Caro petrolio, smog e lotta dei tranvieri

Al vertice straordinario di Algeri l’Opec ha deciso di tagliare ulteriormente la produzione di petrolio di circa il 10%, spingendo subito in alto i prezzi sui vari mercati del mondo, prezzi già alti perché superiori a quella forchetta tra 22 e 28 $ al barile stabilita nel programma del cartello in altri periodi. Ora i tempi sono mutati per effetto della guerra in Iraq, perché gli Usa controllano militarmente 4 degli 11 paesi Opec (Emirati Arabi, Kuwait, Qatar e naturalmente l’Iraq). Gli Stati Uniti cioè controllano militarmente, e quindi anche economicamente, la produzione di un terzo dell’Opec raggiungendo quella dell’Arabia Saudita, mentre l’altro terzo è ripartito tra gli altri paesi.
Quando il dollaro ha cominciato a deprezzarsi nei confronti dell’euro, per consolarsi, i commentatori economici dei paesi europei osservavano che a parziale compenso del danno alle esportazioni europee la caduta del dollaro avrebbe diminuito l’ammontare della bolletta petrolifera particolarmente negativa per l’Europa e il Giappone. L’Opec a stelle e strisce sta rendendo vana questa aspettativa per cui il barile di petrolio, pur con il dollaro svalutato, costerà più di prima. Il danno e la beffa.

Si rende necessario, perciò, per l’Europa e per l’Italia affrontare con decisione il problema della riduzione del consumo di prodotti petroliferi. Tanto più che in queste settimane, proprio a causa del consumo aumentato di derivati del petrolio, l’aria delle nostre grandi città è diventata irrespirabile e i poveri sindaci sono costretti a ricorrere a misure di emergenza come l’interdizione del traffico automobilistico nei giorni festivi.

Il movimento ambientalista ha da tempo proposto modifiche al sistema di trasporto urbano e in generale al modello energetico basato sul petrolio (e sul carbone) richiedendo il potenziamento del trasporto pubblico (costruzione di metropolitane e di linee tranviarie, uso di combustibili meno inquinanti e avvio alla sperimentazione dell’idrogeno per autotrazione, zone pedonali, divieto di transito privato in alcune aree della città, etc.). Alcune città si sono avviate su questa strada (Napoli con le sue metropolitane, Amburgo con la sperimentazione degli autobus ad idrogeno, Londra con la chiusura di tutto il centro alle auto private) con risultati positivi ma saltuari e limitati, perché troppo forti gli interessi contrastanti, insufficienti i mezzi finanziari a disposizione e con scarsa mobilitazione dell’opinione pubblica, disorientata dai grandi mezzi di informazione e soprattutto dalla pubblicità delle grandi case produttrici di auto.

I recenti scioperi degli autoferrotranvieri, in lotta per il rispetto dei loro diritti, offesi dalla gestione privatizzata (anche quando rimasta parzialmente in mani pubbliche) del trasporto pubblico, hanno avuto sostanzialmente un’accoglienza favorevole da parte degli utenti che pur potevano considerarsi danneggiati dalle agitazioni. Ed hanno ottenuto il risultato di porre all’attenzione di tutti i cittadini il problema del rilancio del trasporto pubblico. E la lotta continua perché deve essere approvato il nuovo contratto per i prossimi anni.

Questa è l’occasione per le forze ambientaliste, per le forze sociali e politiche di progresso, per le amministrazioni locali di intervenire in modo attivo perché contemporaneamente alla trattativa sui salari, sugli orari, sulla dignità e sicurezza del lavoro si svolga una grande vertenza a livello locale e nazionale per un piano di trasporti innovatore, finanziato in modo straordinario da una carbon tax che scoraggi l’uso dei derivati del petrolio e fornisca i mezzi per il rinnovamento generale dei trasporti. E ciò nel quadro dei Piani Energetici Ambientali Regionali, da approvare o da rivedere, e di un Piano Energetico Nazionale che vada oltre gli obiettivi di Kyoto e la cui realizzazione costituisca la base fondamentale di un accordo tra tutte le forze che, in mezzo a tante contraddizioni, si propongono non solo di eliminare l’inquinamento derivante dalla presenza di Berlusconi, ma di realizzare un programma che affronti alla radice la questione ambientale cioè la questione fondamentale del XXI secolo.

Nicola Cipolla