L’attentato più sanguinoso dopo il mese più sanguinoso dell’anno più sanguinoso. Una serie di auto-bomba, condotte presumibilmente da kamikaze, sono scoppiate ieri a breve distanza di tempo l’una dall’altra, negli affollatissimi mercati di Sadr City, il grande quartiere-ghetto sciita, con due milioni e mezzo di persone, nel nord-est di Baghdad. Il numero dei morti è andato crescendo con il passare delle ore. Ieri sera erano almeno 160 (in continuo aumento) con centinaia di feriti. Le bombe sono scoppiate una dopo l’altra fra la gente che affollava i mercati in vista della giornata festiva del venerdì. La prima nel mercato alimentare di Jamila. E’ stato un macello: corpi fatti a pezzi e sangue dappertutto. Le autorità hanno subito dopo imposto il coprifuoco a tempi indeterminato in tutta la capitale a partire dalle 20. Sadr City, che è la roccaforte del leader radicale sciita Moqtada al-Sadr e del suo «Esercito del Mahdi», è entrato in panico e poi ha prevalso la disperazione e la rabbia. La gente e i miliziani sono scesi in strada lanciando grida e anatemi, e giurando vendetta, contro i sunniti, indicati come i responsabili degli attentati. Poi una gragnuola di colpi di mortaio è caduta sul quartiere di Adhamiya, a prevalenza sunnita. Ma a Sadr City non ci sono state solo le auto-bombe. Nella stessa area i soldati americani hanno aperto il fuoco contro un minibus uccidendo 4 persone, civili e non guerriglieri. Nel centro della città, in mattinata, una centinaio di uomini armati, molti dei quali in divisa e mascherati secondo i testimoni, hanno preso d’assalto il ministero della salute, in cui sono rimasti intrappolate circa 2000 persone prese in mezzo al fuoco incrociato (un numero imprecisato di feriti). L’attacco al ministero della salute viene pochi giorni dopo un analogo assalto al ministero dell’istruzione in cui furono sequestrati 140 dipendenti, di cui fra 70 e 100 sono non si è saputo più niente. Niente di più facile che nei prossimi giorni i loro cadaveri vengano ritrovati sulle sponde del Tigri, come accade quotidianamente. In altri scontri a fuoco nella provincia di Anbar, nell’Iraq occidentale, sono morti anche tre marines americani. Ieri a un certo punto si è sparsa la voce, ripresa dalle agenzie di stampa, di un improvviso arrivo a Baghdad del vicepresidente Dick Cheney, che dopo l’uscita di scena del segretario alla difesa Donald Rumsfeld è rimasto il vero simbolo in attività della «guerra preventiva» del 2003 all’Iraq per andare a scovare e distruggere «le armi di distruzioni di massa» di Saddam. Cheney doveva festeggiare il Thanksgiving day, il giorno del ringraziamento, insieme ai soldati americani. In effetti più che essere Cheney a ringraziare i marines, dovrebbero essere i marines a ringraziare Cheney per la bella avventura in cui li ha cacciati (2871 morti più i 3 di ieri). Ma poi la notizia è stata smentita dalla France Presse che l’aveva lanciata, parlando di «un equivoco. La visita di Cheney era stata subito letta come l’antipasto di quella di Bush, fissata fra cinque giorni ad Amman, per incontrare il premier iracheno Nouri al-Maliki con cui i rapporti sono tesi, dal momento che in Iraq le cose vanno a rotoli e il governo amico si mostra assolutamente incapace di prendere in mano la situazione. Per questo da più parti si parla di una possibile e prossime riesumazione di Yihad Alawi, l’ex presidente provvisorio, che resta sempre un uomo degli americani. Nel tentativo di trovare una via d’uscita qualsiasi, o quantomeno mettere un freno alla violenza sempre più incontrollabile, al Maliki avrebbe convocato per la prossima settimana una parte dei gruppi della resistenza. Il londinese Times , che dava ieri la notizia citando come fonte il ministro per la riconciliazione Akram al-Hakim, scrive che questo incontro dovrebbe servire per organizzare poi una «conferenza di riconciliazione» a Damasco o a Amman in dicembre o gennaio e alla quale dovrebbero essere presenti anche rappresentanti americani e inglesi. Il quotidiano londinese pubblica anche la lista di quelli invitati da alMaliki: in campo sunnita l’«Esercito islamico dell’Iraq», le «Brigate della rivoluzione del 1920» il partito «Baath» e, dal lato sciita, l’ «Esercito del Mahdi» di Moqtada e «la «Brigata Badr» (gli sciiti filo-iraniani dello Sciri). Ma altri 6 o 7 gruppi più vicini a al-Qaeda, riuniti nel «Consiglio consultivo dei mujaheddin» non sono stati invitati all’incontro che al-Maliki ha lanciato sull’onda delle agghiaccianti cifre contenute nel rapporto dell’Onu diffuso mercoledì: 3709 civili uccisi nel solo mese d’ottobre, 119 persone al giorno, battuto ogni record. Almeno fino a che non si conosceranno i dati di novembre.