«Cgil, che errore non scioperare»

Nicola Del Nuce

Gianni Rinaldini, leader della Fiom Cgil parla a tutto campo della crisi in atto. «Cresce la disoccupazione» dice a Gli Altri e con essa le azioni dei lavoratori per difendere il proprio posto di lavoro. Parla di una situazione sociale «drammatica» e a chi vede una ripresa in atto risponde deciso: «La ripresa c’è per gli indici delle borse e delle banche». E da una lettura di questo fenomeno, «il punto è che siamo di fronte ad una ripresa dello stesso meccanismo che ha portato alla crisi in atto». Sulla Fiat parla molto chiaro, «se il gruppo deciderà di chiudere Termini Imerese noi non lo accetteremo». Poi parla del congresso della Cgil che in questi giorni è nella fase di preparazione, e non lesina critiche, «di fronte a una crisi di questa portata occorre fare un’analisi di quanto fatto anche da noi» e ancora, «bisogna individuare azioni di discontinuità». E indica alcune scelte da compiere: «Riteniamo che vada ricomposta una universalità dei diritti e delle tutele con l’estensione dell’articolo 18 e con una drastica riduzione delle tipologie di rapporti di lavoro».

Oggi gli operai della Fiat di Arese hanno bloccato l’A9 per mezzora. La tensione sociale sale?
La situazione dal punto di vista sociale è drammatica. Sono decine e decine le imprese presidiate da mesi in tutti i territori. Soltanto a Torino ci sono 30-35 aziende che si trovano in questa situazione e tutti i giorni ci sono elementi che peggiorano ulteriormente il quadro. Giovedì a Roma scenderanno a manifestare i lavoratori dell’Alcoa e poi alle 18.30 una delegazione dell’Ente ha incontrerà il Governo.

Una vera babele.
Sì, anche se poi ci sono anche le notizie positive perché grazie anche a queste mobiitazioni poi si riescono a chiudere degli accordi. E’ il caso della Mac di Brescia, un’azienda interna al perimetro del gruppo Fiat. Tutti i 170 lavoratori riusciranno a mantenere il posto. Sono cose che fanno ben sperare.

Oggi per l’Ocse ha fornito dei dati positivi per l’Italia? Come vanno letti?
E’ semplice, se si guarda alle borse e agli indici delle banche la ripresa c’è. Se invece si guardano gli indici della disoccupazione si vede un peggioramento sia per il 2010 sia per il 2011. Il punto è che siamo di fronte ad una ripresa dello stesso meccanismo che ha portato alla crisi in atto. Non è un caso che alcuni economisti denunciano questo fenomeno e parlino del rischio di una nuova bolla.

Il G20 che doveva creare le nuove regole per la finanza mondiale ha fallito?
Basti pensare che le hanche di investimento, che sono state tra le protagoniste della crisi che ci ha portato fino a qui, hanno ripreso a fare utili altissimi. Mentre come dicevo la disoccupazione cresce. Un altro dato su cui riflettere è che il settore Auto è mantenuto in vita dagli ecoincentivi. Senza di quelli andrebbe tutto a picco.

Montezemolo oggi dice che spetta al governo fare politiche industriali.
E’ un po’ di tempo che la Fiat e il governo si palleggiano la responsabilità delle scelte. Innanzitutto bisogna chiarire il fatto che l’Italia è un paese che importa, al netto di auto prodotte da noi e auto acquistate all’estero, automobili. Infatti nel nostro paese, visto che si è garantito il regime di monopolio alla Fiat, si producono poche auto. La Fiat ha il 32% della qupta di mercato italiano e il resto è importato. Tra i paesi industrializzati siamo quello con lo scarto superiore tra auto prodotte e quelle importate. Se la Fiat ridurrà gli impianti in Italia farà una scelta insensata perché vorrebbe dire ridimensionare il settore auto nel gruppo. Vuol dire che prima o poi potremmo assistere addirittura allo scorporo del settore Auto dal gruppo Fiat.

Allora quale è la responsabilità del governo?
Allora il governo deve dire che cosa intende fare per condizionare le politiche industriali. Se Marchionne decide di produrre il motore elettrico negli Stati Uniti vuol dire che ha fatto una scelta ben precisa. Il governo dovrebbe ragionare con la Fiat per decidere insieme quali atti pro durre in termini di infrastrutture, ricerca e innovazione. Se la Fiat deciderà di produrre la nuova Y non più a Termini Imerese ma in Polonia questo sarebbe un atto la cui logica non potremmo accettare in nessun modo.

In un quadro come questo cosa dovrebbe fare la Cgil che sta andando adesso a Congresso? E cosa dite voi della mozione, La Cgil che vogliamo’?
Una crisi di queste dimensioni è un fallimento del modello di sviluppo e del modello dei consumi. E’ una crisi che interroga le Istituzioni governative, le associazioni imprenditoriali e naturalmente le forze sindacali. Non si possono ricercare soluzioni di continuità ma bisogna partire da un’analisi severa anche delle scelte che abbiamo compiuto noi in questi inni. Occorre individuare azioni di discontinuità rispetto a un paese ormai fondato sulla precarietà e sul superamento dell’universalità dei diritti e con un assetto dello Stato sociale che aumenta le disparità sociali. Si prospetta per la prima volta nella storia che le nuove generazioni si ritrovino con meno rispetto a chi li ha preceduti.. E’ un fatto senza precedenti.

Quali sono le soluzioni da adottare?
Non c’è dubbio che oggi è finita la fase segnata dalla concertazione e dalla compatibilità imposta dalla contrattazione. Noi entriamo in questa crisi con le retribuzioni più basse dei paesi europei. Inoltre l’ideologia della flessibilità è stata utilizzata per un processo di generalizzazione della precarietà e non possiamo far finta di non vedere che se ci sarà una ripresa in futuro, questa avverrà con un’ulteriore precarizzazione. Insomma se ci saranno nuove assunzioni saranno tutte con contratti a progetto. Per questo riteniamo che vada ricomposta una universalità dei diritti e delle tutele con l’estensione dell’articolo 18 e con una drastica riduzione delle tipologie di rapporti di lavoro a partire dal superamento dei contratti interinali, di collaborazione o di progetto monocommittenti.

E poi?
E poi c’è la questione dello Stato sociale. La cui difesa passa attraverso la ricostruzione della progressività del sistema fiscale che oggi è stata praticamente distrutta con un uso della leva fiscale per favorire la costruzione di enti bilaterali, fondi assicurativi, premi di risultato variabili nelle aziende fino ad arrivare al vergognoso scudo fiscale.

Come mozione avevate chiesto nel direttivo di indire uno sciopero generale? Perché?
Noi avevam proposto di andare ad uno sciopero su 2 punti: l’estensione degli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti in atto e la riforma fiscale per la riduzione delle aliquote per le retribuzioni più basse. Ci è stato risposto che non era un punto all’ordine del giorno. Ne piendiamo atto e questo ci conferma che, c’è una crescente divaricazione nella Cgil tra quello che si dice e quello che si fa nell’azione di contrasto alle politiche del governo.

fonte: http://www.infoaut.org/articolo/cgil-che-errore-non-scioperare