Caso Enron, ovvero l’epilogo giudiziario della finanza creativa

Nel gergo di Wall Street gli “angeli caduti” sono le obbligazioni sicure che diventano carta straccia ma la definizione calza perfettamente a Kenneth Lay e Jeffrey Skilling amministratori delegati della supercorporation energetica protagonista, nel 2001, di una storica bancarotta.
Stiamo parlando della Enron di Houston guidata con entusiasmo e ardore visionario dai “ragazzi più furbi”, tanto per citare il titolo di un documentario (Enron: the Smartest Guys in the Room) che ha fatto furore negli States, riconosciuti colpevoli di frode e cospirazione dopo quattro anni d’inchiesta. L’11 settembre prossimo, quando i giudici si riuniranno per emettere la sentenza, Skilling rischia di vedersi comminare una condanna a 185 anni di reclusione mentre Lay, l’ex ragazzo d’oro amico di Bush, ne rischia 45. La condanna di Andrew Fastow, ex-capo contabile della compagnia che nel 2004 si è beccato “solo” dieci anni, non è stata sufficiente a calmare l’ira di una schiera di investitori e di lavoratori truffati dagli arroganti ragazzi di Houston.

La Enron venne fondata nel 1985 da Kenneth Lay (affettuosamente Kenny Boy per Bush e famiglia) che ebbe l’idea di fondere la Houston Natural Gas con l’InterNorth del Nebraska. Nel 1989 l’azienda entra nel business del gas naturale con l’idea di proteggere i propri azionisti dalle fluttuazioni dei prezzi comprando le forniture di gas dai produttori, organizzando la consegna e prendendo una percentuale su ogni contratto. Con il tempo la compagnia diventò uno dei più grossi fornitori di gas naturale nel Nord America e della Gran Bretagna, e decise di sperimentare le proprie strategie “creative” in altri campi: da internet all’acqua, dal carbone all’acciaio. L’abbandono della politica industriale tradizionale a favore della conquista dei territori virtuali della New Economy venne salutato con entusiasmo da tutti gli analisti economici, nessuno escluso. Perfino il paludato “Economist” arrivò a descrivere la Enron come un «culto evangelico» con Kenny Boy nella parte del «messia».

Sotto Jeffrey Skilling che prese il timone nel ’90, l’espansione divenne ancora più frenetica. Fra un lancio con il paracadute e l’altro, il volitivo Skilling trovò il tempo di trasformare la compagnia nel più grande e potente soggetto del commercio ultra-libero dell’energia impegnato a vendere, ogni giorno, miliardi di dollari di elettricità. Invece di abbassare i prezzi per i consumatori le transazioni ebbero l’effetto di aumentare centinaia di volte i costi di produzione spingendo Stati come la California a indebitarsi sempre di più. «Abbiamo gli angeli dalla nostra parte», diceva Skilling alla televisione nel 1999. A chi accusava la compagnia di avere provocato la crisi energetica californiana, Skilling rispondeva semplicemente: «E’ il modello americano, quello che la gente ama».

Il modello Enron è ben descritto da uno degli innumerevoli ex-dipendenti rimasti scottati: i boss si limitavano a «prendere il denaro fuori dal palazzo per portarlo dentro. Solo che Skilling ha fatto una cosa ancora più intelligente: ha lasciato il palazzo, e si è portato dietro i soldi». Perfino quando il boom dei nuovi mercati e delle transazioni fece salire il valore dei dividendi, e quindi anche i bonus per i dirigenti, la compagnia continuò a fare uscire più di quanto entrava. Così i contabili della Enron cominciarono a usare complicati trucchetti per far sparire miliardi di dollari di debiti dai propri bilanci, inventando alleanze e partnership che non esistevano per mantenere la finzione della prosperità. La complicità della Arthur Andersen, una delle più prestigiose agenzie di “rating” che si prestò a garantire la correttezza dei bilanci, fece il resto.

Nell’estate del 2001 Skilling decise improvvisamente di lasciare l’azienda e venne liquidato con 62 milioni di dollari in dividendi e azioni, mentre Lay se ne portò via ben 150. Appena due mesi dopo la dipartita dei due smart guys venne fuori che la compagnia non se la passava poi così bene. A metà ottobre si scoprì che il capitale degli azionisti (una misura del valore della compagnia) aveva perso 1,2 miliardi di dollari nel terzo quadrimestre. Una settimana dopo la compagnia licenziava Andrew Fastow e istituiva una commissione speciale per esaminare le transazioni mentre la Securities and Exchange Commission, l’organo di controllo del mercato azionario, apriva un’inchiesta formale. Era l’inizio della fine.

Gli investitori, sospettando che la Enron stesse nascondendo forti perdite, cominciarono a vendere. Nel dicembre 2001 il prezzo delle azioni era precipitato a soli 36 centesimi dai 90 dollari del 2000. Ancora sei mesi prima del tracollo le azioni della più grande corporation specializzata in energia e principale forza motrice della deregulation del mercato energetico statunitense, erano le più redditizie del mercato azionario. Un flusso d’oro virtuale, che si è trasformato in bancarotta nell’arco di un mattino: 4.500 persone, ovvero il 60 per cento della forza lavoro, persero l’impiego solo nella sede centrale di Houston. Su scala nazionale gli esuberi furono parecchie decine di migliaia. Nell’arco di qualche settimana gli ex-dipendenti scoprirono inoltre che i propri fondi pensione, investiti nelle azioni della compagnia su invito della dirigenza, si erano dissolti nel nulla. «Il 30 novembre – scrisse un ex-dipendente sullo Houston Chronicle – ci è stato accordato il diritto di spostare le nostre liquidazioni, depositate in azioni della Enron, su di un altro fondo. Così ho scoperto che, fra liquidazione e pensione, mi è rimasta la bellezza di 46 dollari. Un amico, con vent’anni di servizio, arriva a 102 dollari».

Non è dato sapere se Skilling e Lay, in libertà su cauzione fino alla sentenza, finiranno davvero dietro alle sbarre. Certo non verranno puniti quella schiera di giornalisti, consulenti finanziari e analisti che hanno alimentato il “culto evangelico” e contribuito a far cadere nella trappola tanti piccoli investitori. Quanto ai legami con il mondo politico, altro ingrediente fondamentale del successo dell’azienda, si può soltanto sperare che i due amministratori delegati vuotino il sacco per ottenere qualche sconto di pena. Di cose comunque se ne sanno già tante. Ad esempio è certo che fra il 1997 e il 2000 Enron ha speso più di 10 milioni di dollari per influenzare i politici di Washington e, secondo il Center for Public Integrity, durante la campagna presidenziale del 2000 la compagnia fu il più grande sponsor di George W. Bush. Del resto il legame fra il presidente e Lay risale parecchio indietro. E’ noto ad esempio che, oltre a utilizzare liberamente i jet della compagnia, Bush ha ricevuto dalla Enron più di un milione di dollari per la campagna di governatore. In cambio, una volta eletto, Bush aiutò a “deregolare” il mercato dell’energia in Texas e approvò numerose leggi per proteggere il business dalle cause legali. In seguito, quando Bush entrò per la prima volta alla Casa Bianca, Lay fu l’unico amministratore delegato a ottenere udienza privata col vicepresidente Dick Cheney per discutere la politica energetica della nuova amministrazione, una relazione privilegiata che ha consentito alla compagnia di Houston di ritagliarsi un ruolo chiave nei negoziati del Wto relativi alla privatizzazione dei servizi, i cosiddetti Gats.

Il crollo della Enron fu solo il primo della serie. Memorabile la caduta rovinosa della WorldCom, mega-corporation che, prima che scoppiasse la bolla speculativa, vantava un mercato azionario tre volte più grande di quello della compagnia di Houston. Come i dipendenti Enron, quelli della WorldCom videro evaporare le loro pensioni nel crollo dell’azienda, con l’aggravante che al gioco d’azzardo borsistico avevano partecipato anche i gestori di alcuni fondi pensione pubblici. Il fondo dei dipendenti dello Stato di New York, il secondo del paese, perse 300 milioni di dollari negli investimenti WorldCom dopo averne buttati via 58 nell’affare Enron. Il fondo pensione statale del Michigan registrò perdite per 116 milioni di dollari mentre quello della Florida, che aveva già visto volatilizzarsi 300 milioni di dollari nell’Erongate, ricevette un’altra mazzata da 90 milioni.