Nuovi dati sui lavoratori «atipici» (contratti a termine, cococò, a progetto, occasionali), li ha diffusi ieri il Censis. Ormai «atipici» – bisogna sottolineare – per pura convenzione, dato che proprio nel 2005 per la prima volta le nuove assunzioni di carattere precario hanno superato quelle di tipo stabile: bisognerebbe piuttosto ribattezzarli «nuovi lavoratori tipici», o «neotipici». L’istituto ha rielaborato le ultime indagini Istat, e prepara uno studio più approfondito per l’autunno: «per accompagnare le politiche del lavoro», spiega (speriamo bene).
Emerge un «identikit» che vede i nuovi lavoratori tipici presenti in percentuale soprattutto nel pubblico impiego (dove raggiungono quasi il 10% del personale), e notevolmente diffusi – seppure in misura minore – anche nell’industria (8%). D’altra parte il sindacato, più volte ha quantificato in circa 300 mila i precari nel settore pubblico, su un totale di 3 milioni circa di impiegati: dunque i conti sembrano tornare. Discorso a parte per il comparto dell’«istruzione», scuole e università sia pubbliche che private, che contano addirittura il 20,2% di lavoratori di questo tipo. Punta sul lavoro precario anche il cosiddetto «mondo associativo», ovvero sindacati, circoli e associazionismo di vario tipo: conta il 18,3% di atipici; 13,1% è il dato relativo ai servizi alle imprese.
Quanto al profilo del precario, dallo studio Censis viene fuori un lavoratore perlopiù giovane (nel 57% dei casi è sotto i 35 anni). Vi è poi una maggiore incidenza tra le donne, pari al 14,7%, piuttosto che tra gli uomini (8,7%); e tra quanti posseggono livelli di istruzione più elevati: 14,1% tra i laureati, 11% tra i possessori di un diploma superiore, con una particolare incidenza del lavoro a progetto e occasionale proprio nei segmenti di istruzione più alti. A livello territoriale, sono il centro e il sud a detenere il primato: la percentuale si attesta rispettivamente all’11,5% e al 13,9%, contro l’8,8% del nord ovest e il 9,9% del nord est; a causa non solo della maggiore debolezza strutturale del tessuto produttivo, rileva il Censis, ma anche della specifica vocazione delle due aree contigue, più terziaria nel centro, più agricola nel meridione.
L’indagine mostra anche la presenza di questo tipo di contratti nei diversi «profili professionali»: da un lato, spiega il Censis, il fenomeno incide sull’universo delle professioni non qualificate, dove si contano 22,4 precari ogni 100 occupati. Dall’altro, all’opposto, questi contratti si addensano nei gradini più alti della piramide professionale: il 10,5% nelle professioni intellettuali, il 18,4% in quelle tecniche intermedie e il 13,3% in quelle esecutive amministrative. Per i lavoratori a progetto, tale tendenza è ancora più accentuata: sono infatti concentrati in maggioranza nelle professioni tecniche intermedie (33%) e intellettuali (18,3%), e poco o nulla presenti tra quelle non qualificate (6,2%).