Un caloroso bagno di folla ed ovazioni ininterrotte hanno accolto il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chávez, al Forum Sociale Mondiale in Brasile.
E stato un discorso innovativo e coraggioso, il suo. « Non c’è altro cammino possibile e necessario che superare il capitalismo attraverso la strada di un vero socialismo, solo così si otterrà equità e giustizia per i popoli», ha detto in un passaggio tra i più applauditi.
La stragrande maggioranza dei giornali italiani hanno descritto l’evento come una semplice sfida plebiscitaria tra Lula e Chávez. Il primo, presidente dello Stato che ospita il Forum, contestato per le sue politiche troppo morbide ed accondiscendenti ai dettami del FMI. Il secondo, presidente dello Stato che ospiterà il Forum delle Americhe nel 2006, accolto da boati di giubilo e da una folla letteralmente in delirio. Luogo della sfida: lo stadio Gigantinho.
Fuori dalle caricature giornalistiche è evidente invece un progetto politico che lancia la sfida dei popoli del Sud America al tentativo statunitense di metterli sotto silenzio e l’obiettivo di una sempre maggiore cooperazione ed integrazione continentale. Perno indispensabile per questo progetto sono proprio il Brasile ed il Venezuela e i rispettivi partner economici e politici.
Del resto non è la prima volta che Chávez espone questo progetto. Già al summit degli stati latinoamericani il 9 dicembre scorso a Cuzco, aveva parlato della necessità di una riunificazione continentale di tutte le forze (nella loro dimensione statuale) latino-americane per la fondazione di una “Comunità delle nazioni sudamericane”, fuori dal controllo statunitense. Un progetto che imperniato su quattro pilastri:
1. creazione del petrosur che metta insieme, in una sola potente società, il potenziale energetico venezuelano, argentino, boliviano e, in prospettiva, anche messicano
2. creazione di una Banca centrale comune per sottrarre i loro milioni di dollari alla gestione delle banche statunitensi che poi li prestano a caro prezzo
3. costruzione di un FMI subcontinentale
4. inventare una emittente comune, Tv Sur, per contrastare l’egemonia culturale di Hollywood.
Anima e cuore di questo progetto, oltre al Venezuela ad al Brasile, il Sud Africa, l’India e la Cina.
E proprio il richiamo alla Cina (da Chávez definita «faro della lotta anti-imperialista» ) ha destato il disappunto di alcuni commentatori italiani, a partire da Sabina Morandi col suo articolo su Liberazione di ieri. Infatti dopo aver elogiato Chávez per le sue riforme, lo critica proprio su questo punto, quasi fosse un fatto di folklore tardo-novecentesco.
In realtà dietro le affermazioni del presidente venezuelano, si leggono evidenti segnali di una cooperazione economica e politica che lentamente sta emergendo e che preoccupa la Casa bianca
Non c’è in ballo solo il petrolio, quanto la cooperazione dei Paesi emergenti che chiedono maggiore spazio nello scenario internazionale e che sono sempre meno disposti ad accettare i diktat “a stelle e strisce” sul commercio, sulle materie prime, sullo sviluppo tecnologico e la ricerca spaziale.
Significativo è anche il fatto che questo progetto sia stato accolto calorosamente dagli oltre 15.000 presenti alla manifestazione. E’ un segnale importante, che parla anche al movimento italiano. La battaglia di Chavez riprende in pieno – e rilancia in grande stile – la piattaforma conclusiva del Forum Sociale tenutosi in India l’anno scorso e cioè un appello largo per tutti i popoli del mondo ad una mobilitazione permanente contro l’imperialismo culturale e militare.
Basta pensare alle recenti elezioni farsa in Iraq e le dichiarazioni del centro sinistra che glissano sul ritiro dei militari italiani per rendersi conto che questa battaglia è centrale più che mai.
Affrontare questo tema, significa affrontare il tema di fondo che paralizza oggi il movimento e che lo riduce a mero bacino elettorale per qualche forza politica.