Cara “Liberazione”, spesso in questi mesi ci siamo domandati e ci chiediamo: ma cos’è cambiato da prima delle elezioni ad oggi per quella parte di Paese che non ce la faceva ad arrivare a fine mese? A noi sembra quasi nulla. C’è un paese reale, di gente comune, che lavora onestamente. Una vita dura, fatta quasi sempre di pendolarismo (ore passate su autobus, treni, automezzi propri per raggiungere il posto di lavoro) e per le lavoratrici ancora più faticosa, più stressante perché bisogna far conciliare il lavoro, la casa, i figli, la famiglia. Qualcuno dice che siamo fortunati perché abbiamo un lavoro. Vero, però i metalmeccanici, altre categorie prendono al netto in busta paga 1.000-1.200 euro, mensili e ci sono salari/stipendi/pensioni anche molto più bassi. Per non parlare della grande precarietà, dell’incertezza di non poter lavorare per i giovani. Ma anche per tutti quei lavoratori dei settori privati, che sono preda del mercato, per cui oggi lavori domani sei a casa. Occorre cambiare radicalmente il mercato del lavoro, cancellare la legge 30, così come ha chiesto la grande manifestazione del 4 novembre. C’è una parte di mondo del lavoro che vede allontanarsi la speranza di avere una vecchiaia serena, perché si sta operando per peggiorare le pensioni, allungando l’età pensionabile, diminuendo i coefficienti (per i metalmeccanici attualmente sono circa del 73 per cento) disincentivando se si esce prima dei 40 anni di contributi. Così dopo aver lavorato 35, 37, 38 anni, una vita, si andrà in pensione con pochi euro, e saremo costretti a lavorare ancora, perché con quella pensione non ci si potrà vivere. Insomma ancora una volta la filosofia trainante è accontentare i mercati internazionali, la Bce, le banche, far cassa e favorire i fondi privati affossando la previdenza pubblica. Ma il programma di questo governo, che anche noi abbiamo contribuito ad eleggere, se non ricordiamo male non parlava di nuove manovre sulle pensioni, né d’innalzamento dell’età pensionabile, né tantomeno di incentivare i fondi privati a discapito della previdenza pubblica. Apprezziamo il fatto che a differenza del governo Berlusconi si sia riaperto un dialogo con le forze sociali, ma non condividiamo il metodo adottato da Cgil-Cisl-Uil che hanno siglato un accordo irricevibile sull’uso del Tfr con governo e Confindustria, un memorandum sulla riforma delle pensioni. E si apprestano ad una trattativa più vasta col governo sulle politiche contrattuali, la precarietà, la flessibilità. Ancora una volta sono stati esclusi i diretti interessati, cioè i lavoratori, gli unici titolati a decidere su queste materie. Il sindacato, deve invece aprire una consultazione vera con i lavoratori che si concluda con un voto e un mandato, ma soprattutto, non deve cadere dentro la rete del “governo amico” e della “concertazione”. Da questo governo, da questa maggioranza i lavoratori (e i pensionati) si aspettano un percorso diverso da quello intrapreso, che per ora fa certo piangere più i poveri che i ricchi; verificheranno con le buste paghe di gennaio gli effetti della politica fiscale e intanto chiedono misure serie che garantiscano il lavoro e il salario, il ripristino della scala mobile, la lotta vera al precariato e al lavoro nero, la difesa della previdenza pubblica. E continueranno a chiedere ai parlamentari del centrosinistra che hanno votato: ma voi quanto prendete al mese di stipendio? Quanti benefici avete? E dopo quanti anni di mandato parlamentare avete un sostanzioso vitalizio? Ed allora invece di continuare sulla strada di una finanziaria impopolare, di tagli, di peggioramento delle pensioni, di tickets sulla sanità, di aumento delle spese militari, ma perché non iniziate voi a dare l’esempio, a fare una scelta di rigore e contenimento del costo esoso della politica italiana! Certamente con questi risparmi non si risolveranno i problemi del nostro paese, ma sicuramente sarebbe un segnale forte, di cambiamento, per riportare la politica a quei valori alti di etica, di passione, di serietà, che ormai si sono persi.
Un gruppo di lavoratori metalmeccanici: Rita Ghiglione, Bernardo Nardi, Stefano Peroni, Mario Izzo, Lucia Sortino, Rossella Bortot, Aldo Bartolomei, Mario Veneti, Paolo Buffoni, Giuseppe Bernardini, Remigio Tesconi, Giovanni Gattoronchieri La Spezia