La potenza più assetata di petrolio in questo momento, la Cina, e il presidente di un paese, il Venezuela di Hugo Chavez, che sta cercando di guadagnare appoggio politico per avere il seggio non permanente al Consiglio di sicurezza del’Onu, hanno dato inizio a Pechino a sei giorni di incontri e trattative. Ieri, il presidente venezuelano Chavez – alla sua quarta visita nella capitale cinese – ha incontrato nel Palazzo del popolo il suo omonimo Hu Jintao. Dal quale avrebbe ottenuto un sostegno deciso, non solo morale, alla canditatura presso le Nazioni unite. A partire dal 2007, quando il Venezuela dovrebbe sostituire l’Argentina al seggio non permanente. Contendendolo al Guatemala che, viceversa, è spalleggiato dagli Usa.
Attualmente, la «diplomazia del petrolio» da parte di Hugo Chavez sta avendo dei successi con la Cina, con la quale il lider venezuelano ha in mente di stabilire una serie di accordi in molti campi, quello politico, economico, sociale e tecnologico e, chiaramente, energetico.
Hugo Chavez ha avuto sempre particolare attenzione nei riguardi del governo cinese che incontrò, per la prima volta, già nel 1999 subito dopo la sua trionfale elezione presidenziale del dicembre ’98. Finora nei primi colloqui le due parti – la visita di Chavez terminerà il 27 agosto – hanno firmato un accordo per lo sfruttamento da parte della società di stato cinese Cnpc (China national petroleum corp.) del giacimento del campo petrolifero di Zumano ed, in collaborazione con la Pdsva (la compagnia di bandiera venezuelana), di altri giacimenti nella regione di Orinoco; per un valore di circa 2 miliardi di dollari.
Ma l’intenzione è più ambiziosa e Hugo Chavez – prima di dovere affrontare la battaglia delle presidenziali di dicembre – vuole fare di più con il partner cinese. La Cina deve, infatti, sostituire le quote di esportazioni venezuelane verso gli Usa che assorbono – attualmente – la maggior parte della produzione del paese latinoamericano (due milioni di barili al giorno). Il progetto è quello di triplicare le vendite verso la Cina: un milione di barili al giorno a partire dalla prossima decade (dagli attuali 150 mila). Il Venezuela vorrebbe in questa maniera bypassare il nemico Usa ed è disposto a comprare 18 petroliere e 24 perforatrici rigorosamente «made in China». Il presidente Hugo Chavez è anche pronto a fare degli sconti agli amici cinesi di tre dollari al barile, per ripagare i costi extra di un trasporto molto più lungo (4 giorni).
Oggi, Hugo Chavez dovrebbe incontrare il premier Wen Jiabao con il quale discutere questa nuova fase diplomatica che sta avvicinando due nazioni molto distanti. La Cina cresce ad un ritmo di più 11% ed ha, sempre, più bisogno di energia; inoltre Pechino ha enormi riserve monetarie che – proprio recentemente – ha iniziato ad investire nella «lontana» regione dell’America latina. Viceversa il Venezuela può contare sul peso che ha aquisito quale quarto produttore mondiale di oro nero. E tenta di utilizzare gli introiti – che gli derivano da questa materia prima – per imporre una nuova linea di politica internazionale (soprattutto, verso gli Usa) e acceleare il processo d’integrazione dell’America latina.