Cgil, il voto della base cambia i rapporti a sinistra

Nella Cgil c’è il rischio di un paradosso: quello di un congresso unitario che può chiudersi con una spaccatura, a differenza di quello del 2001, partito con liste contrapposte ma poi conclusosi unitariamente. A determinare questo rischio è la competizione “a sinistra” tra i sostenitori delle tesi alternative su contratti e democrazia presentate dal segretario della Fiom Gianni Rinaldini e i sostenitori della tesi
sulla democrazia proposta dal leader di “Lavoro Società” Giampaolo Patta. Secondo quanto riferisce il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, il voto dei congressi di base, che si sono chiusi intorno a metà dicembre, starebbe mettendo in discussione il cosiddetto “patto dei 12”, l’accordo sottoscritto da “Lavoro Società” con la maggioranza guidata dal segretario Guglielmo Epifani che fissa la rappresentanza negli organismi dirigenti sulla base degli equilibri del precedente congresso. «C’è un ritardo enorme – premette
Cremaschi – nell’arrivo dei dati, soprattutto dal Mezzogiorno, manca quindi un dato riassuntivo nazionale. I dati certi sono che la tesi di Rinaldini prende il 27% in Emilia Romagna, il 30% in Piemonte, il 25% in Veneto e il 21% in Lombardia. La tesi 9a di Patta il massimo lo ha preso in Lombardia, il 13%». Il dato nazionale dei metalmeccanici è: 72% tesi di Rinaldini, 22% Epifani e 5% Patta. Adesso la partita si sposta nei congressi regionali, che partiranno dopo l’Epifania. Quello della Cgil Lombardia si terrà il 25, 26 e 27 gennaio a Mantova. In base alla pura applicazione del patto dei 12, “Lavoro Società” avrebbe diritto al 30% dei rappresentanti. Ma i “rinaldiniani”
non ci stanno e il mancato accordo sulla composizione degli organismi ha già provocato in diversi congressi provinciali la votazione su liste contrapposte. «Il dato politico – commenta Cremaschi – uscito dai congressi di base è che le tesi di Rinaldini si attestano intorno al 20% e che la tesi di Patta raggiunge un consenso molto inferiore. Anche se questo voto non può essere meccanicamente proiettato negli organismi, tutta la Cgil si è impegnata a far sì che venissero rappresentati gli equilibri politici usciti dalla consultazione degli iscritti.
Quindi la prima condizione perché non ci siano rotture nei livelli successivi è che si tenga conto di questo chiaro pronunciamento». Diversa la lettura da parte di Lavoro Società: «A Milano – sottolinea Antonio Lareno, segretario della locale Camera del Lavoro – la tesi Epifani numero 9 ha preso il 70%, la tesi Patta il 20% e quella Rinaldini il 10%». Secondo Lareno non vi è in Lombardia un grande spostamento di rapporti tra il grande centro della Cgil che fa riferimento a Epifani e l’insieme della sinistra sindacale. «C’è invece
– ammette – un riposizionamento di riferimenti all’interno della sinistra sindacale in un quadro parzialmente immutato». In ogni caso, se si fa «un’analisi più dettagliata, si nota ad esempio che il voto non metalmeccanico per quanto attiene alle tesi di Rinaldini pesa “solo” il 5% circa. E nella gran parte dei comprensori il voto a Lavoro Società è ancora prevalente». Ciò non toglie che in Lombardia, alla luce del voto, «può porsi il problema di una diversa composizione del gruppo dirigente, che comunque andrà rinnovato in toto e che dovrà corrispondere sia all’esito congressuale sia a un rinnovato ruolo della Camera del lavoro di Milano nel contesto lombardo per rispondere alle sfide che Formigoni ormai da un decennio ci pone sul tappeto». Immediata la replica di Alessandra Camusso, segretaria della Cgil Lombardia: «Terremo conto del voto degli organismi di base ma anche – sottolinea – di che cosa è la Cgil e di altri criteri come quello della rappresentanza di genere, degli immigrati e di tutte le categorie. Quanto all’ipotesi di un rinnovamento totale del gruppo dirigente,
non mi pare sia all’ordine del giorno del congresso».