«C’è la ripresa economica», ed è boom di infortuni

Gli infortuni sul lavoro sono diminuiti del 2,8% nel 2005. Ma nel primo trimestre di quest’anno sono aumentati almeno del 3%. L’inversione di tendenza spegne i dati relativamente positivi del Rapporto Inail per il 2005. E attizza le polemiche. Il rapporto, infatti, imputa l’impennata d’inizio anno «esclusivamente» alla ripresina economica: più fatturato, più occupati, più infortuni. Contro questa «giustificazione» aritmetica insorge Pietro Mercandelli, presidente dell’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro): così l’Inail riduce l’infortunio a «fatto ineluttabile» e nega implicitamente l’importanza della prevenzione. Si impone «un cambiamento di mentalità», dice Mercandelli, ai vertici di un istituto che gli infortuni dovrebbe combatterli, non solo registrarli.
Vertici litiganti a tal punto che il governo ha disertato la presentazione del rapporto. Martedì tre membri del consiglio d’amministrazione dell’Inail avevano presentato una mozione di sfiducia contro il presidente Vincenzo Mungari che aveva replicato con una contromozione di sfiducia nei confronti di uno dei consiglieri. Un quadretto poco edificante a fronte degli interventi del Quirinale e dell’Osservatore romano sull’epidemia di omicidi bianchi e dell’allarme rosso lanciato da tutti i sindacati.
Fatte queste premesse, e dopo aver ricordato che all’Inail sfuggono almeno 200 mila infortuni in nero, vediamo i dati salienti del rapporto. Nel 2005 sono stati denunciati 939 mila infortuni, -2,8% rispetto al 2004. Sono diminuiti tra gli uomini (-4%), compresi gli extracomunitari (anche se tra loro l’incidenza degli infortuni resta proporzionalmente più elevata); sono aumentati tra le donne (+0,5%). In agricoltura gli infortuni sono diminuiti del 4,3%, nell’edilizia del 5% (settori, guarda caso, dove il lavoro nero dilaga). Gli incidenti in itinere (quelli che si verificano nel tragitto casa-lavoro-casa) sono stati 87 mila, 2500 in più rispetto al 2004. Ma quelli mortali sono stati «solo» 280 (106 meno del picco massimo del 2002). La flessione degli incidenti mortali in itinere contribuisce alla diminuzione complessiva degli infortuni mortali. All’Inail ne risultano 1.206 contro i 1.328 del 2004. 1065 le vittime nell’industria e nei servizi, 127 nell’agricoltura, 12 tra i dipendenti dello Stato. I morti sul lavoro non italiani sono stati 142. Il dato non è ancora definitivo, ammette l’Inail, comunque sarebbe in calo rispetto ai 175 del 2004.
Alzi la mano chi definirebbe l’Italia un paese «virtuoso» in fatto d’infortuni. L’Inail lo fa confrontando i dati di casa nostra con quelli di Eurostat (che usa altri criteri di rilevazione). Nel 2003 in Italia ci sono stati 3267 infortuni per 100 mila occupati, meno dei 3334 della Ue a 15. Per gli infortuni mortali, invece, il nostro indice (2,8 decessi per 100 mila abitanti) supera quello della Ue (2,1). Ma Regno Unito, Danimarca, Svezia – puntualizza l’Inail – sono «carenti» nel registrare i loro morti sul lavoro.
La lieve flessione degli infortuni registrata dall’Inail per il 2005 non basta a soddisfare la Cgil. I dati ufficiali, afferma la segretaria nazionale Paola Agnello Modica, vanno integrati con i 200 mila infortuni stimati nell’area del lavoro nero e con le morti da malattie professionali. La somma di queste morti e sofferenze, «prevedibili e quindi prevenibili», costa al paese il 3% del pil, una cifra pari alla manovra finanziaria prevista per risanare il deficit. Dopo gli ultimi drammatici omicidi bianchi il sindacato chiede «con forza» ai ministri del lavoro e della sanità d’essere convocato per discutere misure urgenti e di lungo periodo. In Campania, dove è ancora vivo il dolore e l’orrore per le due operaie bruciate nel garage-materassificio, la Cgil propone un tavolo regionale contro le morti bianche.
Il ministro del lavoro Damiano e il ministro delle infrastrutture Di Pietro presenteranno un emendamento al decreto legge Bersani per contrastare il lavoro nero e gli infortuni nell’edilizia. Queste le misure: blocco delle attività nei cantieri dove la manodopera in nero supera il 20% del totale; assunzione del lavoratore almeno un giorno prima dell’inizio della prestazione; tesserino di riconoscimento per entrare nei cantieri; estensione del Durc, il documento unico di regolarità contributiva, rilasciato dalla Casse edili; decadenza dagli appalti pubblici per le aziende che violano le norme.