dell’opposizione. E anzi, dopo il suicidio per eccesso di corruzione dei socialdemocratici di Ad e dei socialcristiani del Copei, sono stati dal 1998 a oggi, la sola e vera opposizione. Liberi di diffondere non solo le critiche dovute a un presidente certamente conflittuale ma anche le più oscene scempiaggini e gli insulti più spudorati. O peggio, come accade durante le 47 ore del golpe abortito dell’aprile 2002 e i due mesi del «paro» sindacal-padronale della fine di quell’anno.
Vendetta forse, anche se sarebbe più appropriato definirla risposta.
Chavez in dicembre, subito dopo aver vinto la dodicesima elezione popolare (e democratica…) dal ’98 ed essere stato trionfalmente rieletto presidente, aveva detto che la ventennale licenza di Radio Caracas Televesion non sarebbe stata rinnovata alla sua data di scadenza naturale: il 27 aprile 2007. E così sarà. A partire dal 28, il canal 2, sulle cui frequenze trasmette Rctv, si convertirà nella «prima televisione di servizio pubblico del paese», e sarà probabilmente affidato a cooperative di giornalisti impegnati nello sviluppo dei media comunitari, quella fitta rete di giornali scritti, radio e televisioni «dal basso» con cui Chavez prova a difendersi dall’assalto incessante dei grandi network, che col suo linguaggio sfumato lui chiama «la canaglia mediatica».
Marciel Granier, grande e multimiliardaio capo del gruppo 1BC – 40 radio e canali televisivi, oltre a Rctv -, l’ha presa male, ovviamente. Ha detto che la decisione del governo è «illegale», è «un attacco alla libertà d’espressione» e addirittura «viola i diritti umani». Il governo ha ribattuto che «il segnale appartiene allo Stato» che ha il diritto a concederlo in licenza (e di revocarlo), mentre «di proprietà privata» sono le infrastrutture che il governo si è detto disposto a comprare se Rctv gliele venderà (come è accaduto, a prezzi superiori a quelli quotati in Borsa, con le azioni di Cantv e Aes).
Di ragioni giuridiche, per non rinnovare la licenza a Rctv, ce n’erano a bizzeffe. Dall’articolo 58 della costituzione bolivariana del ’99 che garantisce «il diritto a una informazione veritiera e obiettiva» via via a scendere fino a leggi e regolamenti. Violati sistematicaticamente da Rctv, che fra l’altro deve al fisco 1.5 miliardi di bolivares, (700 mila dollari). In onda dal 1953 – il più vecchio di quelli che Chavez ha chiamato «i 4 cavalieri dell’apocalisse»: Venevision, Globovision, Televen -, Rctv potrà trasmettere da sabato solo via cable o per satellite.
Oltre alle ragioni giuridiche ci sono le ragioni politiche. Anche quelle a bizzeffe. E’ inconfutabile l’accusa di Chavez che Rctv, dietro la facciata della «libertà d’informazione», è «una televisione putschista». Durante il golpe del 2002, che incitò e trasmise in diretta, quando il popolo sceso dai ranchitos sopra Caracas e i militari costituzionalisti riportarono Chavez a Miraflores, cessò di botto qualsiasi informazione e cominciò a trasmettere i cartoni di Tom & Jerry e il film Pretty Woman.
All’estero i lamenti di Rctv hanno trovato ottimo ascolto e una pioggia di critiche e improperi sta cadendo – e cadrà – sul «dittatore» Chavez. Vale la pena ricordare che nei 10 anni chavisti l’unica tv a essere chiusa d’autorità fu la Venezolana de television, Vtv, l’unico canale statale. E a chiuderla furono gli iper-democratici – padronato, sindacato, partiti, gerarchia ecclesiastica, libera stampa – autori del golpe.