Castro: comunisti a congresso. Ergastolo ai condannati a morte

Un annuncio al giorno, o quasi. È questa la linea di comunicazione politica adottata da Raul Castro, fratello di Fidel, al timone da poche settimane dell’ultima enclave comunista in Occidente.
Le novità di ieri sono addirittura due: la commutazione, per alcuni detenuti, della pena di morte e la convocazione del VI Congresso del Partito comunista cubano (Pcc) per l’autunno 2009. L’ultimo plenum, per la cronaca, risale al 1997.
Due giorni fa sono state presentate altre riforme: l’aumento delle pensioni statali e quello di alcune retribuzioni del settore pubblico.
Operazioni populiste, si direbbe da noi,/rutos dulces de la revolucion, secondo un funzionario cubano intervistato pochi giorni fa da Telesur, l’emittente venezuelana molto attenta alla politica cubana.
Raul, dicevamo, ha adottato una scelta di comunicazione tutta diversa dalla precedente. Pochi lo avevano previsto ma il Castro meno carismatico, il fratello conosciuto da sempre come Yherma-nopequeno, il lato oscuro del potere, l’ex grigio ministro della Difesa, il presidente che nei giorni dell’insediamento si è premurato di dichiarare che «per ogni questione importante avrebbe sempre consultato Fidel», beh, proprio lui, ha introdotto riforme apparentemente importanti. Persino controrivoluzionarie, si sarebbe detto qualche anno fa.
Ma il punto cruciale è proprio questo: è solo maquillage o sono riforme vere?

Vediamo di cosa si tratta.
Il nuovo lider ha commutato in ergastolo le sentenze di condanna a morte. Uniche eccezioni i casi di terrorismo; tra questi i due responsabili dell’omicidio di Fabio di Celmo, il turista italiano morto il 4 settembre del 1997 per una bomba scoppiata all’hotel Copaca-bana di Miramar. «Si tratta di una scelta – ha detto Raul – in linea con i principi umanitari ed etici adottati da Cuba». La pena di morte non verrà cancellata dall’ordinamento giudiziario ma i tribunali cubani vi faranno ricorso solo in casi estremi. Il VI Congresso del Pcc si terrà «nella seconda metà del 2009», ha annunciato Raul Castro, dopo le elezioni americane, e avrà l’obiettivo di fissare i nuovi traguardi politici ed economici del Paese. L’ultima assise del Partito si era tenuta undici anni fa nel 1997, e cinque anni dopo era previsto il nuovo congresso che fu annullato da Fidel Castro senza alcuna spiegazione ufficiale.
Sarà un appuntamento importante proprio perché verranno tracciate le linee di sviluppo del Paese, assimilabili a una sorta di piano quinquennale in cui si definiscono gli orientamenti politici e soprattutto di politica economica. Il modello cinese, quello vietnamita, un modello socialista in salsa tropicale, affratellato a quello venezuelano, sono le ipotesi possibili.
Nelle scorse settimane è stata liberalizzata la vendita di cellulari, dvd e computer. Poi è stato consentito il soggiorno negli alberghi per stranieri e infine è trapelata l’ipotesi di abbandono delle restrizioni per i viaggi all’estero dei cubani. Grandi passi avanti, parrebbe. Ma è inutile dire che con i venti dollari di stipendio mensili distribuiti a impiegati e professionisti, tutte le riforme rimangono virtuali.
L’altro ieri Raul Castro ha annunciato la fine di una fase provvisoria di gestione del potere durata 19 mesi e cominciata a Cuba con la malattia del fratello Fidel.
Nessuno scommette un peso sulla reale uscita di scena del lider maximo- che ora interviene spesso su Granma, il quotidiano cubano, in qualità di editorialista; e che, di recente, si è proclamato «semplice soldato delle idee». Ebbene, toccherà a lui e a Raul formularne di nuove, perché le straordinarie risorse umane e professionali dei cubani non vengano svilite nei piccoli commerci del palpitante mercato nero di sigari, sigarette e rum. O nella ricerca di benzina per le vecchie Buie, 5mila di cilindrata, che sbuffano per le strade dell’Avana Vecchia.

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