Cercando la ripresa

La discussione sulla finanziaria si è avviata e già ci sono i normali conflitti. A questo punto io credo che per contribuire a fare una buona finanziaria sia utile dire anche qualcosa sull’economia italiana di questi tempi.
Da più parti sentiamo parlare di stato insoddisfacente dell’economia italiana e di necessità di una ripresa. E’ evidente che quando si discute di ripresa occorre concentrare l’attenzione non tanto sui consumi quanto sugli investimenti. Nessuno discute che ogni espansione dei consumi coincide con un aumento del benessere immediato; ma un semplice aumento dei consumi non potrebbe significare altro che una utilizzazione più intensa dell’apparato produttivo disponibile. Mentre se, come è ragionevole, vogliamo collocarci in una prospettiva temporale più estesa, è necessario porci come obiettivo un aumento della capacità produttiva che ponga le basi per un maggior benessere non soltanto nell’immediato ma anche nell’avvenire.
L’obiettivo di espandere gli investimenti pone a sua volta due problemi distinti, dal momento che occorre agire sia sugli investimenti pubblici che su quelli privati. L’esigenza di sviluppare gli investimenti pubblici si fa sentire ad ogni passo dello sviluppo economico: non è concepibile un aumento della produzione senza un aumento parallelo della dotazione di strade, ferrovie, aeroporti e ogni altra forma di infrastrutture. Ma altrettanto necessario è lo sviluppo degli investimenti privati, sotto forma di impianti e macchinari direttamente produttivi.
Si afferma spesso che un aumento degli investimenti esige la formazione di un risparmio corrispondente. Mentre questo è indiscutibile, non dobbiamo dimenticare che, così come insegnano i principi della teoria economica, la formazione di risparmio in misura adeguata è conseguenza automatica di ogni investimento. Ogni investimento dà luogo infatti a un aumento di domanda, di reddito, e quindi di risparmio, processo questo che si arresta soltanto quando la formazione di risparmio è giunta a compensare esattamente il nuovo investimento.
Un aumento degli investimenti può invece creare problemi su un versante diverso, che è quello dei conti con l’estero. Ogni aumento di reddito dà luogo a un aumento di importazioni; questo sarà maggiore o minore a seconda del grado di apertura verso l’estero dell’economia, ma non sarà mai nullo. Il che significa che ogni aumento di investimenti deve essere accompagnato da un aumento di esportazioni, se non si vuole che si apra per l’economia nazionale un processo di indebitamento progressivo.
Qui nasce il problema dell’economia italiana che sembra invece accusare una debolezza nella capacità di esportazione, debolezza che potrebbe configurare il pericolo di una strozzatura nello sviluppo.
Se le esportazioni non mostrano il dinamismo che sarebbe necessario per sostenere la ripresa, questo costituisce un segnale di scarsa competitività dell’industria italiana. Spesso si osserva infatti che la dimensione media delle imprese industriali italiana risulta piccola rispetto alle imprese di altri paesi, carattere questo che comporterebbe una intrinseca debolezza. E’ bene osservare a questo punto che, in sé e per sé, la minore dimensione non comporta minore forza di mercato; anzi, come spesso si afferma, l’impresa di piccole dimensioni può vantare una maggiore capacità di concorrenza se la sua stessa piccolezza le consente di ottenere costi minori, magari facendo leva su un più basso costo del lavoro. Tutto questo può essere vero a patto che, per definizione, nella piccola impresa la presenza e la combattività dei sindacati sia anche più contenuta. Sennonché qui subentra una considerazione di natura non soltanto economica ma anche politica; ed è che sarebbe difficile augurarsi uno sviluppo basato sulla disgregazione del sindacato e sulla conseguente compressione dei salari.
Se vogliamo proporci un accrescimento parallelo dei salari e dei profitti, occorre puntare su una presenza ininterrotta del progresso tecnologico, che consenta di fare maggiore spazio a tutte le forme di reddito, senza che l’espansione dell’una debba necessariamente avvenire a spese dell’altra. Riconoscere il ruolo fondamentale del progresso tecnologico significa accordare spazio alla ricerca in tutte le sue forme, dalla ricerca di base a quella applicata; ma significa anche assicurare meccanismi che garantiscano il travaso dei risultati della ricerca dai laboratori al processo produttivo in atto.