C’è qualcosa che non va

La «sindrome cinese» affascina i media: tutta la stampa interpreta la caduta delle borse nell’ultima settimana come una conseguenza, un effetto domino, della crisi della borsa di Shanghai. Certo, la borsa cinese è una piazza emergente, ma è ancora una borsa abbastanza piccola, in grado – al massimo – di influenzare le altre borse orientali. In realtà il malore arriva soprattutto sull’altra sponda del Pacifico: da una piccola recessione, per ora senza dati negativi, per quanto riguarda la crescita del Pil, che sta caratterizzando l’economia Usa.
Un rallentamento della crescita era atteso: dopo 5 anni di vacche grasse era impensabile che il Pil potesse continuare a crescere a tassi del 4-5 per cento l’anno. Nell’ultimo trimestre del 2006 il trend di crescita si è ridotto a poco più del 2%, quasi niente considerando che nell’intero anno il Pil è salito del 3,6%. Certo, il prodotto lordo per ora seguita a crescere, ma si rafforza il timore che entro l’anno il Pil possa finire in territorio negativo.
Un ulteriore brutto segnale in questa direzione è la forte caduta della fiducia delle famiglie che non è qualche cosa di astratto bensì un sentimento fondamentale che spinge a accelerare i consumi o a frenarli per paura del futuro. E se dovessero crollare anche i consumi sarebbero dolori. Altri dati confermano che le cose non vano bene. Ieri. ad esempio, è stato diffuso il dato sugli ordinativi all’industria: in gennaio hanno fatto un tonfo del 5,6%, la maggiore caduta degli ultimi sei anni. Ancora peggio sono andati gli ordinativi di beni durevoli in retromarcia dell’8,7%, uno scivolone che ha riportato a quanto accaduto nell’estate del 2000 quando l’economia Usa cominciò ad avviarsi in una recessione che pochi avvertivano, anche a causa delle statistiche sballate che venivano diffuse e che solo dopo un paio di anni sono state corrette. Contribuendo, tra l’altro, ad accreditare la convinzione che la recessione Usa fosse legata all’11 settembre.
La caduta degli ordinativi (anche quelli militari, anche quelli dei mezzi di trasporto) arriva dopo la conferma delle difficoltà del settore immobiliare la cui bolla si sta progressivamente sgonfiando, provocando guai non solo al settore produttivo, ma anche a quello finanziario e ai consumi. Di più: nel quarto trimestre la produttività è aumentata solo dell’1,6%, mentre il costo del lavoro è balzato del 6,6% e in media d’anno del 3,2% come non accadeva dal 2000. La recessione si avvicina e questo alle borse non piace.