Avorio guadagna, dalla vendita di questi prodotti, il 12% dei profitti che ottiene la Francia dalla loro rivendita. La minaccia che dovrebbe affrontare la Francia è la continuazione della presidenza di Gbagbo. Quando era ministro dell’Economia – tra il 1990 e il 1993 – Ouattara si impegnò a vendere tutte le imprese statali a capitali privati, in maggioranza stranieri. Parigi ne ebbe un enorme beneficio.

– Cosa ha fatto Gbagbo per cambiare questa realtà nei dieci anni della sua presidenza?

Non ha potuto fare molto. Assunse la presidenza nel 2000 e tre anni dopo le milizie ribelli del nord del paese, con armi e mercenari del Burkina Faso e l’appoggio nascosto della Francia, cercarono di andare al governo uccidendolo. Ouattara appoggio il golpe. Riuscì a salvare la vita, ma venne scatenata una guerra civile, in cui fu versato per le strade il sangue di centinaia di innocenti. Il paese risultò diviso in due: il nord sotto il comando dei ribelli, e il sud con Gbagbo che ha finito per negoziare su tutte le questioni del potere. Rimase alla presidenza, ma dovette nominare il leader dei ribelli, Guilliame Soro, come primo ministro. Da allora, non ha potuto fare un solo passo senza la minaccia di vedere il paese messo a ferro e fuoco. Ha perso il controllo della situazione.

– Il mandato presidenziale di Gbagbo fu vinto nel 2005. Perché si sono ritardate di cinque anni le elezioni?

Gbagbo ha commesso mille errori come presidente. Il principale è di avere permesso che la corruzione contaminasse ogni angolo del suo governo. Ma non fu lui a impedire che si svolgessero le elezioni: fu Soro, attraverso la minaccia permanente della violenza e il suo costante contributo alla divisione del paese, che non ha permesso la creazione di un clima propizio alle elezioni. A Soro e ai ribelli del nord conveniva mantenersi al potere in ragione degli affari illegali con il traffico del cacao. Anche nel novembre 2010, Gbagbo ha messo in guardia circa la mancanza di condizioni per elezioni democratiche, per il clima di violenza nelle strade.

– Perché non si è ancora riusciti a definire l’esito del processo elettorale di novembre?

Ouattara avrebbe ottenuto la presidenza se non avesse maltrattato tanto la popolazione. Le truppe ribelli hanno ucciso e seminato tanta paura da impedire loro di installarsi alla presidenza. Donne sono state violentate; migliaia di ivoriani sono stati assassinati da queste bestie, con l’autorizzazione della Francia, allo scopo di terrorizzare gli altri e di vincere le elezioni. Le elezioni non sono state né libere né democratiche. La Commissione Elettorale Indipendente, che ha dato la vittoria a Ouattara, ha 22 membri, di cui 20 sono seguaci di Ouattara. Quando i risultati provvisori sono arrivati alla Corte Suprema, questa autorità ha rilevato l’esistenza di brogli, ma non ha ordinato l’annullamento e lo svolgimento di una nuova consultazione.