Che confusione al museo egizio

Si aggrava a ogni giorno che passa la penosa commedia degli equivoci del Museo Egizio di Torino. Il ministro Buttiglione ha dichiarato a Rai Tre (nella trasmissione di Corrado Augias «Cominciamo bene» del 9 gennaio) che il patrimonio del Museo è stato conferito all’ apposita Fondazione il 19 dicembre scorso; la stessa cosa ripete Alain Elkann sulla Repubblica di ieri. Dato che il ministro ed Elkann (presidente della Fondazione Egizio) sono i firmatari dell’ accordo, siamo tentati di prenderli sul serio. Ma l’ atto convenzionale del 19 dicembre, ahiloro, dice tutt’ altro, e cioè (artt. 3 e 5) che il “conferimento” avverrà in futuro, «previa ricognizione inventariale dei beni ai sensi del regio decreto n. 1917/1927», e che il Ministero «si impegna a redigere distinti verbali di consegna dei beni da conferire in uso alla Fondazione». Solo «a ricognizione inventariale conclusa, il Ministero procederà alla formale consegna dei beni». In altri termini: non si dà conferimento senza consegna dei beni, e non si dà consegna dei beni senza ricognizione inventariale e relativo verbale. Tutto il resto è (a seconda dei punti di vista) un pio desiderio o un bluff. Insomma, cominciamo male. Elkann dice anche che il Consiglio Scientifico della Fondazione «ha dato il suo parere favorevole alla nomina del nuovo direttore del Museo». Anche questo non è esatto: come risulta dalle cronache di Marina Paglieri su Repubblica e di Maurizio Lupo sulla Stampa del 12 maggio 2005, la scelta del nuovo direttore è stata fatta dal Consiglio di Amministrazione (dove non siede nemmeno un egittologo), e il Consiglio scientifico, presieduto da Edda Bresciani e composto da altri esperti di prim’ ordine, ha appreso la nomina dai giornali. «Il Museo Egizio ha un nuovo direttore di fama internazionale, ha annunciato il presidente della Provincia Saitta all’ uscita del Consiglio di Amministrazione della Fondazione», scrive Lupo, «forse già domani la decisione sarà sottoposta al Consiglio scientifico». Prima decidere, poi annunciare alla stampa, infine consultare il Consiglio scientifico: Alain Elkann sa molto meglio di me che questa sequenza è esattamente l’ incontrario di ogni best practice internazionalmente consolidata. Non ho nessuna ragione di dubitare delle credenziali del nuovo direttore dell’ Egizio: ma più esse sono alte, più era opportuno che a riconoscerlo fossero in primis gli egittologi. Purtroppo non è tutto qui. Mario Turetta, che da capo della segreteria del ministro Urbani è diventato direttore regionale ai Beni culturali del Piemonte, ha emanato il 12 gennaio un ordine di servizio secondo il quale l’ intero personale dell’ Egizio, «pur continuando a dipendere organicamente dal Ministero, è posto funzionalmente alle dipendenze della Fondazione, la quale avrà cura di determinare autonomamente l’ organizzazione operativa, nell’ ambito, tuttavia, degli istituti di stato giuridico del personale ministeriale»; e ciò in attesa di arrivare a «uno specifico protocollo d’ intesa, che stabilirà l’ assetto giuridico ed economico del personale». Questo pasticciato provvedimento non solo è di legittimità quanto meno dubbia, ma viola in modo flagrante il contratto di servizio del 19 dicembre scorso, secondo cui il protocollo d’ intesa Ministero-Fondazione deve avvenire prima del trasferimento del personale, e inoltre richiede il consenso del personale stesso. C’ è poco da stupirsi che il sindacato Uil abbia già denunciato l’ ordine di servizio alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti. Questi contorcimenti e stravolgimenti sono dolorosi, specialmente perché rischiano di vanificare a Torino le importanti disponibilità manifestate in sede locale (Fondazioni San Paolo e Cassa di Risparmio), e di affossare nel Paese ogni idea di Fondazione museale. Le fondazioni museali, bisogna riconoscerlo, sono nate male, con una legge Veltroni del 1998 e un regolamento Urbani del 2001 che prevedono un vago “conferimento in uso” dei musei a fondazioni di diritto privato. Si è così favorita la confusione fra due modelli opposti, quello (virtuoso) dei privati che concorrono al buon funzionamento dei musei e quello (perverso) del museo-azienda che (recita un documento dello scorso novembre distribuito dalla presidenza del Consiglio e poi prontamente sconfessato) «deve produrre il reddito necessario a sostenere conservazione e fruizione». Meglio sarebbe stato (e sarebbe ancora) non intorbidare le acque, e concepire le fondazioni museali in parallelo alle strutture pubbliche di tutela e non, invece, come sovraordinate ad esse, con l’ inevitabile conflitto fra amministratori e tecnici che ne consegue. Se organizzate in modo opportuno, le fondazioni museali possono essere una straordinaria occasione per canalizzare non solo donazioni private, ma anche contributi di idee e di progetti. In questa partita importante e delicata il primo esperimento, quello del Museo Egizio, andava affrontato con alta competenza e pieno rispetto delle regole istituzionali e dei diritti del personale, e non girando a vuoto con frettoloso e approssimativo decisionismo.