Castro e Chavez: “Greggio a basso costo nei Caraibi”

L’abbraccio fra Hugo Chavez e Fidel Castro ha segnato a Puerto La Cruz, in Venezuela, l’inizio del summit fra quindici nazioni latino americane che si propongono di dar vita al «Petrocaribe», un patto per distribuire greggio a basso conto nella regione dei Caraibi che punta ad assumere però anche una rilevanza politica.
Il leader cubano è arrivato nella sua tradizionale tenuta militare e ad accoglierlo sulla pista dell’ aeroporto situato a circa 300 chilometri da Caracas ha trovato il presidente venezuelano, nella sua rituale camicia rossa, che lo ha salutato come «il mio fratello maggiore». Accomunati da convergenze ideologiche, dall’ostilità politica nei confronti di Washington e dalla volontà di creare in America Latina progetti strategici alternativi a quelli dell’amministrazione Bush, i due leader hanno tenuto a sottolineare il valore politico del «Petrocaribe». «È qualcosa che va olfre la possibilità di far arrivare greggio a prezzi bassi alle nazioni dei Caraibi – ha detto Chavez – perché l’accordo che firmeremo rappresenta un’unione dei Caraibi».
La «diplomazia del greggio» è il terreno sul quale Chavez ha consolidato l’intesa con Cuba per via delle forniture che il Venezuela, Paese dell’Opec ricco di giacimenti energetici, garantisce a prezzi stracciati all’Avana in cambio di migliaia di dottori ed insegnanti cubani. A ciò bisogna aggiungere le vendite facilitare di petrolio alla Repubblica Dominicana e la joint venture «Petrosur» che Chavez ha lanciato come offerta ai maggiori Paesi dell’ America del Sud. «Con queste mosse il presidente del Venezuela – ha spiegato Bishnu Ragoonath, polititologo dell’Università delle Indie Occidentali a Trinidad – punta a consolidare il suo governo in patria ed anche a diventare un leader regionale».
Fidel Castro non lesina dichiarazioni per avvalorare il profilo internazionale di Chavez. «Questo summit è un incontro storico di grande importanza ed un significativo successo del presidente del Venezuela, sono molto ottimista sull’esito della conferenza, l’integrazione regionale è vitale ed essenziale nonostante gli ostacoli che restano da superare», ha detto il leader cubano, rivendicando il merito di aver condiviso il progetto sin dall’inizio. Tanto Chavez che Castro non hanno tardato a indicare nell’ America l’avversario strategico contro cui dare vita all’ «Unione dei Caraibi».
«Non è più una questione di battersi per migliorare la situazione economica – ha detto Fidel – ci stiamo battendo in realtà per la sopravvivenza contro gli effetti di una crisi dalle dimensioni apocalittiche scatenava dai Paesi in via di sviluppo». «I prezzi alti dell’ energia che ci stanno strangolando – gli ha fatto eco Chevez – dipendono dalle politiche degli Stati Uniti e delle altre nazioni ricche».
A prendere parte al vertice sono anche i capi di Stato e di governo di Repubblica Domenicana, Antigua, Barbados, Bahamas, Belize, Dominica, Grenada, Guayana, Giamaica, Santa Lucia, San Vincent, San Cristobal e Suriname ovvero tutte nazioni che si affacciano sul bacino dei Caraibi, considerato strategico dall’amministrazione Bush che è protagonista di una propria iniziativa economica nei confronti dell’Istmo e della Repubblica Domenicana con la proposta di allargare alle nazioni centroamericane i benefici dell’ accordo sul libero scambio già in vigore con Canada e Messico. Chavez ha usato il termine «imperialista» per descrivere il progetto Usa, proponendo al summit di dare vita ad un «Patto bolivariano alternativo» – dal nome dell’ eroe sudamericano Simon Bolivar – con l’obiettivo di estenderlo nel lungo termine anche ad altre nazioni bisognose di greggio, dall’Uruguay alla Cina.