Casa comune per i lavoratori

Dentro il Partito della Rifondazione Comunista, soprattutto dopo l’ultimo congresso di Chianciano Terme, che ha eletto Paolo Ferrero segretario, c’è un dibattito serrato, difficile e appassionato, a cui guardo con rispetto e interesse: si ragiona sul ‘come’ proseguire e ‘con chi’. Ci sono due anime, che alla luce del sole si fronteggiano, e poi, al loro interno, ci sono diverse sfumature che si confrontano: da una parte, c’è chi, in poche parole, vorrebbe impegnarsi per riaffermare ancora, con più incisività, le ragioni comuniste in Italia e, dall’altra parte, c’è chi, invece, vorrebbe proseguire sulla strada, ahinoi fallimentare, dell’Arcobaleno, spogliandosi una volta per sempre dell’analisi e degli strumenti comunisti.

Per quanto riguarda il Partito dei Comunisti Italiani, invece, il discorso è più semplice: al recente congresso di Salsomaggiore Terme si è affermata una linea politica chiara e determinata: le ragioni comuniste, nel nostro Paese, soprattutto dopo la battuta d’arresto delle elezioni di aprile, mantengono inalterata tutta la loro attualità politica e sociale, per cui occorre lavorare per l’unità e per un partito comunista più forte e organizzato.

Al di là delle posizioni dei singoli, tra Prc e Pdci, al momento, se si guarda al quadro politico generale del nostro Paese, sono più le cose che uniscono che quelle che dividono. L’attualità, economica, sociale e culturale, di questi nostri difficili tempi richiederebbe un lavoro comune da realizzarsi qui e subito. L’ho scritto più volte: il voto di sette mesi fa è sì una sconfitta, ma rappresenta anche un’opportunità per i due partiti comunisti, che va colta al volo, pena attardarsi colpevolmente sia nell’analisi che nella pratica politica.

L’esperienza dell’Arcobaleno, infatti, da qualsiasi parte la si considera, è stato un tremendo fallimento: gli elettori di sinistra l’hanno vista come una brutta copia del Pd, per cui, tanto vale – hanno pensato – scegliere Veltroni; gli elettori comunisti l’hanno giudicata poco identitaria, in una sola parola ‘poco comunista’; i lavoratori, operai in primis, hanno preferito disertare le urne o volgere lo sguardo verso altri. Non lo dico io, lo hanno sancito gli italiani con il loro voto che l’Arcobaleno, quel tipo di alleanza di sinistra, è fallito. Il risultato delle elezioni evidenzia soprattutto scoramento del nostro popolo. In Italia non c’è più coscienza di classe, i lavoratori hanno come perso fiducia in se stessi.

Che fare? Ad aprile, il popolo comunista ha lanciato un segnale, doloroso e drammatico, che dobbiamo saper raccogliere senza indugi o reticenze. Bisogna dare piena attuazione a quella regola, antica e al contempo moderna, che è prassi costante della nostra azione: “fare quel che si dice e dire quel che si fa”. Una formula che è anche e soprattutto ‘morale’. Per prima cosa, quindi, bisogna ridare casa politica ai lavoratori, ricostruire una coscienza di classe, che è propria di un partito comunista. Riparlare ai lavoratori, ripartire dalle loro rivendicazioni ‘senza se e senza ma’, tornare ad essere i loro migliori alleati. Le disuguaglianze e le ingiustizie sono accresciute, negli ultimi anni la quota dei profitti sulla ricchezza nazionale è schizzata a cifre vertiginose, a discapito degli stipendi e dei salari: calcoli alla mano, la perdita netta per i lavoratori è stata di 8mila e 600 euro in sette anni. A dimostrazione del fatto che la lotta di classe è più viva che mai. Sarebbe una clamorosa svista pensare, quindi, di sgomberare il campo in nome di un falso e abusato concetto di ‘modernismo’.

Tutto questo non si fa senza un forte partito comunista. La sua presenza è base di partenza. Lo testimonia la storia del nostro Paese, il ruolo e la funzione del Pci. L’esistenza dei comunisti è fondamentale per la tenuta stessa della democrazia. Laddove i comunisti sono stati espunti – Italia compresa – si registra un pericoloso slittamento autoritario e reazionario. Serve ripartire dalle necessità di rimettere in campo una forte idealità, in un mondo che ha perso tutti i suoi valori, che parli di uguaglianza e giustizia sociale, e occorre un forte partito comunista per frenare l’avanzata delle destre e per assicurare al Paese un partito che sia fuori dal coro dell’esperienza capitalistica, che lavori per superarla e che convinca gli italiani che un altro modo di produrre e di fare economia è possibile.